Fichi, scartu e cutogni
Ogni anno, in questo periodo, mi ritornano in mente ricordi di infanzia legati ai colori e agli odori di fichi e mele cotogne.
I miei ricordi vanno alla fine degli anni’50 con l’inizio della scuola elementare.
Ho frequentato la prima elementare in Piazza Criscuolo, affianco al locale dove si insediò il negozio dei dischi di Saverio Faggiano.
Invece la seconda elementare, la frequentai presso lo stabile che era anche la sede del Municipio e per alcuni mesi la mia classe fu proprio dove qualche anno dopo venne insediato il Comando dei Vigili Urbani.
Affianco, subito dopo il negozio di Ferramenta e Colori di " Ginuzio" Epicoco, vi era una grande rimessa dove si commerciavano Fichi e Mele Cotogne.
Il commerciante che all’epoca ritirava i prodotti era Giglio Pasimeni. Fichi secchi e mele cotogne venivano venduti a partire dagli inizi di settembre fino a metà novembre,
Allora quasi tutte le famiglie villeggiavano in campagna e ogni famiglia era dedita alla raccolta e al lavoro di essiccamento dei fichi.
I nonni , gli zii e i genitori erano addetti alla raccolta dei fichi migliori dall'albero, mentre noi ragazzini eravamo addetti alla raccolta da terra, dello " scartu",cioè i fichi caduti a terra dopo la maturazione. Noi ragazzi, sollecitati dai nonni e, per guadagnarci una piccola paghetta di 50 o 100 lire, anche se a malincuore, raccoglievamo i fichi da terra.
Le nonne erano le protagoniste del lavoro di " spaccare" i fichi, sistemarli sulle " littere" e porle al sole e al vento nelle aie o sul piazzale delle case di villeggiatura. Le " littere" erano ovunque numerose, 20, 30 per ogni casa. Ogni sera, con cura, si accatastavano e si proteggevano dai temporali e dalla umidità.
Un lavoro che durava oltre un mese e che a settembre inoltrato si svolgeva contemporaneamente alla vendemmia e alla raccolta delle mele cotogne che in quegli anni si producevano in grande quantità.
La preparazione del prodotto da consegnare al magazzino di Pasimeni era accurata.
I fichi scelti si mettevano nelle casse di legno, mentre “ lu scartu” anch' esso essiccato si poteva portare anche nei sacchi di tela. Ricordo che in quel periodo, girava nel paese un commerciante con carretta ed asinello alla ricerca di piccole quantità di fichi e scarti, e per le strade lo si sentiva chiedere a gran voce " ci teni fichi, ci teni scartu".
Dopo alcuni anni il magazzino di Pasimeni si trasferì, sempre in via Roma, presso un’altra grande rimessa.
Si trasferì verso la chiesa" ti Luritu”. Ricordo che in quel locale per molti anni durante la Festa della Madonna del Carmine nel mese di luglio, pernottavano i musicisti delle bande musicali che venivano da fuori Mesagne a suonare. Il commercio dei fichi e mele cotogne, in quel locale, lo ricordo fino alla fine degli anni sessanta. Dopo si avviò la commercializzazione e il ritiro del pomodoro e la raccolta e lavorazione dei fichi cominciò a scemare.
L' estate del 1973 indimenticabile per il Colera e il colpo di Stato in Cile, fu anche l’anno in cui conclusi la mia esperienza lavorativa presso la ditta Pasimeni. Durante le vacanze avevo lavorato e il mio compito era quello di controllare la pesa dei pomodori che consegnavano i produttori.
Ricordo che allora in via Roma, di prima mattina arrivavano i camion dal salernitano ( Angri, Pagani, Nocera...), paesi nei quali vi erano le industrie di trasformazione del pomodoro. Gli autisti dei camion attendevano tutta la giornata e nel pomeriggio con l' arrivo dei produttori che consegnavano i pomodori, caricavano i camion e una volta ultimato il carico ripartivano per conferire i pomodori alle industrie .Tutto questo accadeva intensamente per almeno due mesi( settembre - ottobre).
Restano i ricordi degli odori di quei magazzino di raccolta, quello dolce delle mele cotogne,quello zuccherato dei fichi, ma ricordo anche l'intenso odore dei mosti che si sprigionava dalle tante piccole cantine; quello della salsa dei pomodori fatta in casa e il dolce odore degli olii che emanava dai frantoi.
Nei nostri comuni questi odori non si sentono più.Quegli odori erano impressi nella comunità, erano la nostra storia. Usi e consuetudini che erano la nostra carta d'identità.
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