intitolato a un suo "figlio" che si è ribellato alle cosche mafiose e ha pagato con la propria vita questa decisione. Perché in un paese civile il ricordo della memoria è importante. Al contrario a Siziano, Comune di 6 mila abitanti in provincia di Pavia, il prossimo 24 marzo l'Amministrazione comunale intitolerà una via a Marcella Di Levrano, la giovane mesagnese trucidata nel 1990 a colpi di pietra perché si era ribellata alla Scu. Aveva deciso di farlo per dare un futuro migliore alla propria figliola. La storia di Marcella è una cold case tuttora priva di soluzione. Marcella, seconda di tre sorelle, fu uccisa a colpi di pietra il 5 aprile del 1990 il suo corpo fu ritrovato con il volto sfigurato nel boschetto in contrada Lucci, nelle campagne tra Mesagne e Brindisi. Finita nel giro della droga Marcella voleva uscirne per proteggere la sua bambina, avuta dal rapporto con un uomo che l’aveva abbandonata, e dargli un futuro diverso dal suo. Non gli fu permesso poiché la mafia temeva che potesse parlare con gli investigatori e mettere a rischio l’organizzazione criminale. Marcella, infatti, fin da adolescente aveva un diario su cui annotava tutta la sua vita. Sia i momenti belli sia quelli difficili. Probabilmente fu proprio quel diario a far tremare i sodali dell’organizzazione criminale che gestiva il traffico di droga temendo che quelle parole, quelle righe, potessero aiutare gli investigatori a comprendere il tutto e smantellare il giro che fruttava all’organizzazione centinaia di milioni di lire. Fu la sua condanna a morte. A oggi nessuno ha mai confessato quell’omicidio né tanto meno nessuno è mai riuscito a risolverlo. Alcuni sospetti ci sono sempre stati ma prove per inchiodare i killer alle loro responsabilità non ne sono state mai trovare. Nemmeno i collaboratori di giustizia hanno saputo, o voluto, fare luce su questo efferato omicidio. I sodali della Sacra corona unita, infatti, non hanno mai fornito i dettagli per incastrare l’assassino. Nel 2016 a Seriate, Comune in provincia di Bergamo, Libera dedicò a Marcella un appartamento confiscato alla mafia e utilizzato per scopi sociali. Ma nulla a Mesagne, città che si erge a vessillo dell'antimafia, dove il ricordo di Marcella sembra sbiadito dal tempo. «E' una notizia che commuove, che ti riempiono il cuore di gioia, ti inducono a coltivare senza sosta l'esercizio della memoria per le vittime dei poteri criminali-mafiosi con un impegno civico che non deve conoscere tentennamenti», ha spiegato Fernando Orsini, già presidente del Consiglio comunale e uno dei massimi esponenti politici impegnato sul fronte dell'antimafia. La storia di Marcella, per molto tempo sepolta come lo era stata lei prima di essere ritrovata nel bosco “Lucci”, grazie alla tenacia e alla determinazione della madre Marisa, sostenuta da "Libera", ormai è una storia che migliaia di ragazzi delle scuole di ogni parte d'Italia hanno imparato a conoscere, ascoltando proprio le parole con le quali Marisa ha raccontato la "vita" di Marcella. L'errore è archiviare la storia di Marcella dalla coscienza civile di una città e di una comunità che, al contrario, deve necessariamente essere disseppellita dall’oblio in cui è stata avvolta per oltre due decenni.
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