Ciò in quanto l'eccezione relativa alla convivenza triennale come coniugi, ostativa alla positiva delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, rientra nelle eccezioni che la legge riserva alla disponibilità della parte interessata.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 24729/2018 rigettando il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione stessa contro il provvedimento che aveva dichiarato efficace nella Repubblica Italiana la sentenza di nullità del matrimonio concordatario emessa dal Tribunale Ecclesiastico competente.
In particolare, la nullità del matrimonio, celebrato nel 1983, era stata dichiarata molti anni dopo (nel 2015) per grave difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e doveri matrimoniali e per incapacità ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio, per cause di natura psichica, da parte del marito, che aveva promosso il giudizio di nullità.
Per la Corte d'Appello non sussistevano ostacoli alla dichiarazione di efficacia derivante da principi di ordine pubblico, in particolare quello della tutela dell'affidamento incolpevole dell'altro coniuge, non invocato dalla parte interessata.
ll Procuratore Generale aveva richiamato i precedenti delle Sezioni Unite (sent. nn. 16379 e 16380 del 2014) secondo cui alla favorevole delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio osta, quale limite di ordine pubblico interno, la convivenza delle parti come coniugi protrattasi per almeno un triennio. Invece, nel caso di specie, i due coniugi avevano convissuto per circa 27 anni e avevano avuto due figli.
In conclusione, il matrimonio delle parti può dirsi definitivamente nullo anche per la Repubblica Italiana.