Secondo il decreto Minniti-Orlando le nuove sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, decideranno ordinariamente in camera di consiglio, sulla base di una videoregistrazione dell’intervista data tramite interprete dal richiedente asilo di fronte alla Commissione Territoriale, by-passando così il tradizionale colloquio che garantisce maggiore possibilità di espressione a chi solitamente versa in uno stato di difficoltà e ha alle spalle una storia problematica.
Mesagne Bene Comune ha inoltre notato le numerose critiche già sollevate da avvocati e magistrati, inclusa l’Associazione nazionale magistrati (Anm), che rilevano profili di incostituzionalità e anche di irrazionalità di alcune delle norme introdotte dal decreto Minniti-Orlando. In particolare l’Anm ha criticato la forte limitazione del contraddittorio e della pubblicità dell’udienza in una materia riguardante i diritti umani, nonché l’abolizione del diritto d’appello in un ordinamento che lo garantisce anche per controversie di valore pecuniario e non pecuniario molto modesto rispetto a quanto è in gioco in una controversia riguardante la protezione internazionale: da questo punto di vista il Decreto Sicurezza rappresenta un passo indietro sul piano dei diritti e della civiltà giuridica del nostro Paese.
Attraverso un uso improprio della legislazione di urgenza, in ultima analisi, i due decreti, anziché intervenire sulle tante contraddizioni e i limiti dell’attuale legislazione, introducono nuove norme di discutibile efficacia, senza peraltro migliorare l’efficienza del sistema. Ad esempio si rilancia il ruolo dei Centri Permanenti per il Rimpatrio, nuova denominazione per gli attuali CIE, senza che ne venga modificata la funzione e assicurato il pieno rispetto dei diritti delle persone trattenute.
Esprimiamo forte contrarietà rispetto all’abolizione del secondo grado di giudizio per il riconoscimento del diritto di asilo e della sostanziale abolizione del contraddittorio nell’unico grado di giudizio, limitato da una procedura semplificata (rito camerale) priva del dibattimento. In tal modo non solo viene violato il diritto di difesa di cui all’art.24 della Costituzione, ma si preclude anche al giudice la valutazione in concreto della persona del ricorrente e del suo eventuale percorso di inclusione sociale ai fini della valutazione sul rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, – noi crediamo – per limitarsi ad irrealistiche azioni di deterrenza.
Occorrono, invece, norme che garantiscano la sicurezza e il rispetto dei diritti di chi intraprende un percorso migratorio e ne assicuri la permanenza regolare nei luoghi di arrivo, contrastando così il lavoro nero e lo sfruttamento. Ribadiamo inoltre l’urgenza di aprire corridoi umanitari e aumentare considerevolmente i re-insediamenti, per consentire alle persone che fuggono da guerre, persecuzioni, fame e povertà di entrare in Italia e in Europa senza mettere in pericolo la loro vita.
A nostro avviso tale decreto rischia di acuire maggiormente, anziché migliorarla, la condizione di chi già versa in stato di disagio e ci sembra che con esso non si voglia agire in direzione della riduzione delle disuguaglianze sociali.
24 Aprile 2017
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