A stabilire tali principi, la seconda sezione della Cassazione civile con l’ordinanza 24214/18, pubblicata in data odierna che per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” conferma un orientamento a favore dei presunti trasgressori che potranno meglio difendersi avverso la miriade di multe che vengono effettuate tramite strumenti di rilevazione elettronica della velocità. Nella fattispecie, è stato accolto il ricorso di un’automobilista multata su una strada provinciale per eccesso di velocità che si era vista accogliere l’opposizione al verbale in primo grado, mentre era stata condannata in secondo dal Tribunale di Oristano. La donna aveva rilevato come fosse stato leso il suo diritto alla difesa per il fatto che il verbale non contenesse gli estremi del decreto prefettizio per individuare la strada su cui era stata rilevata l’infrazione tra quelle extraurbane.
La Suprema Corte ha affermato il condivisibile principio secondo cui è diritto di chi viene sanzionato, conoscere «quanto meno indirettamente in vista del successivo accesso alla documentazione amministrativa, i motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata il trasgressore deve quindi poter rinvenire gli estremi del decreto prefettizio che tali motivi, più ampiamente, esplicita, con inapplicabilità al vizio de quo dell’articolo 21 octies della legge 241/90, trattandosi di requisito motivazionale mancante in atto sanzionatorio impugnato ex legge 689/81, dipendendo il sussistere del potere sanzionatorio in concreto dal parallelo sussistere del requisito».