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Dopo le stragi di gennaio nella redazione di Charlie Hebdo e in un supermercato kosher, il terrorismo islamista torna a colpire nel cuore dell’Europa. L’Azione cattolica italiana si unisce al cordoglio per le famiglie, alla sofferenza dei feriti e alla preghiera per le vittime e condanna la violenza omicida ribadendo la sacralità della vita umana. L’Ac esorta tutti ad opporsi con ogni mezzo al diffondersi dell’odio e di ogni forma di violenza fisica e morale, che distrugge la vita umana e viola la dignità delle persone, minando il bene fondamentale della convivenza pacifica tra i popoli, nonostante le differenze di nazionalità, di religione e di cultura.
Mentre il presidente della Repubblica francese François Hollande annuncia alla televisione lo stato di emergenza nazionale e la chiusura delle frontiere francesi (decisione poi in parte rivista), mentre le agenzie di stampa comunicano i numeri crescenti della mattanza, torna alla mente quanto ebbe a sottolineare mons. Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, intervenuto lo scorso ottobre al Convegno dell’Istituto di diritto internazionale della pace “Giuseppe Toniolo” sul tema: I nuovi volti della guerra. Quali sfide per il diritto internazionale della pace?, «l’azione dell’Is sembra seguire una strategia sviluppata su di un doppio binario: ad un’azione sul territorio (quello mediorientale), sviluppata secondo forme e metodi tradizionali di un esercito organizzato, si unisce infatti un’azione “senza territorio”, ovvero su scala potenzialmente universale, sviluppata mediante azioni di terrorismo a volte organizzate o a
volte anche solo espressione di fanatismo o di iniziative individuali, che non per questo sono però meno cruente e spregevoli».
In questi primi anni di terzo millennio, dal tragico attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001 alla guerra tradizionale, purtroppo sempre presente, si affianca un tipo di conflitto in cui il volto del nemico quasi scompare, non è più distinguibile, mimetizzato nelle situazioni della vita ordinaria e così capace di portare in seno ad essa la sua azione distruttiva e destabilizzante. «È la tattica della guerra condotta mediante azioni di terrorismo, che costituiscono la più grande forma di degenerazione del combattimento fino ad oggi conosciuta», denunciava mons. Gallagher.
Aggiungendo: «se è vero che il terrorismo per alcuni versi assomiglia alla guerriglia – consiste in azioni isolate, condotte con poche persone e con obiettivi limitati –, esso se ne distingue in ragione delle vittime, volutamente le più impreparate ed inermi e quindi incapaci di ogni reazione difensiva. Nelle azioni di terrorismo la popolazione civile non è più un obiettivo indiretto ed eventuale dell’azione bellica, ma il suo obiettivo primario ed essenziale».
In fondo, è principalmente proprio per la minaccia del terrorismo che la comunità internazionale sembra intenzionata ad arginare l’espansione del cosiddetto Stato islamico (l’Is) nei territori siriano ed iraqeno, «contro la quale la Santa Sede ha sin dall’inizio levato la propria voce», ha ricordato mons. Gallagher, «per denunciare le atrocità inaudite che hanno costretto migliaia di cristiani e di persone appartenenti ad altre minoranze religiose o etniche a fuggire dalle proprie case e cercare rifugio altrove, in condizioni di precarietà e di sofferenza fisica e morale».