rivolto ai giovani di Slow Food Italia, organizzato da Slow Food Youth Network in collaborazione con l’associazione Libera e la cooperativa “Terre di Puglia-Libera Terra”. Location dell’iniziativa è masseria Canali di Mesagne, simbolo della lotta alle cosche mafiose. «Conosciamo poco il nostro cibo e siamo preoccupati di quali effetti potrebbe avere sulla salute. Ma conosciamo ancor meno quali effetti abbiano la produzione e la distribuzione del cibo sull’ambiente e sulla giustizia sociale». Da questa premessa è iniziato il primo campo formativo Il campo, che si inserisce all’interno del progetto “E!State Liberi”. Campi di impegno e formazione sui beni confiscati, pensati per offrire ai partecipanti un quadro dettagliato sull’influenza della mafia sul sistema alimentare, sul caporalato, sul riuso sociale dei beni confiscati alle mafie. Consideriamo anche questa una prova e un avvicinamento a quanto stabilito al Congresso internazionale di Chengdu, quando si è voluto affermare l’importanza e la necessità di fare rete e di unire le forze con altre organizzazioni che lavorano per affermare gli stessi valori. I dati parlano chiaro: mentre l’economia italiana attraversa una fase di stagnazione, il volume d’affari che ruota attorno alle agromafie continua a crescere, completamente immune alle tensioni sul commercio mondiale e alle barriere circolazione delle merci e dei capitali. “La criminalità riesce ad insinuarsi perfettamente nella filiera del cibo, dalla sua produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita, con tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano l’abito “militare” per vestire il “doppiopetto” e il “colletto bianco”, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza tanto che ormai si può parlare ragionevolmente di mafia 3.0”, hanno spiegato i volontari di Slow Food, leggendo il sesto Rapporto sui crimini agroalimentari che individua un giro d’affari almeno 24,5 miliardi di euro, che rappresentano circa il 10% del fatturato complessivo criminale del Paese. Contraffazioni, traffico illecito di animali, italian sounding, inganno nel piatto nella ristorazione pubblica e privata: le organizzazioni mafiose si sono insinuate e senza grosse difficoltà lungo tutta la filiera. Tra le diverse attività, il campo prevede una visita alla cooperativa Terre di Puglia- Libera Terra che gestisce Masseria Canali, un bene confiscato alla Sacra Corona Unita e oggi azienda agricola biologica parte del consorzio di Libera Terra, che presenterà i progetti di agricoltura sostenibile sul quale è impegnata. Tra gli ospiti del campo ci sarà anche Davide Palmisano, figlio di Marcello Palmisano, il giornalista Rai vittima innocente della criminalità organizzata legata alle multinazionali delle banane in Somalia negli anni ‘90 (la cosiddetta guerra delle banane). La conoscenza di filiere sane e sostenibili è una delle parti fondamentali del campo che prevede visite ai luoghi delle buone pratiche presenti nella provincia di Brindisi nella comprensione di che cosa significhi qualità e tipicità dei prodotti agroalimentari. Valerio d’Amici, referente Libera a Brindisi, spiega come «l’impegno contro le mafie e la corruzione non può prescindere dal confronto diretto con chi ha subito sulla propria pelle la violenza mafiosa. È un esempio il Presidio Libera di Ceglie Messapica, dove i ragazzi ascolteranno la testimonianza di alcuni familiari delle vittime cegliesi di caporalato».
Breaking News :