Partecipare al bando  “capitale della Cultura 2024”, è stato un colpo di genio. Una di quelle intuizioni stratosferiche magari nate per caso che rischiano di cambiare il verso della storia cittadina. Certo abbiamo tutti la consapevolezza che si tratta di una missione impossibile, poco più di un sogno. Non sarà facile neanche superare la selezione preliminare ed entrare nell’elite delle dieci città candidate alla vittoria finale, ma sognare non costa niente, anzi è proprio  questa sfida impossibile che sta incendiando i nostri cuori e sta creando una fibrillante attesa. Bisogna però lavorare di buona lena, perché resta poco tempo, e per una realtà piccola come la nostra non sarà facile riempire tutte le caselle previste dal bando. C’è tutto un mondo da riscoprire o reinventare perciò sarà conveniente darsi da fare nella consapevolezza che già il partecipare a questa competizione è un successo enorme che sta già dando i suoi frutti.
 
Ma abbiamo le carte in tavola per un progetto così ambizioso? O è solo aria fritta, un grande operazione mediatica a servizio del potere?  Noi crediamo che le condizioni per partecipare dignitosamente ci siano tutte e che anzi la nostra proposta ha dei punti di forza che la rendono suggestiva e imparagonabile. Tutto il progetto, infatti, ruota intorno ad un  nucleo centrale: la metamorfosi  di una città che in soli tre decenni è passata dall’essere capitale della Sacra Corona Unita a Capitale Nazionale della Cultura.  Un assunto che, ove fattivamente dimostrato, avrebbe un fortissimo impatto emotivo ed un alto valore simbolico nella battaglia complessiva che lo Stato conduce contro le Mafie. Questo dá un plusvalore etico alla proposta e determinerà, come sta già determinando, una forte suggestione mediatico/giornalistica e che interrogherà la coscienza di chi vorrà scoprire e comprendere come sia potuto succedere che la città di Pino Rogoli, di Donatiello, di Vitale, di Massimo Pasimeni sia oggi la città di  Modigliani, di Picasso, di Epifanio Ferdinando; di  come sia diventata la regina del taekwondo, il set cinematografico di Sergio Rubini, il palcoscenico dei boomdabash ecc.ecc...
 
Poi abbiamo da offrire tutta la storia dell’umanità iscritta nei nostri beni archeologici e monumentali. Ci sono i messapi a Muro tenente e Muro Maurizio, i romani delle terme di Malvindi,  il Medio Evo di Federico II nel torrione del castello, l’esplosione del Barocco delle Chiese di Ogni Santi e di Sant’Anna di santa Maria in Betlemme e c’è tutto l’ottocento nelle strade che cingono come quinta urbana il centro storico. Già! poi c’è il centro storico: emblema urbanistico di questa rinascita dove si sono concentrate nel tempo le trasformazioni descritte. Il luogo che fu del dissesto idrogeologico, dello spopolamento, del degrado, delle puttane e dei contrabbandieri e che oggi è diventato la meta di un turismo culturale, enogastronomico, della movida e dell’impresa giovanile.
 
Poi c’è il nostro straordinario movimento associativo che anima la vita sociale e costituisce la vera matrice culturale della città; sono tutti in fermento per arricchire il faldone di mille progetti culturali svolti e da sviluppare. Ma tutto ciò non bastaci vuole altro ancora. Ci vuol per esempio un governo forte autorevole, con solidi legami politici ai vari livelli istituzionali ed un ancoraggio forte al suo popolo. E ce l’abbiamo! Ci vuole una congiuntura storica favorevole. E anche questa ce l’abbiamo. Abbiamo il post Covid e una voglia stramaledetta di rinascita; abbiamo la magnanimità dell’Europa che sta mettendo il turbo al nostro PIL  avviando un periodo fertile di crescita i cui benefici bagneranno anche le nostre coste.
 
Su tutto questo si stanno accendendo i riflettori della pubblica opinione, l’entusiasmo ed un campanilismo contagioso, talvolta eccessivamente esibito. E’ necessario mantenere un  basso profilo, umiltà  e sobrietà soprattutto sulla vicenda criminale. Ci è parso per esempio quanto mai inopportuno quel cartello crivellato di colpi esibito dal sindaco che tanto clamore positivo ha prodotto negli organi d’informazione assetati di scoop. Ricordiamoci sempre che soltanto qualche anno fa il procuratore generale antimafia dr. Cataldo Motta ha detto che Mesagne era uno schifo, una città mafiosa con ampie zone grigie. Dobbiamo tener conto che soltanto qualche settimana fa è stato rinvenuto nelle nostre campagne tanto di quel tritolo quanto ne servì a Capaci o a via D’Amelio. Dobbiamo sapere che a Mesagne si spaccia, si ruba e si strozza.  Quindi avanti tutta con determinazione ma con umiltà e rispetto perchè non siamo certi di esser del tutto fuori dal tunnel e, soprattutto, non siamo i migliori del mondo.
 
