DAZI. CRESCE ALLARME TAROCCHI MADE IN ITALY IN USA

Aprile 01, 2025 240

DAZI: COLDIRETTI PUGLIA, CON UE IN ‘DIRTY 15’ CRESCE ALLARME TAROCCHI MADE IN ITALY IN USA; A RISCHIO 1 MLD EXPORT AGROALIMENTARE PUGLIA.

Con l’UE al secondo posto dei ‘dirty 15’, cresce l’allarme per i dazi che entreranno in vigore il 2 aprile, con il rischio che a guadagnarci sia solo l’industria del falso Made in italy a tavola. A lanciare l’allarme è Coldiretti Puglia, rispetto al conto alla rovescia per l’introduzione dei dazi annunciati da Trump, proprio quando il falso Made in Italy è diventato un problema planetario con il risultato che per colpa del cosiddetto “italian sounding” nel mondo oltre due prodotti agroalimentari tricolori su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con l’Italia, proprio quando ha superato il miliardo di euro il valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari fatti in Puglia con destinazione USA.

Un dazio del 25% sulle esportazioni agroalimentari Made in Italy negli Usa potrebbe costare ai consumatori americani fino a 2 miliardi di euro in più – aggiunge Coldiretti Puglia - con un sicuro calo delle vendite dei veri prodotti Made in Italy, come dimostrato anche dalla precedente esperienza nel primo mandato di Trump, a beneficio del falso cibo made in Italy.  

L’olio di Puglia è il prodotto agroalimentare più taroccato  già sul web e nei Paesi UE, in base al rapporto delle attività di controllo dell’Ispettorato Repressione Frodi del MASAF, da cui emerge che il 26% delle irregolarità è stato riscontrato sull’olio di Puglia, il 5% delle irregolarità ha riguardato il ‘primitivo di Manduria’, l’11% il Prosecco, l’8% il Parmigiano reggiano, il 4% il Pecorino romano ed il 7% il toscano olio EVO, solo per citare i prodotti agroalimentari più conosciuti.

In America si producono Moscato, Malvasia e Aleatico, venduti con  “DOC” californiane Napa Valley o Sonoma County, ma commercializzati con nomi italiani. Il fenomeno sta colpendo, in maniera particolare, il primitivo pugliese. In America un vino, lo ‘Zinfandel’, viene venduto e si sta affermando sul mercato come ‘Primitivo’ ed i siti non si lasciano sfuggire l’occasione di chiamare in causa la Puglia per accrescere il valore e l’immagine del prodotto americano.

A partire dall’export del vino pugliese negli Stati Uniti che rappresenta una quota del 7% delle vendite all’estero e l’olio extravergine che negli ultimi anni è riuscito a penetrare i mercati statunitensi, se i dazi dovessero interessare l’intero agroalimentare, compresi la pasta e gli ortaggi conservati, il costo a carico dell’agroalimentare sarebbe consistente.

Una vera e propria stangata che farebbe calare gli acquisti da parte dei consumatori americani. Secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, i dazi imposti durante la prima presidenza Trump su una serie di prodotti agroalimentari italiani hanno portato a una diminuzione del valore delle esportazioni (confronto annuale tra 2019 e 2020) che è andata dal -15% per la frutta al -28% per le carni e i prodotti ittici lavorati, passando per il -19% dei formaggi e delle confetture e il -20% dei liquori. Ma anche il vino, seppur non inizialmente colpito dalle misure, aveva fatto segnare una battuta d’arresto del 6%.

L’imposizione di dazi sulle esportazioni Made in Italy aprirebbe ovviamente uno scenario preoccupante, tanto più in considerazione dell’importanza che il mercato statunitense ha per le produzioni agroalimentari e non solo. Negli Usa l’agroalimentare italiano è cresciuto in valore del 17% contro un calo del 3,6% dell’export generale, confermando ancora una volta che il cibo italiano è un simbolo dell’economia del Paese. Per questo Coldiretti ritiene che debbano essere messe in campo tutte le necessarie azioni diplomatiche per scongiurare una guerra commerciale che danneggerebbe cittadini e imprese europee e americane.

Peraltro resta da capire quale potrebbe essere la ritorsione dell’Unione Europea all’eventuale imposizione dei dazi Usa. Alla mossa della prima presidenza Trump – ricorda Coldiretti - l’Europa aveva risposto apponendo tariffe aggiuntive del 25% su una serie di prodotti simbolo del Made in Usa agroalimentare come ketchup, formaggio cheddar, noccioline, cotone e patate americane, oltre a salmone, noci, pompelmi, vaniglia, frumento, tabacco, cacao, cioccolato, succhi di agrumi, liquori come vodka e rum.