Il busto del generale Messe
Cap.1 Liliana Segre
Per provvidenziale combinazione, nel dicembre dello scorso anno, questa amministrazione decise di conferire la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre proprio mentre discuteva della collocazione del busto del Generale Messe. La cosa suscitò un po di scalpore, qualche sussulto di indignazione che però non sortì effetto alcuno poichè non si dolse il popolo sovrano, ne si scalfì la determinazione dell’amministrazione di portare avanti i due obiettivi.
Io non presenziai alle sedute consiliari in cui fu conferita l’alta onorificenza alla senatrice Segre in segno di protesta e ne rappresentai le ragioni al Presidente del Consiglio con una nota in cui sostenevo che: salire sul treno della memoria seguendo l’onda emotiva per le minacce subite dalla senatrice, mi pareva una operazione beffarda e propagandistica allestita solo per cercare di affermare un’identità vagamente antifascista al governo in carica e per appagare il peloso campanilismo e qualunquismo di destra pure presenti nella compagine governativa.
L’antifascismo non è una medaglia da appuntare sul vestito buono per le sfilate, non è solo storia e memoria ma è pratica quotidiana: è cercare nella propria vita di respingere le tentazioni revansciste e ri-fasciste che girano anche dalle nostre parti sotto mentite spoglie. Significa opporsi alla tentazione di intendere il governo come esercizio del potere, di usare il corpo, la violenza e la propaganda come strumento di lotta politica, significa resistere alle pulsioni nazionaliste, sovraniste e discriminatorie, significa respingere gli attacchi alla costituzione repubblicana e alle istituzioni democratiche. Non mi pare che questo esercizio sia compiutamente espresso dal governo cittadino in carica, che anzi sembra essere perfettamente a proprio agio nell’uso di certi metodi e strumenti.
Il conferimento della cittadinanza onoraria presuppone l’attivazione di un percorso di partecipazione con il corpo associativo, con i movimenti culturali cittadini affinché la comunità intera adotti ed accolga con piena consapevolezza e nel modo più degno il nuovo prestigioso “concittadino”. Niente di tutto questo è successo: solo qualche conferenza stampa unilaterale, un Consiglio Comunale ed una mesta cerimonia senza la sposa.
Eppure c’era chi aveva fatto autonomamente un serio percorso della memoria, chi sistematicamente da anni studia, approfondisce e sperimenta nei luoghi e nella carne l’obblio dell’olocausto. Sono i giovani studenti del liceo E. Ferdinando che, alla fine del loro percorso formativo, avevano in animo di ascoltare la testimonianza di Liliana Segre. Forse ci sarebbero riusciti se non ci fosse stato il “ratto della senatrice” da parte di un governo a cui non è sarà parso vero di appuntarsi la spilla dell’antifascismo a così basso costo e con cotanta risonanza mediatica.
Cap.2 Giovanni Messe
Da quasi mezzo secolo il busto del Generale Giovanni Messe si aggira inquieto nelle vie e nelle piazze della sua città natale anni in cerca di un piedistallo che renda giustizia della sua grandezza. Sembra un insulto averlo lasciato marcire per tanto tempo nel limbo della contesa politica o della controversa interpretazione dei fatti. Non si può certo disconoscere che egli è stato uno dei principali protagonisti del primo novecento nei ranghi dell’Esercito Italiano. Un uomo che è riuscito a scalare tutti i gradi della gerarchia militare ricevendo dalle mani stesse di Mussolini il grado di Generale di Corpo d’Armata e la nomina prestigiosa a Maresciallo d’Italia, per lasciare infine la carriera militare con il grado di Capo di Stato Maggiore Generale dell’Esercito assegnatogli direttamente da Vittorio Emanuele. Un militare che poteva eccepire agli ordini del suo comandante supremo (il Duce), che poteva permettersi di contrastare le strategie militari di Rommel, che aveva ricevuto le lusinghe del generale Montgomery. Un campione di strategia e organizzazione militare che si era coperto di ferite e di medaglie durante la prima guerra mondiale, che aveva fondato il glorioso corpo degli Arditi, che tante volte aveva tolto le castagne dal fuoco al suo committente in Nord Africa, in Grecia e che infine aveva comandato, fors’anche con disappunto, lo sciagurato corpo di spedizione in Russia (ARMIR).
Come mai allora con cotanta biografia e bibliografia, con una montagna di documenti impilati negli archivi militari di mezza Europa non si è ancora sciolto il nodo del busto e la sua città natale si ostina o non riconoscerli la gloria che la storia gli attribuisce?
