in questi giorni stanno ricevendo delle raccomandate per la richiesta del canone enfiteutico relativo ai terreni che coltivano. Sulla questione interviene l’agronomo Marco Argentiere. “Innanzitutto occorre capire cosa è l’enfiteusi – dichiara Argentiere – si tratta di un diritto reale di godimento su un fondo di proprietà altrui secondo il quale il titolare (enfiteuta) ha la facoltà di godimento pieno sul fondo stesso, ma per contro deve migliorare il fondo stesso e pagare inoltre al proprietario (direttario o concedente) un canone annuo”. Si tratta di un retaggio del diritto romano, ampiamente utilizzato anche durante il medioevo, e che è presente anche nel Codice Civile. “Spesso chi detiene un fondo pensa di essere il proprietario – continua Argentiere -, ma se su quel fondo è presente l’enfiteusi (si può facilmente trovare negli atti di proprietà o anche nei certificati catastali), in realtà si è solo un enfiteuta e il proprietario è un’altra persona”. Da qualche anno a questa parte i proprietari hanno iniziato a richiedere i canoni enfiteutici, tali richieste hanno riguardato soprattutto proprietari della zona di San Vito dei Normanni i quali si sono riuniti in comitato, hanno raccolto firme ed interessato la politica per cercare di risolvere questo problema. La risposta però del ministero è arrivata lo scorso mese di febbraio e non è stata positiva rispetto alle richieste avanzate. “I canoni dell’enfiteusi vanno versati, e non si possono estinguere per semplice volontà dell’enfiteuta –continua Argentiere - esiste una direttiva del governo, ispirata da un parere del Consiglio di Stato, che regolamenta l’entità dei canoni stessi, senza lasciarli a libere interpretazioni. La XIII Commissione (Agricoltura) della Camera dei Deputati lo scorso 16 febbraio, attraverso il sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali Giuseppe Castiglione, ha stabilito i principi da seguire per il calcolo dei canoni di enfiteusi”. In particolare, in assenza di puntuali disposizioni legislative, in coerenza con la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la base di partenza deve riferirsi al valore di esproprio, il quale, attualmente, corrisponde al valore di mercato. Tale valore è suscettibile di oscillazioni in relazione alle contingenze del mercato immobiliare. In linea con la tendenza della legislazione volta a favorire l’enfiteuta, si è quindi pervenuti all’orientamento di scegliere in via cautelativa il valore corrispondente all’estremo inferiore di detto intervallo. “La richieste del pagamento del canone – conclude Argentiere – sono dunque legittime, come affermato dallo stesso Governo, occorre solo porre particolare attenzione alla quantificazione del canone o di un eventuale valore di affrancazione”.
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