verso il servizio del Tg1 che le ha gettato del fango addosso etichettandola a livello nazionale come patria della Scu, senza andare a svolgere un servizio a tutto campo che potesse dare un'informazione corretta. Perché se è vero che gli anni '90 furono definiti anni di piombo per Mesagne è altrettanto vero che da allora la città è cambiata, si è riscattata, divenendo centro di cultura antimafia, dell'accoglienza e della tolleranza. Oggi la città di Mesagne ha dei padrini, è vero. Solo che a differenza di quelli del passato si chiamano don Luigi Ciotti, il vice ministro Filippo Bubbico, Sergio Rubini, Laura Boldrini, Fabio Marini, e i sindaci mesagnesi dell'antimafia: Cosimo Faggiano, Franco Damiano, Mario Sconosciuto, Enzo Incalza, Franco Scoditti e Pompeo Molfetta. E poi Libera Terra, la Cgil pensionati, l'Anpi, e tante altre associazioni che ruotano intorno a masseria Canali sottratta alle grinfie della mafia e oggi cenalo di cultura antimafia.
A fine degli anni '90 la comunità mesagnese si aggrappò, come a un segno identitario, alla imponente rinascita del suo antico centro storico. Intere maglie di tessuto urbano furono "bonificate" e valorizzate sia sotto l'aspetto socio-economico che sotto l'aspetto urbanistico. Contestualmente si recuperarono i monumenti simbolo della città: nel dicembre del 1994 si inaugurò la riapertura della chiesa Matrice completamente restaurata e nel dicembre del 1996 si aprì, per la prima volta al pubblico, un' ala del castello. Stava nascendo la nuova Mesagne, bella, vanitosa e sicura di se, la città ambiziosa che ben presto diventò il punto di riferimento della movida dell'intera provincia. Dalle macerie sociali riemerse la storia identitaria della città, il barocco d'incanto la illuminò e dalle sue visceri riaffiorò parte della città sotterranea: dalla chiesa del Santissimo Salvatore al frantoio ipogeo di via Santacesarea, dalla necropoli messapica di via castello, alle prigioni e alle cisterne del castello, dal succorpo della Matrice alle tombe medievali di Santa Maria, alla straordinaria sezione del museo che esaltava l'arte funeraria della civiltà messapica.
"Dopo il servizio del Tg1 non dovremmo piangerci addosso ma, al contrario, dovremmo confermare e ad alimentare i percorsi di legalità, dovremmo cercare di riprendere la strada smarrita da diversi anni", ha spiegato Mimmo Stella, presidente del comitato civico "Terra di Mesagne" secondo cui "bisogna rilanciare un'opera imponente di valorizzazione e di promozione verso l'esterno, della parte più sana e più bella della città". Per l'assessore alla Cultura, Marco Calò: "il video e' sconcertante. Costruito con l'intenzione di dare una disinformazione preconcetta . Chi non conosce la nostra città immagina uno scenario sociale ed economico desolato. Ci sforziamo quotidianamente di promuovere la bellezza straordinaria dei nostri beni e poi 5 minuti di servizio pubblico rovinano lo sforzo". Sconsolante la verità su quel servizio: "per certi giornalisti queste inchieste anche con forzature e approssimazioni fanno share. Quello che si è visto non é servizio pubblico di informazione", ha concluso l'assessore.