Tuttavia, il rinvenimento dell’importante arteria viaria romana riapre il dibattito tra gli studiosi circa la reale collocazione della città di Scamnum, descritta nella “tabula Peutingeriana”, l’antica carta romana che mostra le vie militari dell'Impero. Uno scenario emozionante su cui adesso il mondo degli accademici dovrà discutere per riscrivere la microstoria e la macrostoria di questa parte di territorio.
Dunque, i lavori per l’allaccio alla rete elettrica del Parco dei Messapi di Muro Tenente, grazie all’alta sorveglianza garantita dalla Sabap di Lecce, per mano dell’Ispettrice di zona, Annalisa Biffino, e diretta dalla Soprintendente, Maria Piccarreta, e al Ministero per i Beni culturali, hanno portato alla luce i resti di una strada di età romana, che in molti identificano con la Via Appia antica. Il tratto di strada individuato dagli archeologi, in particolare Virmanda Rizzo, che sorvegliano i lavori della ditta Montel s.r.l. di San Pancrazio Salentino, infatti, sembra avere tutte le caratteristiche di un tratto viario individuato all’interno dell’area archeologica di Muro Tenente dal professore Gert-Jan Burgers e dall’archeologo Christian Napolitano per la “Vrije Universiteit Amsterdam” fra il 2009 e il 2016. La via Appia Antica (o regina viarum, come la definivano i Romani) è la strada più famosa del mondo romano. I lavori per la sua costruzione iniziarono a Roma nel 312 a.C. e si conclusero nel II secolo avanti Cristo, quando la via completò il suo percorso raggiungendo Brindisi. Grazie alla Tabula Peutingeriana - un itinerario stradale del IV secolo dopo Cristo - sappiamo che la via Appia, nel suo ultimo tratto, uscendo da Taranto si dirigeva verso una stazione di sosta nota come Mesochorum, in territorio di Grottaglie, attraversava l’odierno territorio comunale di Francavilla Fontana, passava da Oria e continuava verso Brundisium dopo aver superato un’ultima statio riportata con il nome di Scamnum, comunemente localizzata presso Muro Tenente.
Anche se le indagini svolte in oltre quarant’anni di ricerche sembravano escludere questa identificazione. Scamnum è abbastanza importante come insediamento, umano e militare, poiché in esso probabilmente vi era una zecca. Alcuni anni fa, infatti, presso la zona di Muro Tenente fu rinvenuta una moneta, conservata presso il museo “Ribezzi-Petrosillo” di Latiano, che da un lato ha la testa di Athena, che indossa l’elmo corinzio, mentre dall’atra parte ha quattro lune crescenti e un’iscrizione: “Samadi”. Secondo alcuni studiosi la vecchia città di “Samadi” si troverebbe tra Taranto e Brindisi. Da qui l’ipotesi che potrebbe essere l’antico nome di Muro Tenente che in età romana assunse il nome di “Scamnum”. Tuttavia, nel IV secolo Muro Tenente risulta abbandonata da almeno trecento anni.
Alcuni saggi archeologici hanno documentato la presenza di una strada costituita da una massicciata in pietrame di diverse dimensioni e delimitata ai lati da due basse crepidini in blocchi di calcarenite. La sede stradale presenta ancora i solchi scavati dal passaggio dei carri ed è ipotizzabile, a giudicare dai dati resi noti grazie alla pannellistica interna al Parco, che la struttura sia stata costruita ed utilizzata in un periodo compreso fra il II secolo avanti Cristo e il I secolo dopo Cristo. E siamo giunti ad oggi. La trincea per la realizzazione del cavidotto Enel, parallela alla strada provinciale 73, via Vecchia Mesagne – Latiano, ha intercettato un tratto di strada “glareata” a circa cento metri di distanza dal cancello d’ingresso del Parco dove, nel 2016, erano stati portati alla luce i resti della prima e unica porta urbica mai rinvenuta a Muro Tenente. L’ingresso alla città, riparato sul fianco settentrionale da un bastione angolare che stringeva la via di accesso in un passaggio obbligato tra le cortine - secondo un sistema detto “a tenaglia” o a corridoio -, ricorda molto da vicino la Porta di Levante recentemente rinvenuta a Castro in provincia di Lecce. L’ingresso all’insediamento era garantito da una strada costituita da una massicciata in pietrame, sulla quale sono visibili ancora i solchi scavati dal passaggio dei carri.