Però, purtroppo, è così. Mentre i reparti e gli ambulatori dell’ospedale “Perrino” di Brindisi necessitano di personale altre strutture, ad esempio quelle territoriali, traboccano di personale para sanitario specializzato impiegato in funzioni non proprie. Personale che, chissà per quale motivo “sovrannaturale”, non è trasferibile. Manca, insomma, un Piano di riassegnazione. Non è tutto poiché i movimenti politici “Progettiamo Mesagne” e “Mesagne attiva” hanno denunciato una serie di discrasie sanitarie che non agevolano certo il rapporto tra cittadino e sanità pubblica. “All’interno di quello che fu il nosocomio cittadino non si respira un’area serena, sembrerebbe infatti imporsi il caos”, hanno esordito Antonio Calabrese e Angelo Pacciolla, entrambi coordinatori dei movimenti politici, secondo cui “il personale, specialmente quello paramedico, vive affannosamente la quotidianità fra chi si è adattato, suo malgrado, ad una nuova mansione, dopo la dismissione dei reparti di Medicina e Lungodegenza, e fra chi, invece, vive l’incertezza del proprio futuro, specie per chi è addetto al Punto Primo Intervento Territoriale che, stando alle disposizioni regionali, dovrebbe chiudere e lasciar spazio alla sola postazione del 118 gestita quasi completamente da privati”. Un’ipotesi, questa, che per Calabrese e Pacciolla oltre a non essere quella prevista dagli accordi presi nel marzo del 2017 con la Regione Puglia e i vertici dell’Asl, aggraverebbe ancor più la situazione del Pronto Soccorso del “Perrino” di Brindisi quasi sempre congestionato. “ Purtroppo, però, sembra che si vada proprio nella direzione della chiusura, attese le grandi difficoltà che gli operatori hanno per assolvere alla loro funzione, ossia quella di stabilizzare gli utenti che arrivano al Ppit: manca un laboratorio di analisi per eseguire gli esami con immediatezza, non vengono assicurate le consulenze specialistiche, tranne quella oculistica, non si può avvalere della Tac e sembrerebbe che quando è assente il dirigente responsabile della radiologia, nemmeno la consulenza radiologica. Questa assurda situazione ovviamente comporta il trasferimento a Brindisi anche di casi che potrebbero essere tranquillamente trattati al San Camillo”, hanno fatto notare i due coordinatori. Diverse sono le criticità ancora da evidenziare in merito ad una riconversione lenta e discutibile dove alcuni servizi, probabilmente, non si implementeranno a regime mentre, altri, sembrano essere destinati a lavorare solo parzialmente. Calabrese e Pacciolla sono furiosi: “È il caso – hanno aggiunto - del servizio di Radiologia che chiude alle ore 14,00. Vi è poi da segnalare che i servizi di day service chirurgici non sono ancora a pieno regime rispetto al monte ore previsto e che l’Ospedale di Comunità, oltre ad aver praticamente perso quattro posti letto pediatrici, sembrerebbe essersi trasformato in un reparto di Lungodegenza abbandonando così la sua originaria funzione, ossia quella di fare da ponte tra i servizi territoriali e l’ospedale di riferimento”. Ed ancora “l’Hospice i cui tempi di attivazione si sono allungati mentre è inspiegabile l’incremento esponenziale dei costi che passerebbero da poco più di un milione di euro a 4,5 milioni rispetto agli 8 disponibili messi a disposizione per l’intera riconversione del San Camillo”.
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