Donald Trump, la satira e la filosofia

Serafino Scalera Marzo 09, 2025 203

Viviamo in un'era caratterizzata da un flusso continuo e vorticoso di informazioni, dove i dati si diffondono a una velocità incredibile e spesso cambiano forma lungo il cammino. Il caso del regista Solo Avital e del suo video satirico su Gaza rappresenta un esempio emblematico di come, quando un contenuto viene rimosso dal contesto originale, possa acquisire interpretazioni del tutto diverse da quelle previste dall'autore. Avital, cineasta di Los Angeles, ha spiegato in una conversazione con la BBC che il suo video era pensato come una critica politica. Tuttavia, una volta caricato online, ha preso una direzione imprevista. Il regista ha sottolineato che il suo lavoro si inserisce in un contesto di narrazione e satira, in cui il significato è fortemente legato al contesto in cui nasce. L'obiettivo di Avital era di realizzare una riflessione ironica ispirata alle posizioni grottesche di Donald Trump in riferimento a Gaza. Inizialmente, aveva condiviso il video con alcuni amici, ma uno di loro lo ha postato sul proprio profilo Instagram, facendo sì che il video diventasse virale. Avital ha confessato di essere rimasto sbalordito nel vedere il suo video diffondersi così rapidamente, ma per motivi completamente diversi da quelli che aveva immaginato. Il video, nato con l'intento di essere satirico, si è rapidamente trasformato in un simbolo di adesione, in un'arma retorica che ha oltrepassato il confine dell'ironia per farsi espressione di sostegno.

Questo episodio mette in luce come nel nostro mondo digitale le parole e le immagini possano assumere una vita propria, evolvendosi in modi che spesso sfuggono al controllo degli autori, e come il contesto sia cruciale per attribuire un significato autentico alle nostre espressioni.

Di fronte a tali episodi bisogna riflettere su quanto sia essenziale affinare il nostro senso critico per distinguere tra realtà, manipolazione e fraintendimento. Edgar Morin, filosofo e sociologo, sostiene che non basta accumulare informazioni: è necessaria una mente ben fatta, capace di organizzare il sapere, metterlo in relazione e valutarne la veridicità. Il pensiero critico non è un’attitudine innata, ma una capacità che si sviluppa con l’educazione e l’esercizio. Spesso diamo per scontato che pensare sia un processo spontaneo, come respirare. In realtà, pensare in modo strutturato e autonomo è un’abilità che si acquisisce e si affina nel tempo, proprio come camminare o scrivere. La filosofia, con la sua tradizione millenaria, fornisce strumenti fondamentali per imparare a pensare. Applicare questi strumenti alla lettura delle notizie significa sviluppare una resistenza alla manipolazione e all’inganno, che oggi proliferano sui social media e nelle piattaforme digitali. Nel caso del video di Avital, il fraintendimento è nato dalla decontestualizzazione: un’opera satirica è stata diffusa e ha assunto una connotazione diversa. Se avessimo una cultura filosofica più solida, sapremmo fermarci prima di accettare passivamente una notizia o di condividerla impulsivamente. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di una filosofia pratica, non relegata ai libri di scuola, ma vissuta come metodo per orientarsi nel mondo. Allenare il pensiero critico significa imparare a distinguere tra informazione e propaganda, tra verità e opinione, tra fatti e interpretazioni. In questo modo, possiamo diventare cittadini consapevoli, capaci di navigare nell’oceano dell’informazione senza farci travolgere dalle onde della manipolazione. Tale dinamica non si limita alla sfera digitale, ma investe più ampiamente l'intreccio relazionale tra le persone, rivelando la natura potente del linguaggio. La parola, infatti, non è mero strumento di comunicazione, ma principio strutturante delle relazioni umane, capace tanto di edificare quanto di distruggere. Nell'arena sociale, così come nello spazio virtuale, il discorso può essere veicolo di verità o di inganno, di giustizia o di oppressione, mostrando come la dimensione etica del linguaggio sia imprescindibile in ogni forma di interazione umana. Così come un colpo di spada può infliggere ferite visibili, la parola, nel suo uso distorto, può intaccare l’essenza stessa della persona, minando la sua reputazione e il suo valore agli occhi della comunità. La verità, lungi dall’essere un dato immediato, è il frutto di una ricerca continua, di un’etica della comunicazione che riconosce nella parola non un’arma, ma uno strumento di comprensione e giustizia.

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