Mesagne. Parla Alina e racconta la sua vicenda In evidenza
Sembra inverosimile che in una città cosmopolita e accogliente come Mesagne possano esserci persone che abbiano dentro di loro una cultura razzista o discriminatoria. Ma il caso di Alina, nome di fantasia per la protagonista di colore di questa triste pagina di storia di vita, non ha lasciato dubbi. Per questo motivo, e per la prima volta, la storia l’ha raccontata la stessa Alina, pur tra non poco imbarazzo ed emozione. “Non è facile parlare – ha esordito la ragazza -, io lavoro a Mesagne da più di 5 anni. Sono una persona come voi. Abito fuori Mesagne e quando faccio tardi la sera a lavoro per me è difficoltoso trovare un treno o un pullman che mi riporti a casa. Per queste difficoltà ho cercato un annuncio per vedere di affittare una casa qui a Mesagne. Ma non è facile. Appena ho chiamato hanno sentito la mia voce e mi hanno chiesto la nazionalità non mi hanno affittato la casa. Io lavoro e posso pagare l’affitto. Però per me trovare una casa è un problema. Siamo tutte persone e l’importante è che possiamo pagare l’affitto”. Questa storia ha colpito anche don Pietro Depunzio, parroco e referente della Caritas e di Casa Zaccheo, che ha rifiutato l’etichetta di “Mesagne città razzista”. “Rifiuto categoricamente che Mesagne è una città contraria all’accoglienza – ha spiegato -. Noi ogni giorno sperimentiamo la bontà dei mesagnesi sempre disposti a intervenire per dare alloggio a famiglie bisognose”. Allora qual è il problema? “Il problema è che Mesagne vive una grave emergenza abitativa, qui a casa di Zaccheo tocchiamo con mano il disagio di trovare abitazioni in affitto. Le case restano chiuse perché c’è la paura che gli inquilini possano diventare morosi. Certo bisogna stare attenti perché la paura di dare in affitto un’abitazione a persone straniere è sempre dietro l’angolo, mina la convivenza sociale e alimenta i pregiudizi nei confronti di chi vive situazioni economiche precarie verso gente che arriva da altri Paesi. C’è questa emergenza però dobbiamo rifiutare l’etichetta che Mesagne sia contraria all’accoglienza. Basta andare in giro per la città e si nota quanta gente di colore è presente e lavora qui da noi. Non c’è assolutamente l’idea che Mesagne è una città che discrimina”. Sulla vicenda è intervenuto con una nota Drissa Kone, presidente della comunità Africana per la provincia di Brindisi.
“L' episodio di razzismo accaduto a Mesagne – ha spiegato il presidente Kone - è deplorevole. La storia di "Amina" è la storia di molti stranieri, ma non di tutti. La difficoltà ad individuare una casa in affitto è maggiore per gli stranieri africani più che per gli americani, cinesi o altri. Sembra proprio che il "colore della pelle" sia la discriminante più importante rispetto a un contratto di lavoro o una regolare busta paga. Da anni aiutiamo i nostri fratelli nella ricerca di una casa ed un contratto d'affitto”. Infine il presidente Kone ha assicurato che “come comunità Africana valuteremo la possibilità di denunciare quanto accaduto e porre in essere ogni azione finalizzata a ridurre e prevenire forme di razzismo e discriminazione. È nostro dovere”. La storia è quella di una ragazza di colore che ha cercato casa telefonicamente, l’ha trovata, ma quando la proprietaria ha capito che dall’altro capo del telefono c’era una ragazza di colore, senza scusarsi, gli ha risposto che non era più disponibile per impegni assunti in precedenza. Però, dopo qualche ora, un amico della ragazza ha richiamato il numero della proprietaria dell’abitazione, si è presentato come un professionista e, magicamente, l’appartamento è ritornato di nuovo libero e disponibile tanto da fissare un appuntamento per il giorno successivo per vederlo.
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