Milanese (Osa): così abbiamo difeso i vostri cari In evidenza

Tranquillino Cavallo Aprile 28, 2020 2877

MILANESE GIUSEPPE PRESIDENTE NAZIONALE OSA E CONFCOOPERATIVE SEZIONE SANITà 1Giuseppe Maria Milanese, 55 anni, mesagnese di origine e romano dadozione,

è fondatore, 35 anni addietro, e presidente della cooperativa Operatori Sanitari Associati (con oltre 4mila soci in tutta Italia) e presidente nazionale di Confcooperative Sanità. La crisi aperta dalla pandemia da Coronavirus nel settore sanitario lo ha visto tra i protagonisti positivi della fase più delicata. Da Nord a Sud, Osa si è distinta per attività che hanno costituito un modello per altre esperienze nazionali. In provincia di Brindisi è presente con alcune strutture a Mesagne e Ostuni.

Presidente Milanese, sembra molto orgoglioso di ciò che si è consumato in questi ultimi due mesi e rivendica la situazione di tranquillità vissuta nelle Rsa di Ostuni e Mesagne.

«Certamente, tutti i tamponi effettuati, a lavoratori e ospiti, sono risultati negativi e questo non era scontato. Sono grato ai nostri medici, agli infermieri, agli operatori che hanno messo in campo un impegno eccezionale, profondendo il massimo scrupolo professionale ed umano».

Secondo lei perché diverse Rsa presenti sul territorio si sono trovate impreparate allo tsunami del Covid-19 rimanendo falcidiate?

«Io so quello che abbiamo fatto noi. Abbiamo attivato la nostra Unità di Gestione del Rischio che, prima dei protocolli nazionali e regionali, ha saputo quali indicazioni impartire ai lavoratori sul campo. Abbiamo subito optato per una scelta dolorosa: quella di chiudere prima di chiunque le strutture ai familiari, spiegandone le ragioni e provando a lenire le preoccupazioni dei parenti con un efficace sistema di videochiamate quotidiane. Grazie ad una consolidata rete di rapporti commerciali, siamo riusciti immediatamente a reperire sul mercato i Dpi adeguati, potendo quindi dotare il nostro personale sanitario delle protezioni adeguate”.

Poi avete attivato il triage.

“Con un triage ad ogni turno abbiamo monitorato la salute di chi entrava nelle residenze e, al primo anche lontano sospetto, lo abbiamo lasciato a casa. La nostra organizzazione, dai tempi dellAids, passando per le infezioni di Tbc e Klebsiella, che abbiamo dovuto contrastare negli anni, era preparata a fronteggiare eventi correlati a contagi, con una struttura appositamente dedicata nella Direzione sanitaria aziendale, anche se questo è andato oltre ogni pessimistica previsione. Quindi procedure chiare, tutela con mezzi di prevenzione, tempestività nelle decisioni e un po’ di cielo che non guasta».

Secondo lei cosa bisogna fare adesso per la fase 2.

«La fase 2, da un punto di vista del pianeta Salute, dovrebbe essere già cominciata 20 anni addietro. Scontiamo un ritardo spaventoso che oggi si è palesato in una serie di inefficienze scaricate sulla pelle di incolpevoli cittadini. È tutta la vita che mi spendo, nei diversi ruoli di responsabilità a cui sono stato chiamato, per perorare la causa di un sistema sanitario integrato, cioè che non preveda lospedale come inizio e fine delle cure del paziente (opzione che si è dimostrata fallace), ma che contempli una filiera che va dal medico di medicina generale, alle farmacie di servizi, agli erogatori di assistenza sociosanitaria, in continuità con lospedale. Sarebbe stato fondamentale in tutti questi anni in cui si è colpevolmente trascurato il tema dellinvecchiamento degli italiani e delle malattie croniche ma, alla luce di una crisi mondiale scatenata dalla pandemia, è diventato cruciale».

 

Ultima modifica il Martedì, 28 Aprile 2020 08:49