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Mesagne. Le cose dubbie emerse in Consiglio comunale
Nel primo consiglio comunale del nuovo anno la Giunta è riuscita ad approvare a maggioranza (la sua maggioranza) il mutuo di un milione di euro per l’acquisto di terreni destinati a standard. Questo mutuo è stato oggetto di una animata discussione in consiglio, discussione tesa a verificare la reale utilità e necessità dei terreni da acquisire, in questo delicato momento storico. Delicato perché l’amministrazione è fortemente esposta con le anticipazioni di cassa e perché non riesce tuttora a riscuotere i crediti di dubbia esigibilità. Così come messo in rilievo dagli stessi Revisori dei Conti.
Ma aldilà della discussione consiliare, tutta la vicenda è stata caratterizzata da molti aspetti poco chiari rispetto alla procedura che la legge stabilisce come percorso istituzionale nell’esproprio ed acquisizione di aree al patrimonio pubblico.
Prima di tutto la reale utilità dell’acquisto: in prima commissione non sono mai stati portati elementi statistici, elaborati grafici e altro, tesi a spiegarne l’urgenza e l’utilità. Per l’acquisto dell’area di espansione del cimitero ci siamo dovuti far bastare le dichiarazioni rese in consiglio comunale dall’assessore, relative alla necessità di fornire nuove cappelle gentilizie stante le numerose richieste. Dichiarazioni prive di uno studio o una analisi dei costi e dei benefici derivanti dalla acquisizione.
Ancor più difficile è stato giustificare l’acquisto dell’area su via Damiano Chiesa: dopo aver segnalato in commissione Uso e Assetto del Territorio l’impossibilità di allogare una pista di atletica regolamentare sull’area, l’amministrazione è ripiegata su un progetto di pista a sei corsie (invece delle otto regolamentari), riuscendo così ad inserirla nel lotto oggetto di esproprio. Ovviamente questa pista non potrà mai essere omologata per le gare regionali o nazionali, confermando le mie osservazioni fatte in precedenza. Senza dimenticare che in commissione avevano candidamente ammesso che forse non avrebbero messo nemmeno la pista...
In consiglio comunale altri consiglieri di opposizione hanno comunque esposto i loro dubbi sulla reale necessità di questi terreni, proponendo come acquisti più urgenti quelli destinati a più spazi di parcheggio, nello specifico i parcheggi previsti dal Piano Regolatore accanto al plesso scolastico comprendente l’Istituto Tecnico , la scuola materna ed elementare, il Palazzetto dello Sport ed il Pattinodromo. Quello sì di pubblica utilità. Ma, sorprendentemente il sindaco ha affermato che di parcheggi ce ne sono già abbastanza, visto che questa estate è andato tutto bene. Chi vive a Mesagne ricorderà certo il delirio estivo fatto di traffico e veicoli dappertutto, e le navette che facevano la spola dai parcheggi in periferia al centro, sconsolatamente vuote.
Alla fine l’assessore ai Lavori Pubblici ha affermato che l’amministrazione è “costretta” ad acquisire quel suolo perché lo impone il PNRR, dal momento che si possono chiedere finanziamenti solo per opere pubbliche localizzate su suoli di proprietà pubblica. Cosa non vera dal momento che al comune basterebbe un protocollo d’intesa con i privati per accedere alla proprietà del terreno.
Dall’opposizione si è inoltre osservato che quel mutuo di un milione di euro si sarebbe potuto impiegare più proficuamente ampliando l’offerta di lotti nella zona industriale; ci sono infatti numerose richieste da parte di ditte che nella provincia di Brindisi non trovano spazi adeguati alle loro attività nei comuni di appartenenza. Imprese che hanno bisogno di ampi spazi per la movimentazione merci e di un collegamento rapido con la superstrada BR-TA. Sembra il ritratto della nostra zona PIP., ma tant’è: questa amministrazione è concentrata a guardarsi l’ombelico del centro storico, dimenticando il resto del territorio e le sue reali esigenze.
Infine l’aspetto più sconcertante della vicenda: come già detto altrove, per espropriare un’area il comune deve presentare prima un progetto che ne giustifichi l’acquisizione, dopodichè dichiararne la “pubblica utilità”, che viene approvata con apposita delibera esclusivamente dal consiglio comunale, e solo dopo questo iter attivarne le procedure di esproprio.
Qui invece tutto il procedimento è stato ribaltato: la Giunta(!) ha deliberato l’acquisto dell’area senza presentare un progetto che ne richiedesse l’esproprio, senza mai produrre alcuna relazione che ne provasse la necessità ed utilità dell’acquisto, e solo dopo sette mesi si è premurata di presentare la delibera al consiglio comunale per la sua approvazione.
Riesce difficile pensare ad una svista istituzionale; molto più semplice pensare che l’ amministrazione avesse i nostri stessi legittimi dubbi, per la carenza di motivazioni, per l’assenza di un progetto e perché, in fondo, non ci fosse una vera urgenza. Ovvero, la pubblica utilità non c’entra per niente.