CARAVAGGIO: IL CHIAROSCURO DEL GENIO AL VERDI DI BRINDISI

Gennaio 24, 2025 322

Quando si pensa a Michelangelo Merisi da Caravaggio, la mente si popola di immagini potenti: luci drammatiche che squarciano il buio, volti tormentati, mani che afferrano la realtà con brutalità e bellezza. Lo spettacolo “Caravaggio. Di chiaro e di oscuro”, scritto da Francesco Niccolini e diretto da Enzo Vetrano e Stefano Randisi, arriva al Nuovo Teatro Verdi di Brindisi venerdì 31 gennaio, alle 20.30, per esplorare l’anima e le ombre di uno degli artisti più rivoluzionari della storia. Luigi D’Elia, attore intenso e versatile, diventa qui narratore, testimone e forse incarnazione dello stesso Caravaggio, traghettando il pubblico in un viaggio teatrale unico. L’evento è realizzato in collaborazione con Polo Biblio Museale di Brindisi e Mediaporto - Santa Teresa Spa nell’ambito del progetto Ministero dei Sogni.

Biglietti disponibili su rebrand.ly/CaravaggioTeatro e al botteghino del teatro, aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 11 alle 13 e dalle 16.30 alle 18.30. Biglietto promo (15 e 10 euro) per gli studenti delle quarte e quinte classi delle scuole superiori. Info T. 0831 562 554 e Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Caravaggio è un nome che evoca il contrasto tra luce e tenebra, tra sacro e profano. Figlio di un’epoca turbolenta, il primo SeicentoMerisi visse una vita breve e tumultuosa, intrecciata con la violenza e la grazia. La peste gli portò via il padre e il nonno quando era solo un bambino. Da giovane pittore apprendista, affrontò la fame, la povertà e l’ostilità di un mondo spesso crudele. Poi il successo, altrettanto fulmineo e scapestrato, segnato da litigi, fughe, denunce e un omicidio. La grazia papale arrivò troppo tardi: Caravaggio morì a Porto Ercole, braccato dal suo passato e dai suoi nemici.

Lo spettacolo supera la parabola biografica di Caravaggio. Attraverso un intreccio di parola, gesto e luce, indaga l’essenza più profonda delle sue opere, quei dipinti che scandalizzarono il loro tempo per la loro crudezza e sensualità. Merisi non creava affreschi; la sua arte si esprimeva unicamente attraverso la pittura a olio, nella quale la realtà diventava insopportabilmente vera. Le sue Madonne erano prostitute, i suoi angeli giovani compagni, i suoi santi poveri e umili, con piedi sporchi e unghie spezzate. Era questo che rendeva la sua arte scandalosa: non idealizzava ma rappresentava.

Francesco Niccolini e Luigi D’Elia, dopo aver esplorato la natura selvaggia in opere come “Zanna Bianca” e “Moby Dick”, si immergono qui nella pittura più sublime e abissale. Con la regia di Vetrano Randisi, che per la prima volta si misurano con un monologo, lo spettacolo cerca di fare luce su una figura complessa e tormentata. La scena è semplice ma evocativa: pochi elementi, velluti e stoffe, richiamano i colori e le atmosfere dei quadri di Caravaggio. Il suono del mare - una risacca - introduce e chiude il racconto, simbolo della vita errante e della morte misteriosa del “valent’homo”. L’acqua diventa metafora della sua arte: instabile, irruente, capace di riflettere e inghiottire. Gli spettatori sono condotti all’interno dei suoi capolavori, nei quali le pennellate violente e delicate convivono con la luce che filtra da un buco sul soffitto e si posa sui soggetti, illuminati per metà. L’attore, come spiega Vetrano, “non rappresenta ma è”: ogni gesto, ogni parola è necessaria, costruendo un ponte tra la vita di Caravaggio e il presente.

Lo spettacolo è anche un omaggio all’epoca d’oro della cultura italiana ed europea, quel primo Seicento che vide nascere geni come ShakespeareCervantesGalileo e Gesualdo da Venosa. In questo contesto, Caravaggio emerge come una figura cardine, capace di mettere il desiderio al centro della rappresentazione sacra. Come racconta D’Elia, «Caravaggio portava l’alto nell’assoluta carnalità della vita. Dipingeva uomini che erano santi e peccatori insieme, corpi vivi che portavano su di sé le tracce del dolore e della passione».

Una delle sfide principali della messinscena è stata raccontare Caravaggio attraverso le sue opere evitando i luoghi comuni che spesso lo accompagnano. Niccolini si è concentrato sull’umanità dell’artista scavando oltre l’immagine del pittore rissoso e ribelle. Ne emerge un uomo capace di rispetto verso le donne, legato a tre storie d’amore e arte con altrettante modelle, in particolare Lena, una prostituta che sembra incarnare l’ideale caravaggesco di bellezza terrena e spirituale. Per D’Elia il processo creativo si è tradotto in un’immersione totale avendo trascorso ore davanti ai dipinti di Caravaggio, studiato le pennellate da vicino e cercato di cogliere la luce e il buio, il dettaglio e l’insieme. Vetrano e Randisi hanno infine trasposto la verità pittorica in verità teatrale creando un’esperienza che permettesse al pubblico di «entrare nella bottega dell’artista» e vivere il momento della creazione. Caravaggio è simbolo della condizione umana: il suo tormento, la sua ribellione, la sua ricerca di verità risuonano ancora oggi. Come conclude D’Elia, «questo spettacolo è un viaggio nella nostra memoria, nei quadri che abbiamo visto e dimenticato, nei volti che ci guardano dall’oscurità con una luce che ci parla ancora». Al Nuovo Teatro Verdi, il 31 gennaio, “Caravaggio. Di chiaro e di oscuro” invita il pubblico a guardare oltre la tela, verso l’anima di un uomo che ha dipinto il mondo con sangue, luce e tenebra.