Mesagne. Combattere la povertà al pari della criminalità

Febbraio 06, 2017 1806

de-punzio-don-pietroNell’era del consumismo la morte in solitudine

di un uomo, forse, non fa più riflettere sui valori della vita. Così, la morte a Mesagne di Emanuele Bianco, ospitato presso la Casa di accoglienza della Misericordia, gestita dal Comune, è stata l’occasione per riflettere sui drammi della povertà e della solitudine e assumere un atteggiamento solidale. A svegliare i mesagnesi da questo torpore ci ha pensato don Pietro De Punzio, parroco del Santuario di Mater Domini, e responsabile della Caritas, che ha invitato gli Amministratori, e la stessa Chiesa, a combattere la piaga della povertà locale con la stessa determinazione con cui combatte la criminalità. “Ogni volta che accade un evento così triste come la morte di Emanuele alla Misericordia o la miseria di Tonino nel cuore della città, ci sentiamo chiaramente coinvolti e chiamati in causa”, ha esordito don Pietro secondo cui “morire di e in solitudine è una sconfitta, un pugno nello stomaco, per una città che vuole essere solidale e attenta ai bisogni dei più deboli. Un dramma della solitudine e della povertà nella nostra Mesagne, che ci deve fare interrogare come comunità e come singoli cittadini”. C’è un dato su cui il sacerdote ha invitato a riflettere. “Non sempre la povertà si traduce in persone senza soldi in tasca, trasandati nel vestire – ha fatto notare - anzi, sempre più spesso, oggi la povertà corrisponde alla perdita delle relazioni con la famiglia, con la parentela e con gli amici. Quando una persona muore in solitudine e nella povertà, è sempre una sconfitta per tutti, a partire dalle istituzioni, Chiesa compresa”. Ed ha, quindi, aggiunto: “La nostra città ha sempre fatto appello contro la criminalità e l’illegalità, ma deve, parallelamente saper proteggere e promuovere la dignità di chi è più debole, emarginato, senza relazioni”. In questo senso è considerevole il servizio che quotidianamente rendono le Caritas parrocchiali, il centro di ascolto vicariale, la mensa, i Servizi sociali del Comune, l’Auser e molte altre realtà di volontariato cattolico e laico. “Ogni volta che si riscontrano questi tristi eventi, ci rendiamo conto che non basta il molto o il tanto che è fatto”, ha riflettuto don Pietro che ha inviato a “ricordare che i bisognosi, i poveri, non sono un problema ma opportunità, per una città che vuole essere più sicura e solidale, per trovare nuove risposte operative d’inclusione, riconoscendo il primato della persona”. Infine il parroco ha lanciato un appello: “Voglio credere che questi episodi di sofferenza, di solitudine, di morte, non siano dimenticati in fretta, ma possano essere appello ininterrotto a quei valori di umanità che tanto decantiamo mentre, invece, la nostra vita sempre più disattenta ci rende incapaci di accorgerci dei dolori, delle sofferenze e delle sconfitte di chi è più debole”.