Mesagne. Curare gli alberi e non ucciderli è segno di civiltà

Antonio Capodieci Giugno 11, 2015 3262

stadio vecchio alberi abbattuti 3E’ stato ucciso un albero!

Quando avrete estirpato tutti gli alberi, quando avrete piastrellato l’ultimo centimetro di terra viva e libera a Mesagne, solo allora, forse, vi renderete conto che avrete creato un deserto di morte.

Tristi, tristissime, notizie mi giungono dalla mia amata Mesagne. I “giganti del campo”, cosi li ho sempre immaginati gli eucalipti dell’ormai ex stadio sono stati uccisi, si uccisi perché gli altri termini, quelli corretti, eradicati, estirpati, non rendono l’idea!

Un groppo alla gola mi assale, mi ritorna in mente la mia infanzia, la mia adolescenza, quando cercavo la loro ombra nelle assolate mattine di ritorno da scuola, quando li osservavo giganteschi e immutabili agli occhi umani eppure vivi.

Immutabili si, finché, vigliaccamente, la politica, ceca burocrazia, e a quanto si dice uno sparuto gruppo di avidi concittadini bisognosi di parcheggio, hanno deciso che quegli alberi andavano uccisi, e con loro anche una parte della nostra fantasia. Ora non ci sono più, ciò che era vivo e buono, anche per noi umani, ora è morto rifiuto è spazzatura.

Erano stati piantati nel 1951 oltre 60 anni addietro, e non posso non pensare alla fatica al lavoro di coloro che li hanno messi a dimora, che li hanno accuditi e curati, come si fa con i bambini, fino a farli diventare grandi e maestosi, finche qualcuno privo di cuore e di altri organi di essenziale importanza, li ha uccisi. Tutto questo si aggiunge allo scempio della Villa Comunale.

La colpa di quanto è successo è di tutti noi. Colpa chi ha deciso, colpa chi ha eseguito, colpa chi, come noi, che ci fregiamo del titolo di Cittadinanza Attiva, non ha vigilato. Nessuno si senta escluso.

Non posso non pensare al fatto che l’8 Dicembre dello scorso anno io e la mia famiglia abbiamo destinato 4000 metri quadrati del nostro terreno a diventare bosco.

Insieme con altri amici abbiamo passato una meravigliosa giornata a piantare alberi coinvolgendo tante persone, che una zappa non l’avevano mai presa e un albero non lo avevano mai piantato.

Bambini, ragazzi, giovani, anziani, ingegneri, architetti, avvocati, abilissimi artigiani, dirigenti di banca, maestri e professori, le più svariate categorie si sono cimentate quel giorno in un gesto, che oggi, appare ancor più rivoluzionario. Ed era bellissimo vederli correre con queste piantine e vederli discutere su quale essenza mettere in un certo posto.

Era bellissimo vederli impegnati a creare la vita. Certo ora sono alberelli piccoli pochi centimetri, ma con il tempo e con la cura diventeranno dei giganti. Noi, ingenui e sognatori, non ne potremo mai godere. Godremo solo della fatica che occorrerà per farli crescere, ma le mie figlie o i loro figli e i figli dei loro figli, forse dedicheranno un pensiero a coloro che hanno creato quel bosco e godranno dell’ombra e della vita che in quel bosco avrà dimora.

Il sogno del bosco è stato sposato anche da mio padre, ormai ultra ottantenne, sta dedicando al “Bosco della Speranza” tutte le sue energie, in questa estate in cui sono lontano da Mesagne.

Prima di venire qui un caro amico mi dice: ”Antonio a Sydney c’è un ragazzo di Brindisi, devi metterti in contatto. E’ uno bravo, uno con cui abbiamo piantato gli alberi insieme”.

Aveva ragione e credo che d’ora in poi occorrerà dividere le persone tra coloro che piantano gli alberi e coloro che li uccidono.  

Ultima modifica il Giovedì, 11 Giugno 2015 08:48