Negli anni trascorsi si è considerato sufficientemente dignitoso e bastevole organizzare varie iniziative di approfondimento e di studio, la più importante delle quali si svolse nel 2000 la presenza delle più alte cariche dell’Esercito Italiano, di storici di sicura fama con la diffusione e pubblicazione di documenti inediti.
Si è considerato dignitoso e il pregiato lavoro dei cultori della nostra storia patria che pure hanno arricchito il corredo documentale sulla figura del generale. Inoltre si sono spese nel tempo nobili contese storico culturali dentro e fuori dalle istituzioni. Niente di tutto questo ha portato alla determinazione di innalzare il suo busto su di un sempiterno piedistallo.
Non andò bene il mausoleo fatto costruire dai potenti governi democristiani nel piazzale della basilica del Carmine dove fu sloggiato da un nutrito drappello di comunisti inferociti, di reduci dell’AMIR, di braccianti e mezzadri coi forconi. Non è andata bene la biblioteca comunale dove pure fu destinato da una delibera del Consiglio Comunale. Non lo si è voluto al cimitero comunale, nell’atrio del comune e in altre cento postazioni che nel tempo si sono vagheggiate. Come mai? Forse semplicemente perché, in altri tempi, questo avrebbe scatenato l’ira funesta dei famigliari dei morti in guerra, l’indignazione di un popolo ancora fieramente legato ai valori dell’antifascismo e del pacifismo e l’irritazione di un corpo elettorale ancora molto ideologizzato e con la memoria lunga.
Nessuna sindaco e nessun governo finora aveva osato sfidare l’onta di legare la storia della nostra città alla storia di un uomo di guerra, monarchico e se non fascista non certo antifascista. Nessuno ha voluto alzare un monumento ad un uomo che, anche nell’Italia repubblicana, si era distinto per il dinamismo con cui aveva cercato di costruire il fronte di una destra monarchica e reazionaria e che forse aveva disegnato trame eversive e golpiste.
Nemmeno io, seppur pressato da una maggioranza ostile, ho assunto questa determinazione. Con metodo strumentalmente dilatorio ho fatto slittare la questione sui i binari morti di una commissione che non poteva decidere e ho prefigurato soluzioni che non potevano essere praticate. Quindi almeno quest’onta mi deve essere risparmiata.
Oggi questo tabù si rompe senza fragore e la statua finalmente troverà la sua dimora nella piazza che fu del mercato. Quello che non è stato fatto in più di 40 anni per il rispetto dovuto alla storia e al sentimento diffuso della nostra comunità si farà adesso e sarà senza spargimento di sangue perché finalmente (sich!) i tempi sono maturi.
In questo gesto eclatante-senza clamore sta la straordinarietà del nostro sindaco che strappa in un colpo solo tutta la storia del novecento relegando definitivamente il secolo breve nell’ultraremoto e nei libri di testo. Egli segna con un tratto nero della sua matita di ferro una linea netta di demarcazione fra passato e presente ed elimina in un colpo solo tutto il retaggio degli “inutili” ideologismi del passato.
Non esiste più la destra ne la sinistra. Si può liquidare sia il fascismo che l’antifascismo in un unica soluzione, basta il conferimento sciatto della cittadinanza onoraria a Liliana Segre ed un piedistallo per il generale Messe. Zero a zero palla al centro! Andiamo tutti allegramente verso un mondo nuovo che strizza l’occhio al pragmatismo della ragione e al qualunquismo dell’ “uomo qualunque”, un mondo che ha come dogma il governo-potere ad ogni costo e che ha come orizzonte temporale il prossimo appuntamento elettorale.
E’ questo l’archetipo dominante, la mossa vincente che ha consentito in Italia di sdoganare senza pudore la destra più retriva e reazionaria della nostra storia, che ha consentito ai penta stellati di stare a proprio agio sia nel governo di centro-destra che di centro- sinistra, che sta logorando la sinistra in una perenne crisi di identità. Questo è il tutto/nulla politico che ha permesso alla gioiosa macchina da guerra di Emiliano-Matarrelli-Vizzino di asfaltare tutti i potenziali competitor nella nostra provincia. Al governo dunque sempre, comunque e con chiunque sia disposto a riconoscere il potere del capo.
E’ naturale dunque che, di fronte a questo scenario, il popolo sovrano sia ormai drammaticamente persuaso che “… sono tutti uguali, conviene stare zitti, pedalare e scegliere bene da che parte stare” A noi “non ci resta che piangere”.
Ma in fila indiana e col cappello in mano… mai.!!!!
Pompeo Molfetta