Legambiente. Brindisi, lettera aperta sul porto delle nebbie
La mozione con cui il Consiglio Comunale di Brindisi ha chiesto all’unanimità il riesame dell’iter autorizzativo del deposito costiero GNL di Edison nel porto di Brindisi è importante in sé e richiama criticità più volte evidenziate e così riassumibili:
- Innanzitutto il dichiarare una capacità di stoccaggio di GNL di 19.950 m3, , poi ridotto a 19.500 m3, dimostra la volontà di sottrarsi a quell’obbligo di VIA a partire da 20.000 m3 che ha comportato per la stessa Edison il giudizio di compatibilità negativo, con relativo rigetto dell’istanza del Ministero dell’Ambiente, per un progetto similare a Napoli;
- La procedura adottata non ha consentito un esame dei rischi di incidente rilevante e delle interdizioni rispetto ad altre attività in un’area che ha già 11 impianti ad alto rischio di incidente rilevante e in un porto e su un tratto di banchina fortemente condizionati dalla movimentazione e dallo stoccaggio di GNL;
- Le istruttorie effettuate sono state talmente superficiali da non considerare la presenza dello scalo intermodale da attivare, sia per quello che riguarda le distanze, sia per quello che riguarda i piani di sicurezza e la presenza di una condotta di GNL che interferisce sulla funzionalità della già realizzata linea ferroviaria.
In queste settimane abbiamo assistito ad un non edificante balletto di interventi a sostegno dell’impianto, fra improbabili studi su ricadute occupazionali (in realtà gli occupati diretti a regime sarebbero solo 31), esaltazioni delle ricadute economiche e di un ipotetico mercato. Tutto questo come se ci si trovasse di fronte ad un distributore di carburante a cui navi possano accedere liberamente. Si aggiunga, cosa ancor più grave, che sono state manifestate minacce più o meno velate di rinuncia alla realizzazione dell’impianto se il cantiere non sarà aperto entro il 31 dicembre (solo per il rischio di perdere i 39 milioni di finanziamento pubblico che potrebbero essere l’obiettivo primario di Edison?).
Chi è convinto che l’iter autorizzativo sia stato disposto nel rispetto delle leggi e norme vigenti, non può aver paura del riesame del procedimento e non può, quindi, paventare il ricorso a richieste di risarcimento ad Edison o avere paura degli approfondimenti necessari ed indifferibili con riferimento alle tante zone d’ombra che riguardano la mancata VIA. Perfino la doverosa verifica di assoggettabilità a VIA, che la vaporizzazione del GNL e la rigassificazione parziale comporterebbero o del confronto sul rispetto dei diritti prioritari per lo scalo intermodale o per l’uso pubblico della banchina.
Purtroppo, appare evidente che l’Autorità di sistema portuale del basso Adriatico ha deciso di trasformare parte fondamentale e sostanziale del porto di Brindisi in area di servizio energetica e non per la logistica, come lo sviluppo del Corridoio 8 e la stessa disponibilità di Enel Logistic richiederebbero.
Al presidente Patroni Griffi e a Confindustria è necessario chiedere:
- come mai sulla logistica si stiano attrezzando porti quali quelli di Barletta e, soprattutto, di Molfetta (la società Lisa Logistic prospetta da 500 a 700 posti di lavoro), bloccando invece questa grande potenzialità a Brindisi?
- che fine hanno fatto le società Brindisi Container e Interporto?
- perché, mentre si offrivano ponti d’oro ad Edison, addirittura tagliando il costo annuale della concessione di banchina per non si sa bene quali meriti, non si sono sostenuti i programmi di Enel per il polo energetico delle rinnovabili, spingendo anche per la conferma della Giga factory inizialmente prospettata?
- perché sono emerse notizie secondo le quali sarebbe stato impossibile realizzare i componenti degli aereogeneratori per impianti eolici off-shore con la ridicola affermazione che l’altezza fosse in contrasto con il cono di atterraggio dell’aeroporto (in verticale gli aereogeneratori vengono fissati soltanto sulle piattaforme e non durante il trasporto, come impropriamente comunicato)?
- perché non si è spesa una parola a favore della cantieristica connessa ai parchi eolici off-shore, con l’effetto di avere probabilmente l’impianto nel tratto di mare a sud di Brindisi e il cantiere a Taranto, laddove invece ci saranno significative ricadute economiche ed occupazionali?
- perché non si è sostenuta, come era necessario, la realizzazione dello stabilimento di ACT Blade, che nella fase iniziale e provvisoria prospetta 128 posti di lavoro (e non i miseri 31 offerti da Edison), per costruire pale eoliche altamente innovative (si legga un recente articolo del Financial Times) con prospettive di crescite economiche ed occupazionali crescenti?
- perché le recenti foto di Max Frigione hanno offerto l’inquietante immagine di navi crociera attraccate al molo carbone, nel mentre a Bari si continua ad investire per l’aumento degli accosti e la qualità delle stazioni marittime e della accoglienza per turisti?
A tal proposito ci si limita a constatare (constatazione inconfutabile) che Bari non ha neanche in minima parte l’estensione retroportuale disponibile che, invece, il porto di Brindisi offre, senza dovere ricorrere ad inutili e costose casse di colmata.
Le risposte a queste domande sono necessarie per capire se quello di Brindisi debba continuare o meno ad essere il porto delle nebbie.
Doretto Marinazzo
Legambiente
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