dieta mediterranea

La nostra cucina, se volete anche “dieta mediterranea”, non ha una data di nascita ed è inutile ricercarla perché non la trovereste. La nostra è una cucina antica, molto antica, oserei dire senza tempo. Ha origini messapiche, greche, romane, medievali… ma non sono origini statiche, sono origini che si evolvono fino ai nostri giorni. È inutile anche cercare la paternità del nostro regime alimentare, delle nostre pietanze; non furono blasonati chef, che ultimamente hanno la cucina negli studi televisivi, a crearla, ma semplici massaie, contadini dalla forte tempra e dalla fame atavica.

La nostra cucina è un minestrone perché ha in parte origini orientali, specialmente medio-orientali, in parte africane, nordafricane, specialmente dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, di tutti i Paesi del “mare nostrum”. Non è sbagliato definirla “la cucina dell’incontro”, dell’integrazione di popoli e culture, di odori, colori e sapori mediterranei.

melanzaneCereali, legumi, olio, vino, verdura, frutta, pesce, molluschi, carni… hanno una forte identità e questa identità ha dato vita alle nostre tradizioni che, a ben vedere, sono figlie di una feconda ibridazione di tutte le risorse che ogni Paese mediteraneo è stato in grado di offrire o di apportare, anche non volendolo. E non mi rifersico solo ad una variegata alimentazione, ma alla salute ed al benessere che ne derivano per la positiva filosofia della vita individuale e sociale.

La nostra cucina, infatti, è un patrimonio di valori autentici e a questo processo millenario e al suo risultato hanno partecipato tutti i popoli, in tempi e modi diversi, ma si vede e si sente il contributo di tutti.

Pensate, per un momento… alla melanzana, a lla marangiana.

Di antichissima origine asiatica, forse proveniente dall’India, la melanzana era conosciuta dagli Arabi (infatti il nome deriva dall’arabo bādanžâna) e da essi fu diffusa nei Paesi del bacino del Mediterraneo, nella Spagna verso l’8° sec. In Italia era già nota e parte della cucina nel 13° secolo.

Da allora la nostra cucina è stata in grado di creare autentici capolavori culinari, quali: marangiani a ffungitieddu, soffritto di melanzane, con pomodoro, aglio, alloro e menta; marangiani chini, melanzane ripiene, il massimo del gusto e della gioia; marangiani a pparmigiana, melanzane alla parmigiana; marangiani rruštuti, fettine di melanzane arrostite, condite con aceto, olio, sale e menta; marangiani sott’ogliu, conserva di melanzane sott’olio; marangiani spaccati cu ll’agghiu ‘n culu, melanzane tagliate in due parti nel senso della lunghezza, incise dalla parte della corteccia e nell’incisione si inseriscono aglio, formaggio, menta e sale e si soffriggono da ambo i lati; sono poi tolte dalla padella e nel sugo si fanno saltare dei pomodorini; infine, si aggiungono le melanzane per completare la cottura; possono condire la pasta o essere servite da sole.  

Insomma, è un matrimonio-patrimonio comune di valori, conoscenza, simboli, in una sola parola: cultura. Da questa cultura non è possibile escludere nessuno, perché la nostra cucina è contemporaneamente locale e comune, naturale ed equilibrata, ed appartiene a noi e agli altri popoli viciniori, perché se cambiano gli elementi, non cambia la sua identità profonda, in quanto diversa e pur sempre essenziale, perché figlia della nostra civiltà comune, del nostro modo di vivere e di essere.

Davanti ad una pietanza salentina o mediterranea, ogni persona, per quanto lontano dal suo paese, si sente a casa sua. Del resto, nessuno può appropriarsene e nessuno può esserne escluso, tutt’al più si può consentire, con cautela, una rielaborazione e, per alcuni alimenti, un reinvestimento, cosa che ultimamente avviene, anche se talvolta con eccessiva disinvoltura.

La nostra cucina ha radici profonde, radici che affondano nella terra baciata dal sole del nostro Sud, del nostro Salento, radici capaci di raccogliere linfe preziose, radici spontanee e forti, feconde, nutrienti e salutari.

Oggi si sprecano gli studi sulla dieta, sul regime alimentare adeguato, allo scopo di stare bene; un tempo, i nostri avi, pur non conoscendo questi studi, anzi, senza saper leggere e scrivere avevano a disposizione tutto quello di cui avevano bisogno; non hanno avuto bisogno di ricercatori o grandi chef. E non sprecavano nulla! Anzi, valorizzavano tutto, con saggezza ed equilibrio, senza sprechi.

Se poco o nulla è stato aggiunto a quanto si è sempre fatto da secoli e secoli, va sottolineato che oggi occorre attenzione, al fine di evitare di corrompere o addirittura distruggere questo prezioso equilibrio che, a ben vedere, è prezioso per il futuro nostro e delle prossime generazioni.

È evidente a tutti l’importanza della nostra educazione e non solo alimentare; è consapevolezza, prima di tutto, che investe i diritti e i doveri che ognuno ha in quanto parte della comunità.

Occorre, quindi, evitare che cada l’oblio (e questa è la consapevolezza) sulle nostre antiche tradizioni culinarie e, nello stesso tempo, bisogna fruire di questa eredità millenaria e tramandarla alle nuove generazioni (e questa è l’educazione) perché possano a loro volta preservare e tramandare la nostra cucina e con essa la civiltà.

 

Per restare aggiornato con le ultime news del Gazzettino di Brindisi seguici e metti “Mi piace” sulla nostra pagina FacebookPuoi guardare i video pubblicati sul nostro canale YouTube.   

Per scriverci e interagire con la redazione contattaci