con il via vai inarrestabile di navi provenienti anche da ‘porti di transito’ come Port la Nouvelle e Gibilterra che scaricano a Bari e Manfredonia. E’ quanto denuncia Coldiretti Puglia, che chiede controlli stringenti sulla provenienza del prodotto alla base della pasta pugliese, simbolo del made in Italy nel mondo, che da gennaio a marzo 2020 ha registrato un aumento delle esportazioni del 12,6%. “La Puglia rappresenta la culla produttiva del grano italiano, principalmente nelle province di Foggia e Bari, dove gli agricoltori per una giusta remunerazione del proprio lavoro sono pronti ad aumentare la produzione di grano duro dove è vietato l’uso del glifosate in preraccolta, a differenza di quanto avviene in Canada ed in altri Paesi. Improbabili e dannosi per il tessuto economico del territorio percorsi di abbandono e depauperamento dell’attività cerealicola che deve, invece, specializzarsi, puntare sull’aggregazione, essere sostenuta da servizi adeguati e tendere ad una sempre più alta qualità, scommettendo esclusivamente su varietà pregiate, riconosciute ormai a livello mondiale”, afferma il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia. La Puglia che è il principale produttore italiano di grano duro, con 343.300 ettari coltivati e 9.430.000 quintali prodotto ed era paradossalmente – denuncia Coldiretti Puglia - anche quello che ne importava di più, tanto da rappresentare un quarto del totale del valore degli arrivi di prodotti agroalimentari nella regione. Nella sola provincia di Foggia la superficie coltivata a frumento duro è pari a 240.000 ettari e una produzione media di grano duro di 7.200.000 quintali. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy, mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%. “Va sfruttato al massimo lo strumento dei contratti di filiera che possono riportare in trasparenza i passaggi dal grano alla pasta, supportati oggi dall’etichettatura dell’origine obbligatoria del grano per la pasta. Al contempo sta riscuotendo molto successo in Puglia la coltivazione di grani antichi, trend trainato dal crescente interesse per la pasta 100% italiana e di qualità”, aggiunge il delegato confederale di Coldiretti Foggia, Pietro Piccioni. L’Italia – continua la Coldiretti – è il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con un raccolto previsto di 4 milioni di tonnellate nel 2019 in calo rispetto all’anno scorso su una superficie coltivata – spiega Coldiretti su dati Crea – scesa a 1,2 milioni di ettari concentrati nell’Italia meridionale, dove crescono del 5% anche le superfici a grano bio. Il progetto – evidenzia Coldiretti - nasce sotto la spinta del crescente interesse per la pasta 100% di grano italiano grazie all’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine in etichetta. Un elemento di trasparenza che ha portato – sottolinea la Coldiretti – ad un profondo cambiamento sullo scaffale dei supermercati dove si è assistito alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine italiana al 100% del grano impiegato. Da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, dai prodotti certificati FdAI – Firmato dagli agricoltori italiani fino al gruppo Barilla con il marchio “Voiello” e la linea Integrale 100% italiano, sono sempre più numerosi i brand che garantiscono l’origine nazionale del grano. Gli italiani – conclude la Coldiretti – sono i maggiori consumatori mondiali di pasta con una media di 23 chili all’anno pro-capite ma l’Italia si conferma leader anche nella produzione industriale con 3,2 milioni di tonnellate, davanti a Usa, Turchia e Brasile.
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