c’è grande attesa nel “Pianeta enologico” per degustare il suo nuovo frutto, il fiore d’autunno, ossia il vino novello che da una parte ha una sensazione di nostalgia per l’estate appena trascorsa e dall’altra anticipa le caratteristiche dei futuri vini ben strutturati. Dando un segnale chiaro di come sarà il vino del prossimo anno. Fino a qualche decennio fa il primo vino dell’ultima vendemmia si consumava nelle case di campagna, da parte degli stessi contadini che lo producevano. Oppure nelle loro abitazioni di paese dove portavano la migliore uva e la pigiavano, rigorosamente con i piedi, per poi depositare il nettare in grande giare o botti in legno. Tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre veniva spillato per controllare lo stato di maturazione del vino prodotto. In genere nella festività di San Martino, l’11 novembre, si assaggiava il nuovo nettare, ancora giovane nel corpo, insieme a castagne e funghi. Oggi pochi viticoltori scelgono di produrre da sé il vino. La stragrande maggioranza lo acquista. Così, dal prossimo 30 ottobre è possibile consumare il vino nuovo del 2018 che prende, appunto, il nome di novello. La sua produzione non è più come quella di una volta ma si è evoluta tecnologicamente per ottenere prodotti di elevata qualità. “Il metodo utilizzato – ha spiegato l’enologo Tommaso Pinto - è quello della macerazione carbonica dove i grappoli d’uva sono interi, non diraspati e non completamente pigiati, e chiusi in contenitori ermetici pieni di anidride carbonica. Sotto il peso dei grappoli sovrastanti parte dell’uva viene “naturalmente” schiacciata. In questo modo si forma del mosto che avvia una fermentazione alcolica”. La macerazione carbonica dura da una settimana a 20 giorni e si svolge a una temperatura compresa tra i 25 e i 30 C°. In questo tempo l’alcool etilico riesce a estrarre una grande varietà di aromi dalla polpa e dalla buccia. “La vendemmia 2018, pur partita in un primo momento con buone prospettive in termini quantitativi, ha risentito molto dei mutamenti climatici e dei bruschi temporali di agosto, con numerosi allagamenti e grandinate, che in alcune zone hanno compromesso notevolmente la produzione”, ha spiegato Filippo de Miccolis Angelini, presidente di Coldiretti provinciale che, in ogni modo, ha tenuto a precisare che “grazie all’esperienza e passione degli agricoltori brindisini, è riuscito ad esprimere vini di eccellente qualità”. Per il presidente di Coldiretti “Sarà un’ottima anticipazione dell’annata il vino novello che, a breve, verrà commercializzato dai produttori locali”. Il presidente de Miccolis è soddisfatto nel constatare che “l’Italia riesce ad imporsi sempre più come leader mondiale per quantità di prodotto e la nostra regione ad affermarsi quale maggiore produttrice nazionale”. Naturalmente in questo scenario positivo l’agricoltura brindisina riveste un ruolo strategico ponendosi come risorsa per tutto il territorio. “La produzione vitivinicola può rappresentare oggi il motore per uno sviluppo orientato verso l’enogastronomia ed il turismo”, ha sottolineato il presidente -. Vi è più che unitamente al vino questo territorio può anche offrire eccellenze olivicole che oggi più che mai, fortemente minacciate dalla Xylella, necessitano di raggiungere i consumatori e nuovi mercati”. Il presidente Coldiretti è convinto che “il vino novello, nella sua specificità, può attrarre ed invogliare consumatori e turisti a visitare questa meravigliosa terra e a scoprire le sue eccellenti cantine, prolungando cosi la stagione turistica e creando indotto per tutto il territorio”. Intanto in questi giorni le cantine sociali brindisine sono pronte a mettere sul mercato i loro novelli. Oltre a “Beddu”, della Cantina Due Palme, c’è attesa di degustare i novelli “Natìo” della Cantina di San Donaci, “Terre del sole” della Cantina di San Pancrazio e “Burriu” della Cantina Riforma Fondiaria di Mesagne.
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