ha lanciato un appello ai cittadini affinché il giorno di Natale, o durante le festività, possano invitare un indigente a pranzo per riscaldargli l’anima, oltre che la pancia. Il motto dell’iniziativa è «Il pane spezzato è più saporito del panettone». Parola della Caritas vicariale che per la prima volta lancia una proposta davvero speciale a tutti gli abitanti della città: aprire le porte di casa a Natale, o a Capodanno, o all'Epifania, o in uno qualsiasi dei giorni delle prossime festività natalizie, per condividere il pranzo o la cena con persone sole, in difficoltà o lontano dalla propria famiglia, o con coloro che non possono permettersi un vero pranzo di Natale. Partecipare è semplice. Per segnalare la propria disponibilità è sufficiente contattare il parroco o il Centro di ascolto della Caritas, in via Materdona, presso la chiesa del Crocifisso, entro domenica 17 dicembre. Saranno poi gli operatori della Caritas vicariale a informare di questa possibilità le persone che usufruiscono dei servizi di assistenza e accoglienza della Caritas, a mettere in contatto famiglie e invitati. “Con questa iniziativa non si dà solo una risposta ad un bisogno di cibo ma, anzitutto, di accoglienza e incontro”, ha spiegato don Pietro De Punzio, responsabile della Caritas. Inoltre, il sacerdote ha fatto notare come “anche nella nostra Mesagne la povertà materiale spesso si intreccia alla povertà relazionale, la fatica di arrivare a fine mese con la deriva della solitudine che si fa emarginazione. Questa iniziativa potrà generare un nuovo stile di vita cristiana”. Ed ha, quindi, aggiunto: “Si è soliti pensare a poveri come fossero una categoria sociologica. Li si invita, li si incontra, si condivide con loro il pasto e il tempo della festa nello spazio della vita familiare, e si scopre come dietro la "barriera" di una categoria astratta c'è una persona, un volto, un nome, una storia. Una ferita nascosta. Una speranza di riscatto”. Una speranza di accoglienza che per don Pietro è divenuta certezza: “La fame di misericordia e la sete di giustizia, l’accoglienza, il riconoscimento della propria dignità, non si sono estinte. Non resta che aprire la porta di casa e integrare nella dimensione della quotidianità le opere di misericordia e la loro profezia di un mondo diverso”, ha concluso.
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