Ombre e dubbi sul generale Giovanni Messe In evidenza

Cosimo Greco Ottobre 21, 2019 7847

messe  giovanniNon sono uno storico, ma so come si fa ricerca.

Non sono uno storico, ma come cittadino mi prendo la libertà di esprimere il mio parere su una questione tornata “di moda”. Sembra che nelle ultime settimane si sia riacceso il dibattito sulla sistemazione del monumento al generale (maresciallo d’Italia, se si preferisce) Giovanni Messe. Si registrano interventi pro e interventi contro, sia sulle testate giornalistiche online che sui social media. Se le informazioni che ho sono corrette, il problema fu affrontato e risolto dall’Amministrazione comunale molti anni fa: il busto del Messe andava sistemato nella biblioteca comunale. Non mi risulta sia stato dato seguito alla delibera, non ne conosco i motivi e non so dove si trovi attualmente.

messe in russiaIl dibattito si è riacceso in questi giorni, ma nessuno ne spiega i motivi … per adesso. Per descrivere l’aria che tira, mi è sembrato sintomatico un breve scambio di messaggi tra il sottoscritto e un amico: - io: … prima di parlare del generale Giovanni Messe mi piacerebbe si parlasse dei numerosi più umili, in particolare di quelli che hanno dato la vita, o parte della loro vita, alla Patria. - amico: … per Messe io ritengo che i tempi siano maturi per affrontare qualsiasi discorso sotto l’aspetto militare e politico. - io: … In che senso i tempi sono maturi? Per quale motivo prima non lo erano? Perché conta di più il Messe rispetto agli umili che ci hanno anche rimesso la vita? Alle suddette domande il mio amico non ha più risposto.

Insomma, viene il dubbio che l’agitazione intorno alla questione nasconda motivazioni “strane”. Intanto registro ricostruzioni biografiche più o meno oggettive e commenti più o meno agiografici. Vorrei riferirmi solo alle ricostruzioni biografiche oggettive (per esempio da Dizionario biografico Treccani, ma non solo). Gli aspetti principali della vita del Messe sono secondo me i seguenti: 1. lunga carriera militare: dal 31/12/1901 all’1/5/1945 (o 4/4/1947); scalata di tutti i gradi della gerarchia militare, da caporale fino ai massimi vertici; 2. alcuni – alcuni – lo riconoscono come buon combattente, buon organizzatore, buon comandante; 3. ha espresso qualche parere contrario nei rapporti con Mussolini; alcuni dissidi con gli alleati tedeschi; alcuni dissidi con il comandante dell’ARMIR Gariboldi; a causa del dissidio con Gariboldi – si dice – chiede e ottiene di lasciare la Campagna di Russia per rientrare in Italia, 1/11/1942; si evita quindi la tragica disfatta e la ritirata dei reduci dell’ARMIR; 4. convinto monarchico, fu candidato “indipendente” eletto nelle file della DC nel 1953, nelle file del Partito Monarchico nel 1958 e nelle liste del Partito Liberale nel 1963 . Gli agiografi, per quello che si legge in giro, sottolineano le caratteristiche di cui al punto 2. Penso che non per questo si debba onorarne la memoria addirittura con un monumento, men che meno in luogo pubblico dominante. Buon combattente, buon organizzatore, buon comandante (magari anche ottimo): vuol dire che ha fatto bene il suo mestiere e il suo dovere.

Il fatto è che ormai in Italia siamo abituati a considerare eroi quelli che fanno bene il proprio mestiere: non per questo chiediamo un monumento per tutti costoro. O chiediamo un monumento per qualcuno solo perché famoso? Gli agiografi sottolineano inoltre quanto riportato al punto 3. Anche questo, a mio avviso, rientra nella normale e onesta condotta di un buon servitore dello Stato (e comunque di qualunque buon lavoratore dipendente con un minimo di intelligenza e onestà). Si “oppose” a Mussolini? “Litigò” con i tedeschi? Allora cosa dobbiamo dire di tutti coloro che per essersi opposti a Mussolini e ai tedeschi hanno perso la vita o parte della loro vita? Di tutti i partigiani, caduti e non? E di quelli che hanno comunque perso la vita o parte della propria vita servendo lo Stato militando nelle varie Armi? Un monumento a ciascuno di costoro? Sarebbe più giusto. Per sua fortuna Messe si risparmiò, come sottolineato nel punto 4., sia la disfatta dell’ARMIR che la susseguente tragica ritirata. Chi non tornò più dall’inferno russo fu invece Roberto Antonucci, egli come altri concittadini meno ricordati e forse addirittura dimenticati.

