“In carcere neanche un prete per chiacchierare…”. Nota del Garante delle persone private della libertà personale

Maggio 19, 2020 914

2020-05-19 131820Lunedì 18 maggio è ripartita l’Italia sostenuta dal Decreto-rilancio che prevede le diverse misure per accompagnare la Fase 2 post Covid, ma per gli istituti di pena restano le ferree prescrizioni che riguardano il non ingresso in carcere dei volontari. Riprenderanno solo, sia pure con nuove modalità anti- contatto, gli incontri con i familiari, un solo colloquio con i parenti (con la discrezionalità del direttore dell’Istituto) da oggi, 19 maggio, al 30 giugno.

Riaprire (negozi- bar- ristoranti,) è il verbo più utilizzato in questi giorni, ma nelle nostre carceri occorre riaprire al volontariato per riportare in carcere la funzione costituzionale della pena art. 27: “:Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

I volontari e gli operatori della società civile attraverso il loro impegno, negli istituti di pena realizzano progetti, tracciano percorsi di crescita per le persone detenute. C’è bisogno di restituire umanità all’interno delle carceri, ci sono persone private in questo periodo anche della vicinanza del cappellano, un cuore che ascolta i pesi altrui, “neanche un prete per chiacchierare” cantava Celentano. In ogni caso bisogna mantenere le misure tecnologiche adottate in questo periodo con le videochiamate, anzi rafforzarle.

Ci sono persone detenute che sono rinate perché hanno rivisto in videochiamata le madri sofferenti impossibilitate a recarsi in carcere per i colloqui e i luoghi di casa dopo anni e anni di lontananza, è fondamentale preservare sempre il legame con gli affetti dei detenuti. In alcuni istituti di pena sono state autorizzate le attività scolastiche in videoconferenza che stanno cominciando faticosamente a funzionare, è una modalità questa che potrebbe aprire grandi possibilità, soprattutto per ampliare gli spazi dello studio e dei percorsi rieducativi.

Percorsi rieducativi che in questo periodo a Brindisi sono andati all’incontrario, detenuti del nostro carcere che con i loro risparmi hanno comprato viveri nello spaccio interno all’istituto per donarli alla Caritas, un segno di grande umanità e provocatore di sorde coscienze. Poveri che aiutano altri poveri, la vita nel carcere e il mondo fuori, la sicurezza e l’umanità, la giustizia e la speranza.

Bruno Mitrugno
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Ultima modifica il Martedì, 19 Maggio 2020 13:27