Autorità Civili e Militari, carissimi concittadini! Permettetemi prima di tutto di rivolgere a nome dell'intera città un commosso saluto a monsignor Angelo Argentiero: uomo carissimo ed eccezionale sacerdote il cui esempio e la cui memoria resteranno per sempre scolpiti nella storia di questa città. Saluto sua Eccellenza Monsignor Giuseppe Satriano arcivescovo di Rossano - Cariati che pur in un breve lasso di tempo ha saputo lasciare una traccia indelebile del suo passaggio nella nostra città e nel cuore di tanti cittadini. Saluto coloro i quali per ragioni diverse non possono essere raccolti in questa piazza palpitante: penso alle persone malate, ai nostri emigranti, ai tanti mesagnesi sparsi nel mondo che in questi giorni certamente avranno un sussulto di nostalgia. E grazie ai tanti ospiti italiani e stranieri presenti in questi giorni in città che ci onorano della loro visita. Ringrazio infine il comitato feste patronali che ancora una volta, pur nelle ristrettezze di una congiuntura economica difficile, si sono prodigati in uno sforzo straordinario per raggiungere l'obiettivo di consegnare alla città una festa degna della sua tradizione. Cari concittadini, nei momenti più difficili della vita come nei momenti di più acuto dolore ciascuno di noi spesso volge lo sguardo al cielo per invocare l'aiuto del Padre Eterno o per rimettere l'intrigo dell'anima o la sofferenza del cuore nelle mani misericordiose di Maria. «Madonna mia iutimi» è un invocazione forse puerile che magari non esprime un autentico atto di fede quanto piuttosto il senso della fragilità della natura umana, dell'imponderabilità della nostra esistenza, del mistero profondo della vita. Stasera sale accorato al cielo il mio anelito: «Madonna mia iutimi!». Aiutami a sostenere il peso di una responsabilità troppo grande, dammi la forza, dammi la temperanza, dammi la saggezza per far bene il compito che mi è stato affidato e soprattutto allontana da me la tentazione della vanità, le lusinghe del potere e tutte le opere del male che insidiano l'animo umano così che io possa servire con dignità, onore e umiltà la mia gente. Questa cerimonia dall'altissimo valore religioso che rinnova ogni anno la fede, la devozione e la gratitudine del popolo mariano alla Vergine santa del Carmelo è anche una cerimonia civile in cui noi, con l'atto simbolico della consegna delle chiavi, stipuliamo un patto solenne con il quale rimettiamo nelle mani celesti della Vergine Santa le sorti della città, dei suoi figli, delle sue famiglie, nel sicuro convincimento che Ella accoglierà la nostra supplica e stenderà il suo manto pietoso a proteggere il suo popolo dai travagli e dalle avversità della vita. Volgi dunque Madre Santa il tuo sguardo misericordioso e compassionevole verso questo tuo popolo che ti è caro e devoto, indicagli la strada, illumina i cuori e le coscienze con la tua grazia, dona la pace dello spirito, rinvigorisci in noi il valore della fratellanza! Ma questa è anche una festa popolare è il crocevia della nostra memoria collettiva, il giorno in cui tutti si riversano per strada per ritrovare magari gli umori antichi della propria infanzia, quando la festa era un paio di scarpe nuove, la meraviglia per lo scintillio delle luci, l'untuoso sapore dello zucchero filato e le mani ferme e premurose di tua madre nel fluire incessante di una folla mai vista. Erano i giorni agognati del riposo nel bel mezzo della canicola estiva per tanti braccianti a giornata, per tanti operai e artigiani che si concedevano il lusso di distrarsi per tre giorni dalle pene e dai travagli di una vita grama, era il ritorno degli emigranti dei parenti lontani era l'occasione propizia per rinsaldare vincoli di amicizia, di fratellanza di un popolo che si riconosceva. Cambia il tempo, cambiano i costumi, cambiano le mode ma questo carattere popolare della festa non cambierà mai. In questi primi giorni del mio mandato sono stato letteralmente cinto d'assedio dalla povertà, dalla sofferenza, dalle lacrime di tanta gente che è venuta a bussare alla porta del sindaco supplicando un posto di lavoro, una casa, un sussidio straordinario. Situazioni tutte al limite della degenza umana per le quali io ho provato una profonda frustrazione per non esser in grado di dare risposte certe. E quello che ho visto è solo la punta di un iceberg perché la maggior parte di chi è in difficoltà ha il pudore di manifestare il proprio disagio. C’è tanta gente che magari ha perso tutto ma non la dignità, quella dignità e quella e la fierezza che sono un tratto distintivo del nostro popolo che sempre nella sua storia quando ha sofferto lo ha fatto a testa alta. E una situazione disarmante che mette a dura prova il nostro sistema di protezione sociale e che necessita di uno sforzo supplementare di solidarietà da parte di tutti. In questo senso fa bene al cuore sapere che c'è tanta gente, tante associazioni di volontariato, tante