messe giovanni deputato Ma per gli agiografi conta solo “l’alta personalità”; conta fare “ammuina” intorno a un problema-non-problema; conta coordinare una catena di interventi sui social. Un dubbio: conta anche fare accordi sottobanco con personalità o con politici o con amministratori? È lecito un altro dubbio: non è che alcuni stiano per pagare delle cambiali ad alcuni altri? Posso comprendere che i congiunti del Messe si battano per dare massima visibilità al loro famoso familiare. Comprenderei meno l’atteggiamento dell’AC e dei cosiddetti “storici” locali. Installiamo un monumento per ciascun mesagnese famoso, indipendentemente da cosa è stato e/o da come ha agito nella sua vita, in tutta la sua vita? Per esempio, cosa è stato veramente il Messe in guerra? cosa ha fatto dopo l’8 Settembre? … e nel dopoguerra? Vedo un affannarsi a sottolineare la “grandezza” del Messe, l’avere ottenuto il titolo di “Maresciallo d’Italia”, vedo un affannarsi a elencare riconoscimenti e benemerenze del Nostro. Per contro, però, l’associazione LaM ha messo in evidenza altri aspetti della personalità e delle attività del Messe, aspetti taciuti da altri. La nota de LaM, che riprende un intervento di Terracini e di Togliatti in Assemblea Costituente (21/09/1946), è reperibile qui: https://www.mesagne.net/politica-palazzo/10816-la-m-contraria-ad-erigere-il-monumento-al-generale-messe . Vorrei dare qui un mio primo contributo alla ricerca sul Messe. Per esempio, da un altro documento (Senato della Repubblica, 1955, intervento di Emilio Sereni, PCI) disponibile qui in forma completa http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/473086.pdf riporto qui di seguito qualche passo.

1) Il signor Messe, a quanto sembra, non ama essere giudicato – come gli antichi signorotti feudali – altro che dai suoi pari grado. Citerò dunque, quanto all'opposizione del popolo italiano alla guerra fascista, il giudizio di un maresciallo d'Italia, che nelle vittorie sul campo di battaglia, e non nelle disfatte militari, ha guadagnato i suoi galloni. «Strana la situazione in Italia – scriveva nel suo diario, sin dal 14 aprile 1941, il maresciallo Caviglia – La maggior parte della popolazione esclusa dalla greppia fascista, ossia il 99 per cento degli italiani, desidera che l’Asse perda la guerra ed esprime il proprio desiderio con questo bisticcio: se la va male, la va bene; se la va bene, la va male ». 2) … a proposito della morte del generale Pecori Giraldi, egli [il maresciallo Caviglia, NdA] aveva scritto: «Quale differenza con tanti generali arrivisti, utilitari, dalla rapida carriera, ottenuta adattando le leggi fasciste alla propria promozione. Tutti questi palloni gonfiati, in guerra, al primo colpo di spillo si sono sgonfiati, mandando' cattivo odore». Ma il signor Messe, a quanto sembra, si è adontato perché proprio lui ho preso ad esempio di generale della disfatta. Debbo riconoscere, a dire il vero, che questa qualifica non gli è stata attribuita da me. I diritti d'autore ne spettano al giornale dell'onorevole Saragat, attuale Vice Presidente del Consiglio, che sin dal 1951, in un articolo intitolato appunto «Il Generale della disfatta», così bollava il signor Messe. 3) … ancora un brano dal diario del maresciallo Caviglia. «Si dice che anche il generale Gariboldi voglia essere fatto maresciallo d’Italia. Cavallero è stato battuto, ha perso le sue truppe ed è stato nominato maresciallo d'Italia; Bastico è stato battuto, ha perso le sue truppe, ed è stato nominato maresciallo d'Italia; Messe è stato battuto, ha perso le sue truppe ed è stato fatto maresciallo d'Italia. Io, può pensare Gariboldi, sono stato battuto, ho perso le mie truppe e ho diritto di esser fatto maresciallo d'Italia ». Il signor Messe è servito, credo, servito di barba e capelli, per bocca di un maresciallo della vittoria [Caviglia, NdA]. 4) … Ecco dunque cosa del signor Messe diceva un altro maresciallo dell'Impero, Vittorio Emanuele III, che Messe aveva abbandonato per servire Mussolini. A proposito di una funzione di comando da affidargli, il re protestava (generale Carboni, «Più che iI dovere», pag.187): «Messe proprio no, lo conosco bene, perché è stato con me; è troppo stupido e sempre nelle mani di qualche suo dipendente che gli fa fare tutto quel che vuole». 5) O se il signor Messe preferisce […] eccogli il giudizio di Mussolini: «A guardarlo da vicino, l’uomo che dopo la sfortunata campagna di Tunisia fu promosso maresciallo d’Italia non ha veramente la faccia di traditore. Viceversa il maresciallo Messe è veramente uno dei più classici e odiosi traditori tra tutti coloro che Badoglio ha allevato …». Sarebbe dunque stato difficile citare, a modello di generale della disfatta, un nome più significativo di quello del signor Messe, nella cui qualifica, per una volta, si riscontra una così significativa unanimità fra marescialli suoi pari, fascisti o antifascisti che siano.

