La manifestazione unitaria dello Spi/Cgil, Fnp/Cisl e Uilp/Uil del 5 luglio scorso, ha denunciato criticità e disagi sanitari territoriali, che si riscontrano nel fare appello in un nuovo modello di sistema organizzativo per affrontare le emergenze ospedaliere e territoriali su tutto il territorio, per effettuare una rete di qualità, per realizzare un’efficace rete per la cura delle malattie, abbattere le liste d’attesa e incrementare i fondi della non autosufficienza. La richiesta è quindi, per avere un diritto alla salute basato su una sanità più efficiente e di qualità. La certificazione purtroppo è nel disagio, che secondo gli dati Censis, relativi al 2014, denunciano che il 72,6% dei cittadini ha subito le interminabili liste d’attesa della sanità pubblica e che il sistema sanitario è stato costretto a ricorrere a prestazioni sanitarie private, assumendosi costi e oneri che hanno inciso pesantemente sul budget familiare dell’ammalato e costringendo le famiglie più povere a rinunciare a curarsi (11 milioni i cittadini poveri in Italia).
Eppure lo spirito della legge quadro 328/00, voluto fortemente dal sindacato unitario Spi, Fnp, Uilp, evidenzia nella norma, il diritto di tutti i cittadini ad avere un sistema di assistenza e tutela garantito nella sua determinatezza di essere moderno e lungimirante nel miglioramento qualitativo della vita, delle pari opportunità, nella non discriminazione socio-sanitaria e nella richiesta dei diritti.
Oggi però, si corre il serio rischio che i principi ispiratori della legge (universalità, autogoverno e partecipazione dei cittadini), siano messi da parte.
La criticità è riscontrabile proprio nella sua “Universalità” dei servizi per il bene comune, tradendo lo spirito della legge verso i soggetti più fragili e aventi bisogno.
Il Piano di Riordino Sanitario Regionale è secondo la Uil pensionati territoriale, solo un insieme di tagli senza criterio e di carattere ragionieristico. La mancanza tra gli obiettivi, è nella visione lungimirante e condivisa tra le parti, di una sanità in grado di prevenire, intercettare e fare proprie le emergenze, le istanze e le necessità reali dell’individuo, della collettività, dei cittadini e del territorio.
L’emergenza si combatte con una progettualità seria e partecipata, ma che non sia penalizzante verso gli ammalati dimezzando gli ospedali.
La mobilità passiva, la spesa farmaceutica e la sanità privata sono temi caldi per chi soffre.
Lo stesso personale con difficoltà affronta le emergenze di un territorio che, in questo periodo estivo, ha una crescita della popolazione del 30% e di un aumento di prestazioni in particolare pensionati e persone non autosufficienti.
La legge 328/00 è contro la disparità di trattamenti fra Regioni, comuni e distretti territoriali. Già la forbice tra la regione Puglia e la percentuale media nelle regioni italiane è notevole, visto che il rapporto posti letto/abitante è elevato (3,70 contro 3,40 per mille abitanti) che viene alimentato
almeno nel territorio brindisino da una costosa e faticosa mobilità passiva provinciale, interregionale e nazionale.
L’art. 32 della Costituzione italiana ne assicura il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Il Decreto del 19 giugno 2015 concentra le sue finalità sull’aumentare la qualità dell’assistenza, la sicurezza delle cure e l’uso appropriato delle prestazioni concentrando nell’ospedale le attività su patologia. Ci si chiede nel territorio brindisino del perché non convertire gli Ospedali in aree specialistiche di Eccellenza?
Il bisogno è complesso. La presa in carico ha bisogno di continuità, di pronta disponibilità di accessi specialistici programmati e al bisogno che siano di alto livello d’integrazione socio-sanitario.
Per la Uil pensionati l’Anziano solo ha bisogno di non essere discriminato, ma di assistenza domiciliare protetta e di assistenza residenziale. Secondo il sindacato occorre pensare alla ricostruzione di un progetto di vita che vada oltre il PAI (piano di assistenza individuale) nella garanzia di avere un’assistenza individuale e nell’interesse della collettività poiché nel futuro non molto lontano, avremo una popolazione over 65 enne superiore al 33 per cento e che possa gestire la quotidianità dell’anziano ammalato ricostruendo il legame interrotto con la comunità, la società dandogli sostegno – accompagnamento, tutela e stabilità affettiva.