con la produzione in caduta libera, non si vedeva da tempo. A metà novembre si può dire che, ormai, volge al termine. Purtroppo, minore produzione significa minori guadagni per le aziende del comparto che in questo modo chiudono in rosso i bilanci. Tante le cause che hanno portato al default produttivo. Primi tra tutti il maltempo che ha imperversato per mesi sulla provincia di Brindisi, dalla tromba d’aria ai nubifragi di qualche settimana addietro. Con l’ultima tromba d’aria, ad esempio, il bollettino è divenuto catastrofico. Sono quasi 7mila gli ulivi, anche secolari, strappati dal vento, sradicati o spaccati in due, strutture e muretti ridotti in pezzi, canali esondati e distrutti dalla violenza dell’acqua e del vento. Il comparto olivicolo è in ginocchio e conta i danni di un clima ostile e impietoso e di calamità naturali di gravità incalcolabili. “La stima del danno ormai è salita a 1 miliardo e 600 milioni di euro, perché al crollo produttivo in termini di olive e olio va sommata la perdita del patrimonio strutturale degli ulivi”, hanno spiegato da Coldiretti. Per il ripristino del potenziale produttivo serviranno risorse ingenti e straordinarie. In questo contesto è necessario che il Piano Olivicolo Nazionale investa e punti sull’intera regione che produce oltre il 50% dell’olio extravergine italiano, per potenziare una filiera olearia che in Puglia vale 750milioni di euro e che ancora nei primi 6 mesi del 2018 ha visto crescere le esportazioni del 2,1% per un valore di 66 milioni di euro. “L’olio extra vergine che stiamo producendo nei nostri frantoi oleari è di qualità eccellente tanto che la sua remunerazione ripagherà gli sforzi di quei produttori olivicoli che sono stati maggiormente attenti e preparati”, ha spiegato Carmelo Dellimauri, presidente della cooperativa “Alcide De Gasperi” di Mesagne. Nonostante ciò, le organizzazioni di categoria sono preoccupate che la brusca diminuzione di quantità di olio extravergine della presente annata faccia crescere le importazioni di olio dall’estero, perché se fosse così al danno si aggiungerebbe la beffa. Se si vuole acquistare un vero olio extravergine, 100% italiano, bisogna fare attenzione ai prodotti venduti a meno di 7-8 euro al litro che non coprono neanche i costi di produzione. Inoltre, i 3 elementi da tenere sempre d’occhio sono prezzo, anno di produzione e scadenza. Così, di fronte al moltiplicarsi di frodi e speculazioni, con olio di bassa qualità venduto come extravergine o olio straniero spacciato per italiano, bisognerebbe stringere le maglie della legislazione per difendere un prodotto simbolo del “Made in Italy” e della dieta mediterranea e togliere il segreto sulle importazioni di materie prime alimentari dall’estero perché sapere chi sono gli importatori e quali alimenti importano rappresenta un elemento di trasparenza e indubbio vantaggio per i consumatori e per la tutela del ‘made in Italy’ agroalimentare. “Il flusso ininterrotto di prodotti agricoli che ogni giorno dall’estero attraversano le frontiere serve a riempiere barattoli, scatole e bottiglie da vendere sul mercato come Made in Italy”, hanno precisato da Coldiretti che ha annunciato, da questa settimana, azioni di mobilitazione “per rivendicare interventi urgenti di bonifica e tutti i provvedimenti utili ad aiutare le imprese olivicole in grave crisi di liquidità”.
Le avverse calamità atmosferiche delle ultime settimane hanno minato l’attuale campagna olearia che ormai volge al termine con migliaia e migliaia di quintali di olive che sono andati perduti. Chi sta seguendo direttamente l’evolversi dell’evento è la Coldiretti di Brindisi con il presidente Filippo de Miccolis Angelini.
Presidente siamo davanti a un’annata olearia disastrosa su tutti i fronti
“Le previsioni già disastrose del crollo del 58% della produzione di olio, a causa del maltempo che ha imperversato nel 2018 in Puglia, si sono decisamente aggravate dopo la tromba d’aria e i violenti nubifragi che hanno colpito la provincia di Brindisi. Il bilancio negativo è salito fino a punte del 65 – 70% di perdita di produzione olivicola e olearia”.
Cosa ha inciso maggiormente sulla perdita di prodotto
“La tropicalizzazione del clima sottopone ormai ciclicamente ed in ogni stagione l’agricoltura alla violenza di nubifragi e bombe d’acqua che si abbattono su un territorio fragile, dove l’incuria e la mancanza di opere di manutenzione ordinaria dei canali e delle reti di scolo aggravano la situazione. La violenza dei fenomeni ha effetti diretti sulle produzioni e incide sulla stessa programmazione colturale che sta subendo modifiche e adattamenti per scongiurare il peggio”.
Questa situazione di criticità sta incidendo sulla qualità di olio che si sta ottenendo?
“Nelle aree dove le olive non sono andate perdute, grazie alla grande professionalità dei nostri imprenditori olivicoli, la qualità dell’olio sarà all’altezza dei mercati ed in grado di rispondere ai consumatori sempre più preparati e attenti ad un consumo consapevole”.