E questa unanimità è facilmente comprensibile […] quando si rifletta che Messe è un generale che, non appena le cose si mettono male in Russia, briga sfacciatamente per essere trasferito altrove; [… e quando si rifletta] che, oltre la decorazione nazista del Fuhrer, il signor Messe aveva ricevuto [dal Mikado, NdA] un dono simbolico e feudale, la spada che il Samurai giapponese adopera per combattere in battaglia, per uccidersi quando la battaglia è perduta. 6) … il signor Messe vuole «arrivare»: ieri è con l'aiuto delle logge massoniche che egli arriva al servizio del re; poi, è come il più fascista dei generali che egli arriva a servire Mussolini; più tardi, è nei furgoni dello straniero che egli arriva a un nuovo comando; [infine] una fantomatica armata italiana di liberazione gli vale il seggio di senatore, in riconoscimento dei suoi servizi al partito di maggioranza. 7) … Ed ecco l'uomo che, fuggito da tutti i campi di battaglia nell'ora del pericolo, ardisce tacciare di disertori i combattenti della Resistenza antifascista, che ha salvato l'Italia dalla definitiva catastrofe. Per adesso mi fermo qui e non commento.

Torno sul Messe militare. Il generale Bernard Law “Monty” Montgomery afferma nelle sue memorie che gli italiani «... in Tunisia … si arrendevano a mandrie, al comando di generali che avevano preparato già le valige» e che «Messe fu catturato come un pollo». Richard Mayne, in “In Victory, Magnanimity / In Peace, Goodwill – A history of Wilton Park”, riporta che (traduco): «… Messe, il suo staff e i due ammiragli si stabilirono per i successivi sei mesi godendo un'esistenza piuttosto piacevole. Potevano giocare a croquet o a tennis con due raccattapalle italiani sempre disponibili. Messe era arrivato non solo con sigari e liquori nel suo bagaglio, ma con 1000 sterline in banconote da 5 sterline della Banca d'Inghilterra, il suo personale con un po' meno ciascuno. Gli fu permesso di fruire di un assegno settimanale». Wilton Park era il luogo di prigionia di Messe e del suo staff, una lussuosa villa nei pressi di Londra.

E ancora: «Quando a luglio [1943, NdA] Mussolini fu rovesciato, gli italiani erano tutti felici e furono rimandati a casa entro la fine dell'anno per cooperare con gli Alleati» (da qui comincia un’altra storia, si veda per esempio Giovanni Fasanella in “Il golpe inglese” e in parte in “Il puzzle Moro”). Curt Riess, in “The nazis go under ground” scrive quanto segue (traduco): «Probabilmente Messe non era un fascista. Ma egli era un simbolo dell’aggressione italiana.

Egli aveva acquistato notorietà come il “Vincitore di Tunisi” conservando tale fama nonostante avesse perso Tunisi e successivamente molto altro territorio. Ma egli era un vecchio e provato militare reazionario, un uomo che rappresentava esattamente la stessa scuola di pensiero a cui appartenevano i generali tedeschi. Per esso cose come democrazia, libertà e giustizia erano solo parole. E dal momento che egli assunse il ruolo di capo di stato maggiore [Badogliano, NdA] egli fece ogni cosa in suo potere per ostacolare le azioni degli italiani genuinamente democratici e degli antifascisti, e per reintegrare o mantenere al potere fascisti veri e propri o uomini da cui poter dipendere per guidare l’Italia verso un futuro reazionario e antidemocratico». E ancora: «La Storia si ripeteva.

Un generale battuto era richiamato in carica, nonostante il corso del Paese fosse stato cambiato completamente. Era la storia di Hindenburg ancora una volta – solo che Hindenburg ha dovuto aspettare sei anni prima di essere portato al potere in Germania, mentre Messe ha dovuto aspettare solo pochi mesi». Sulle tendenze del Messe nel dopoguerra registro per esempio Carla Poncina (ISTREVI) che in una sua recensione afferma: “… [il Messe] mantenne peraltro nel dopoguerra un forte profilo golpista.” O per esempio , da Luigi Cipriani: «Tra le organizzazioni anticomuniste presenti a livello nazionale, Angleton segnalò l'importanza della Ail (Armata italiana della libertà) il cui responsabile di facciata era il col. Musco (che diventerà il primo capo del Sifar voluto da Pacciardi) ma i veri capi, secondo un rapporto del solito Frank Gigliotti , erano il generale Sorice, ministro della guerra di Badoglio e il maresciallo Giovanni Messe, fascista. Il solito Frank Gigliotti nel luglio 1947 segnala al responsabile per gli affari europei del Dipartimento di stato, Walter Dowling, quale sia lo scopo della Ail affermando: "Ci sono in Italia cinquanta generali che si stanno organizzando per un colpo di stato. Sono tutti anticomunisti e sono pronti a tutto"».

Cosimo Greco.