Ma c’ è  qualcosa in questa vicenda che rimane nell’ombra e che pure merita di essere messa in risalto ed è la trasformazione politico-istituzionale in corso nella nostra città che, come in passato, ci riconsegna il ruolo di laboratorio politico avanzato.
 
 Non sarebbe mai potuto accadere in passato che un progetto di così vasta portata con queste implicazioni facesse prima il giro di tutte le borgate, fosse offerto al popolo, alle associazioni e ai mezzi di informazione in forma così esplicita e roboante senza passare dal Consiglio Comunale o perlomeno dalla conferenza dei capigruppo.
È altresì irrituale che su un punto cosi importante il consiglio comunale venga convocato su istanza dell'opposizione.
In altri tempi il percorso corretto sarebbe stato invertito: prima il Consiglio, poi la stampa, poi la “Casa della partecipazione”. Non è una leggerezza è l’esempio più clamorosamente emblematico di una trasformazione profonda e irreversibile del nostro sistema politico che si esprime nel depotenziamento degli istituti della rappresentanza democratica e nel rafforzamento del potere di governo, soprattutto del capo del governo.
 
Questo sta avvenendo a livello nazionale dove il parlamento è sempre più ostaggio del voto di fiducia , dalla decretazione d’urgenza e della necessità di snellire il procedimento legislativo mentre il potere del  governo si va concentrando negli artigli del Drago a cui stanno tutti abbarbicati finchè dura la sua capacità di curare la pandemia e l’economia di questo paese. Anche il sistema dei partiti tradizionali col fardello dei loro riferimenti ideologici è in caduta libera. Per averne una dimostrazione plastica basta vedere le liste elettorali delle comunali in corso: non c’è più il simbolo di un partito nazionale ma  solo simboli sconosciuti e le facce sconosciute di mille capipopolo. Infine c’è la propaganda, la comunicazione diretta e la visibilità offerta dalla rete che sembra rendere protagonista il singolo cittadino lasciando intendere che si stia compiendo il miraggio di una democrazia diretta più vicina al popolo che invece, in questo sistema, conta sempre di meno.
 
Orbene a Mesagne questo processo ha la sua antesignana roccaforte. I Consigli Comunali ormai non interessano nessuno, ci passa solo ciò che è previsto per legge e ciò che fa comodo alla maggioranza. L’opposizione e più volte umiliata e derisa, le forze di intermediazione sociale sono assoggettate al potere politico di cui hanno fervente bisogno, il potere del governo è incardinato nella figura del capo che promuove in ogni luogo un rapporto diretto con i singoli cittadini. Questo è il futuro che avanza  di  cui non sappiamo l’esito. E’ possibile (in ultimissima analisi) che questa trasformazione migliori il nostro sistema politico ma un rischio è certamente presente: senza strumenti efficaci di controllo, senza contrappesi  la realtà viene trasfigurata, la verità mistificata e la gente comune, con le sue miserie e le sue passioni,  vive in  bolla surreale dove tutto cambia perché nulla cambi. Ebbene, credo che anche questo stia avvenendo a Mesagne.
 
Ultima considerazione. Anche il reclutamento dei sindaci nel gruppo di coordinamento è una genialata che, consente al sindaco di riscattarsi da una papera colossale fatta con quelle dichiarazione improvvida secondo cui il rinascimento mesagnese, il recupero del centro storico, il turismo tutto muove dal suo avvento. Non è così! e qualcuno ha dovuto correggerlo. Oggi, con questa chiamata alle armi dei sindaci viventi, si suggella finalmente il valore della storia e si conferma che tutti si sono impegnati in questo processo di riscatto sociale. Ci fa specie sapere che fra questi c’è anche il sindaco Molfetta che nell’opinione della maggioranza e del governo in carica questa città l’aveva distrutta.  La vogliamo considerare un riconoscimento postumo anche se non è venuto materialmente dal sindaco che non ha ritenuto di chiamarlo sfanculando il più elementare dei codici di rispetto istituzionale. Naturalmente tutto questo val bene sempre che i sindaci  non siano stati messi li per fare le belle statuine, nel qual caso lasciateli riposare nelle pagine della storia cittadina.
 
(Grazie a Marco Falcone per la bellissima foto)
 
Movimento Libero & progressista
2021 09 26 152400