Xylella. Facile parlare, il difficile è far quadrare i conti In evidenza
Oggi parlare di xylella non è facile poiché è in gioco l’intera economia del territorio. Nello specifico delle aziende agricole che hanno gli oliveti distrutti dal batterio killer e che giorno dopo giorno lottano per non dover chiudere l’attività a causa dei costi ormai giunti alle stelle, per chi non lo sapesse mantenere puliti gli oliveti sono obbligatoriamente necessarie diverse pratiche colturali durante l’anno per evitare che l’agente vettore continui ad infettare, ed i ricavi azzerati, poiché le piante non sono più produttive. D’altronde se la Regione Puglia ha emanato con la legge 21 maggio 2019 nr. 44 riguardante il Piano straordinario di rigenerazione olivicola in Puglia mettendoci dentro 300 milioni di euro, un motivo ci sarà. Pertanto, la parola d’ordine tra i produttori è la rigenerazione del patrimonio olivicolo. Molto semplicemente si eradicano le piante secche e si ripiantano alberi resistenti alla xylella, sperando che in una decina di anni possano diventare produttivi. Nel frattempo, in questi dieci anni, le aziende agricole dovranno investire un bel po' di soldini per far crescere le piante e portarle in produzione senza ricevere un euro di ricavo. I ristorni nazionali e regionali, per chi avrà la fortuna di riceverli, sono una goccia nel mare dei costi. Tutto qui.
Ecco perché produttori e associazioni di categoria contestano quanti non hanno contezza di queste difficoltà. “Chi ha sradicato le piante nella zona del Consorzio di Torre Guaceto lo ha fatto sicuramente in linea con l’attuale normativa – ha spiegato Giovanni Ripa, presidente provinciale della Coldiretti -. Da 10 anni stiamo vivendo il dramma della xylella che ha distrutto la nostra economia olivicola. Dove prima c’erano dei lussureggianti oliveti oggi c’è un paesaggio spettrale con alberi incendiati, terreni pieni di sterpaglia e rifiuti. Per contrastare tutto ciò è importante rigenerare questi terreni, farli ritornare a vivere e produrre. Inoltre, bisogna sostenere la ricerca che ha già portato a quattro le cultivar che si possono piantare e che sono resistenti al batterio. Si tratta di varietà che offrono anche una buona qualità di olio”. Infine, il presidente Ripa ha spiegato che è “giusto condividere l’eradicazione delle piante con l’ente Parco, ma nella logica della rigenerazione. Dobbiamo lasciare ai nostri figli un patrimonio agricolo vivo e non distrutto dalla xylella”. Carmela Riccardi è una architetta proprietaria di un’azienda olivicola ubicata nella Piana degli olivi monumentali. “Come possono i sindaci di Ostuni e Fasano affermare che dobbiamo salvaguardare un patrimonio quale la Piana degli olivi monumentali, quando tale patrimonio è già compromesso con tutti i segni dell’infezione da xylella ormai evidenti?”, ha esordito l’olivicoltrice sottolineando che questi “segnali non sono visti da chi non li vuole vedere e nel tempo non ha mai voluto vederli. In questo disastro parlare di cure è scorretto. Certo la scienza sperimenta dei protocolli ed è bene che lo faccia, ma oggi non esiste in commercio nessun fitofarmaco, sia biologico o convenzionale, che garantisca la cura delle attuali piante. E neanche i sovrainnesti con cultivar resistenti in un’ampia area infetta riescono a dare certezze sulla ripresa della pianta. Di fronte ad un cimitero di ulivi c’è poco da conservare, ma c’è molto da fare”.
L’associazione “Libero comitato Anti-Xylella” già 2018 pose una domanda: "Come cooperare per rigenerare lo storico paesaggio agrario e rurale?”. “Non siamo stati ascoltati – ha concluso Riccardi - e abbiamo perso. Oggi è tempo di pensare al futuro progettando e pianificando la rigenerazione agraria dei nostri territori, ma ci riusciremo?”. E tra gli olivicoltori c’è chi chiede all’ente Parco di Torre Guaceto: “Cosa ha fatto concretamente l’ente Parco per sostenere gli olivicoltori dalla crisi aziendale generata dalla xylella? Solo obblighi che in questa fase ci danneggiano maggiormente”.
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