appena fuori le mura del parco archeologico di Muro Tenente, è stato sicuramente l’elemento principe che gli archeologi aspettavano da tempo. Qualcosa in più si saprà nei prossimi mesi appena l’architetto Maria Piccarreta, Soprintendente di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto e la dottoressa Annalisa Biffino, responsabile di zona per la soprintendenza, avvieranno una campagna di saggi e scavi per fornire una corretta lettura di questo tratto di Via Appia antica che attraversa la “statio” di Scamnum e prosegue la sua corsa verso Brindisi. Grazie alla Tabula Peutingeriana - un itinerario stradale del IV secolo dopo Cristo - sappiamo che la via Appia, nel suo ultimo tratto, uscendo da Taranto si dirigeva verso una stazione di sosta nota come Mesochorum, in territorio di Grottaglie, attraversava l’odierno territorio comunale di Francavilla Fontana, passava da Oria e continuava verso Brundisium, dopo aver superato un’ultima statio riportata con il nome di Scamnum, comunemente localizzata presso Muro Tenente. Scamnum è abbastanza importante come insediamento umano e militare poiché in esso, probabilmente, vi era una zecca. Alcuni anni fa, infatti, presso la zona di Muro Tenente, fu rinvenuta una moneta, conservata presso il museo “Ribezzi-Petrosillo” di Latiano, tale reperto, da un lato, ha la testa di Athena che indossa l’elmo corinzio, mentre dall’altra parte, ha quattro lune crescenti e un’iscrizione: “Samadi”. Secondo alcuni studiosi, la vecchia città di “Samadi” si troverebbe tra Taranto e Brindisi. Da qui l’ipotesi che potrebbe essere l’antico nome di Muro Tenente che in età romana assunse il nome di “Scamnum”. Tuttavia, nel IV secolo Muro Tenente risulta abbandonata da almeno trecento anni. Alcuni saggi archeologici hanno documentato la presenza di una strada costituita da una massicciata in pietrame di diverse dimensioni e delimitata ai lati da due basse crepidini in blocchi di calcarenite. La sede stradale presenta ancora i solchi scavati dal passaggio dei carri ed è ipotizzabile che la struttura sia stata costruita e utilizzata in un periodo compreso fra il II secolo avanti Cristo e il I secolo dopo Cristo. Nel luglio 2019, grazie allo scavo di una trincea per la realizzazione del cavidotto Enel, parallela alla strada provinciale 73, via Vecchia Mesagne - Latiano, è stato intercettato un tratto di strada “glareata” , a circa cento metri di distanza dal cancello d’ingresso del Parco dove, nel 2016, erano stati portati alla luce i resti della prima e unica porta urbica mai rinvenuta a Muro Tenente. L’ingresso alla città, riparato sul fianco settentrionale da un bastione angolare che stringeva la via di accesso in un passaggio obbligato tra le cortine - secondo un sistema detto “a tenaglia” o a corridoio -, ricorda molto da vicino la Porta di Levante, recentemente rinvenuta a Castro, in provincia di Lecce. L’ingresso all’insediamento era garantito da una strada costituita da una massicciata in pietrame, sulla quale sono visibili ancora i solchi scavati dal passaggio dei carri. Muro Tenente, situato al confine tra i territori comunali di Mesagne e Latiano, è un insediamento fortificato messapico non a continuità di vita che si estende in un’area di circa 52 ettari. Quest’area è stata oggetto di intense indagini scientifiche da parte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso quando, attraverso numerosi saggi di scavo, furono messi in evidenza resti di sepolture, strade, nuclei abitativi e fornaci di vasai prevalentemente databili all’età ellenistica. A partire dal 1992 le ricerche sono state riprese dall’Istituto di Archeologia della Vrije Universiteit di Amsterdam, integrandole in un progetto di ricerca più ampio mirato all’analisi delle caratteristiche cronologiche, spaziali e funzionali del sito.
Il progetto Appia Regina Viarum – Valorizzazione e messa a sistema del cammino lungo l’antico tracciato romano dell’Appia è stato presentato nell’area archeologica di Capo di Bove nel settembre 2015. L’idea di fare dell’antico tracciato dell’Appia un attrattore culturale è finalizzata non solo a recuperare e valorizzare una infrastruttura storica ma anche a potenziare i sistemi economici dei territori attraversati dall’antica strada.
Il progetto ha come obiettivo la puntuale individuazione del tracciato e la realizzazione delle opere necessarie per consegnare il Cammino dell’antica via Appia alla piena fruizione turistica e il successivo sistema di azioni di valorizzazione territoriale che traggono forza dalla presenza del Cammino dell’antica via Appia.
Il piano di lavoro per la valorizzazione dell’antico tracciato gode di un finanziamento pari a 20.000.000,00 di € e si colloca nell’ambito del Piano stralcio per l’area tematica Cultura e turismo (1 miliardo di euro), approvato dal CIPE il 1 maggio 2016 Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) 2014-2020, e finalizzato ad un’azione di rafforzamento dell’offerta culturale del nostro Paese e di potenziamento della fruizione turistica, con interventi per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e nell’ottica di ampliamento delle risorse culturali materiali e immateriali, con particolare riguardo al Sistema museale italiano. Il progetto si inserisce nel contesto del museo diffuso che valorizza l’importanza dei cammini e vede il coinvolgimento di tutti i territori interessati dall’antica consolare.