parrocchie e tanti cristiani autentici che si adoprano con encomiabile slancio in opere di carità e di amore verso chi è rimasto indietro. Grazie! La città vi renda merito nella consapevolezza che non si può guardare avanti, non si possono traguardare orizzonti di civiltà se c’è tanta gente che rimane indietro. Ma ho incontrato tanti operatori economici, soprattutto artigiani, commercianti, piccoli imprenditori. Anche loro hanno manifestato la preoccupazione per un sistema economico e produttivo ormai al collasso. Non ci sono commesse, non c’è lavoro. La eccessiva burocratizzane delle pratiche, la difficoltà di accesso al credito, la elevata pressione fiscale soffocano la capacità di fare imprese e di stare sul mercato, per cui molti hanno chiuso o minacciano di chiudere bottega. Anche loro invocano un sostegno pubblico fattivo ed un sistema di regole che metta almeno tutti nelle stesse condizioni di diritto e di fatto. Su questo fronte metteremo in campo tutte le nostre risorse, le nostre energie umane ed intellettuali per cercare di risalire la china in un contesto difficile nel vortice di una crisi strutturale che continua a mordere i fianchi, a sgretolare il nostro sistema sociale facendo scivolare nella fascia della povertà anche quella che una volta era la classe media. Ma anche chi starebbe relativamente bene ha ragione di lamentarsi per una città che sembra aver poca cura di sé, una città che appare disadorna, caotica, talvolta sporca, poco accorta del suo ambiente, del suo patrimonio e architettonico, del suo verde. Una città in cui talvolta l’inciviltà di pochi mette a dura prova la pazienza di molti. Infine ho visto anche i ricchi piangere ed i furbi lamentarsi perché non c’è limite all’ingordigia umana. Ebbene questa situazione scoraggerebbe chiunque abbia un minimo di buon senso ad assumere oggi responsabilità di governo: meglio starsene alla finestra a guardare, meglio non sporcarsi le mani, meglio star sulla riva del fiume aspettando il cadavere di un altro fallimento, meglio giudicare e magari godere degli errori altrui. Noi invece abbiamo accettato la sfida con entusiasmo sapendo di poter contare, non già sulle nostre misere forze, ma sulla capacità di riscatto di un intero popolo che nei momenti di maggiore difficoltà ha sempre saputo dare sempre il meglio di sé. In questo tempo turbolento dove forte è la tentazione al reflusso qualunquista, all' individualismo esasperato, dove l'esaltazione dell'io, il valore del possesso hanno soverchiato il senso stesso di appartenenza comunità degli uomini, in un Paese impantanato nel fango dell'immoralità pubblica, degli scandali, delle ruberie e dei soprusi bisogna ritrovare il sentiero della solidarietà, della coesione sociale, del bene comune che il più poderoso valore su cui si costruisce la civiltà di un popolo. È una impresa ardimentosa assai ma sono sicuro che ce la faremo sopratutto se sapremo ritrovare l'identità del nostro popolo nelle radici più profonde della sua storia, nella sua tenacia contadina, nella sua prodiga generosità, nella sua intraprendenza creativa. Sono sicuro: Mesagne tonerà ad essere città operosa, accogliente, orgogliosa della sua storia del suo straordinario patrimonio architettonico, delle sue eccellenze nei più diversi campi del vivere civile nell'arte, nello sport, nella scienze. Ognuno però deve tornare a fare la sua parte! Deve tornare a fare la sua parte la politica che deve essere meno auto riferita e più vicina ai bisogni della gente, deve tenere alto il vessillo del rigore morale, deve attivare le buone pratiche per riaffermare il valore della legalità e della giustizia, deve rifuggire dalla tentazione di scivolare nel sottobosco delle clientele, delle discriminazioni sociali o politiche e cercare di abbattere il muro invisibile della discordia che divide gli uni dagli altri. Ma anche la cosi detta società civile non deve considerarsi altro: non c'è alcun vallo, nessuna separatezza fra società civile e politica non si può pretendere dagli altri onestà e rettitudine se non si è retti e onesti nei comportamenti quotidiani, non si può sempre guardare alla pagliuzza negli occhi altrui e mai alla trave negli occhi propri. Bisogna avere comprensione e considerazione degli altri e bisogna saper perdonare perché siamo parte della stessa famiglia. Un pensiero speciale va ai nostri giovani: a loro dico non smarrite la strada, non abbiate paura del futuro, non perdete mai la speranza e lottate sempre per avere un mondo migliore di quello che noi vi abbiamo lasciato. Ancor più accorato il mio pensiero va ai giovani nostri che non ci sono più. Ma ora lasciamo alle spalle le angherie del nostro tempo quotidiano e la malinconia, che la festa cominci così che nella spensieratezza come nella riflessione interiore e nella fede troviamo un po’ di pace e di serenità. Pompeo Mofetta Sindaco di Mesagne
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