Secondo lei c’è il rischio che nel prossimi futuro il mondo agricolo brindisino perda la produzione olivicola?
“Certamente assistiamo ad un brusco ridimensionamento che in alcune zone toccherà anche il 70%, con evidenti effetti anche sul lavoro dei frantoi”.
La Xylella che danni sta producendo in provincia di Brindisi
“Il solo fatto che la Xylella sia arrivata in provincia di Brindisi è motivo di grande preoccupazione. E’ evidente che le misure di contenimento non sono mai state attuate in maniera opportuna e ne stiamo pagando le conseguenze. Basti pensare che nei comuni di Oria e Francavilla Fontana, solo per non aver estirpato i primi pochi alberi infetti, è stato registrato l’85 per cento dei nuovi casi positivi. A partire dalla definizione di norme speciali che consentano di superare i blocchi all’abbattimento delle piante anche nelle aree tutelate e di impedire che il ricorso alla giustizia amministrativa regionale del Tar, possa diventare un impedimento alla difesa degli interessi della collettività e del bene comune, alla dotazione specifica del Fondo di Solidarietà Nazionale, dalla moratoria dei mutui, al Piano Olivicolo Nazionale e la zonazione”.
Queste sono solo alcune delle sollecitazioni contenute nel documento in 14 mosse, illustrato da Coldiretti Puglia al Ministero, per dare un contributo utile alla scrittura del ‘Decreto Xylella’ che “rappresenti veramente una svolta, sia condiviso da agricoltori, frantoi cooperativi e privati e vivaisti e da tutti i territori con il primo vero piano di comunicazione istituzionale e che dia immediatamente corso agli investimenti, per cui serve una cabina di regia che riunisca i livelli nazionale e regionale per una strategia efficace contro la Xylella”.
Come vede il futuro del comparto e come bisognerebbe muoversi
“Serve una strategia condivisa che metta insieme le imprese agricole e le istituzioni, con una forte sbrurocratizzazione del settore. La burocrazia fa perdere fino a 100 giorni di lavoro all’anno che vengono sottratti all’attività degli agricoltori che hanno bisogno di essere sostenuti e non ulteriormente appesantiti dalla pubblica amministrazione”.
Purtroppo il batterio killer degli olivi, la Xylella, avanza inesorabilmente anche in provincia di Brindisi causando danni irreversibili al patrimonio olivicolo. La certezza è che nei prossimi anni bisogna convivere con la malattia.
Se dal 2013 tutta la comunità pugliese avesse avuto la forza di guardare in faccia il problema, e risolverlo, oggi non saremmo in queste condizioni. “I batteri vegetali non hanno cura, l’unico sistema per rallentare le infezioni è ostacolare il vettore unitamente all’abbattimento degli alberi infetti quale fonte inesauribile di inoculo infettivo”, ha spiegato il consulente fitosanitario, Pietro Sumerano per il quale “sin dall’inizio sarebbe stato sufficiente eliminare qualche centinaio o, nella peggiore delle ipotesi, qualche migliaio di olivi malati per salvare milioni e milioni di altri sani”. Il tanto criticato piano Silletti aveva questo come obiettivo.
“Un piano sicuramente migliorabile e reso più sostenibile se la politica avesse avuto la compiacenza di guardare meno al consenso elettorale e più alla salvaguardia del territorio”, ha proseguito l’esperto sottolineando che “evidentemente un manipolo di agricoltori vale pochi voti rispetto al resto dei tanti venditori di fumo, sognatori e filosofi dell’ultima ora”. Secondo Sumerano “la politica, per esempio, avrebbe potuto chiedere con più forza e maggiore determinazione che le eradicazioni fossero fatte in maniera chirurgica e non con il sistema dei 100 metri di raggio, almeno dove le piante sono di un certo valore storico paesaggistico e culturale”. Intanto, parte della provincia di Brindisi si prepara alla forte avanzata delle infezioni, ormai al limite tra il territorio di Carovigno, San Vito Latiano, San Michele, Ceglie, Ostuni e Cisternino, cosi come è successo nella provincia di Lecce. Le azioni di monitoraggio e le misure di contenimento del batterio sono appena sufficienti per rallentare la malattia ma non per sconfiggerla. “Le infezioni, oramai, hanno un peso notevolissimo e interesseranno tutta la rimanente parte della regione”, ha osservato l’esperto. Cosa si può fare? “Molto ancora, per nostra fortuna”, ha precisato Sumerano -. Osservare le prescrizioni dettate dalla normativa effettuando scrupolosamente tutte le indicazioni suggerite per allungare quanto più possibile la vita ai nostri olivi. La scienza e la ricerca con la selezione di varietà resistenti, speriamo anche immuni, e la pratica degli innesti con varietà attualmente resistenti, come la Fs17 ed il Leccino, ci fanno intravedere un po’ di luce in fondo al tunnel. Non dobbiamo rassegnarci alla sconfitta in nome del rispetto dei nostri padri e del dovere nei confronti dei nostri figli”.