Operazione Old Generation della Polizia di Stato (video)

Settembre 25, 2020 2442

Nel corso della nottata, la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Lecce, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di 13 soggetti, 8 dei quali in carcere e 5 sottoposti alla misura cautelare della presentazione alla P.G..

L’attività investigativa, diretta e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, trae origine da una serie di accadimenti delittuosi verificatisi in Brindisi e Provincia a far data dal 2015, accadimenti che hanno avuto una particolare recrudescenza in concomitanza con la scarcerazione di alcuni boss mafiosi sia di questo centro che di Mesagne.

Nell’ambito del p.p. 10291/2015 R.G.N.R. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, si comunica che il GIP dr. E. D’AMBROSIO, su richiesta del P.M. presso quella Direzione Distrettuale Antimafia – D.ssa Giovanna CANNARILE - ha emesso Ordinanza di applicazione di misura della custodia cautelare in carcere  – nr. 8971/2016 RG GIP, datata 14 settembre 2020 - nei confronti di:

- CAMPANA Francesco,  classe 1973- COLUCCI Enrico, classe 1954

- DI LAURO Alessandra, classe1966

- DONATIELLO Giovanni, classe 1961

- MONTEFORTE Cesario, classe 1966

- PAGLIARA Angelo, classe 1963

- SIGNORILE Antonio, classe 1970

- VALENTI Teodoro,  classe 1973

e contestuale la misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla P.G. nei confronti di:

- MARA Riza, classe 1989

- MONTEFORTE Giuseppe, classe 1986

- MONTEFORTE Lucia, classe 1968

- SPERTI Marco, classe 1987

- SPERTI Simone, classe 1997
2020 09 25 150055
2020 09 25 150114
2020 09 25 150135
2020 09 25 150156
2020 09 25 150212

La misura cautelare in parola scaturisce da una complessa ed articolata attività investigativa svolta con sofisticate attività tecniche e con metodologie di indagine classica che hanno consentito di monitorare soggetti e vicende delittuose in un contesto associativo di stampo mafioso operante nella città di Brindisi e provincia. In particolare, tutti gli elementi acquisiti consentono di dimostrare l’attuale operatività in questo territorio dell’associazione mafiosa “Sacra Corona Unita” e nello specifico di quella frangia storica facente capo a Francesco CAMPANA, attiva sul territorio dell’intera provincia. L’attività investigativa, che ha consentito di delineare i nuovi assetti ed i ruoli all’interno della consorteria criminale riferibile al clan CAMPANA, vede protagonista nella provincia di Brindisi, già dal 2015, un sodalizio criminale rivelatosi con una puntuale delineazione strutturale, con attribuzioni di ruoli e gradi propri delle consorterie mafiose, riconducibile alla S.C.U.  Fine ultimo del sodalizio risiede nella commissione di una serie di reati con particolare riferimento alle estorsioni, avvalendosi di un rinsaldato controllo del territorio e dell’assoggettamento delle vittime al modus operandi particolarmente intimidatorio dei consociati, forti del vincolo associativo e di sangue che al contempo consente loro di permeare e radicare l’interno di un tessuto sociale favorevolmente omertoso.

L’associazione risulta dotata di una struttura gerarchica ben definita all’interno della quale ciascuno dei membri ricopre ruoli e compiti ben definiti. Francesco CAMPANA, nonostante lo stato di detenzione, è riuscito a mantenere contatti con gli affiliati anche per il tramite della compagna, Lucia MONTEFORTE, che con regolare frequenza si reca a fargli visita. La MONTEFORTE,  a sua volta, mantiene i contatti con gli altri compartecipi dell’organizzazione malavitosa. Nella struttura verticistica della frangia brindisina della S.C.U., ad un gradino immediatamente più basso rispetto al capo indiscusso, si è collocato per diverso tempo Cesario MONTEFORTE, detto Rodolfo. Questi, fratello di Lucia MONTEFORTE, è divenuto il punto di riferimento  per la criminalità brindisina, in quanto, sebbene sia stato più volte detenuto, ha ricevuto, evidentemente da Francesco CAMPANA, la investitura ad organizzare il sodalizio criminoso  nella città di Brindisi. Le disposizioni impartite dal MONTEFORTE giungevano all’esterno del carcere, durante il suo stato di detenzione, con estrema facilità grazie al ruolo di portavoce, svolto dalla compagna Alessandra DI LAURO.

La posizione criminale di Antonio SIGNORILE emerge dall’attività tecnica che consacra la sua appartenenza all’organizzazione mafiosa denominata Sacra Corona Unita ed, in particolare, il suo ruolo di reggente del gruppo operante in seno al predetto sodalizio. SIGNORILE è il referente diretto di Cesario MONTEFORTE inizialmente per il tramite della moglie di quest’ultimo, Alessandra DI LAURO, quando lo stesso era detenuto.

Tra le persone organiche al sodalizio vi è anche Teodoro VALENTI, detto Rino, personaggio legato alla criminalità comune e che, da ultimo risulta essersi avvicinato al gruppo CAMPANA unitamente al genero MARA Riza. Tanto il VALENTI quanto il MARA risultano attivi nelle estorsioni in danno di pregiudicati locali che, in tal modo venivano costretti a corrispondere somme mensili di denaro alla organizzazione, motivate nello specifico per il mantenimento in carcere del MONTEFORTE Cesario. Agli stessi viene contestata l’aggravante di aver agito quali appartenenti all’associazione mafiosa.

VALENTI Teodoro e MARA Riza sono, altresì, ritenuti responsabili di una serie di illeciti e violenti comportamenti nei confronti di alcuni soggetti, rei di non essersi prodigati abbastanza in favore della consorte del MONTEFORTE, per sottometterli, senza alcuna possibilità di replica, alla volontà di quest'ultimo, avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall'appartenenza al sodalizio mafioso vicino a DONATIELLO Giovanni nella provincia brindisina, con imposizioni effettuate nei confronti di piccoli imprenditori locali, anche per assicurare il necessario supporto economico agli affiliati detenuti ed alle loro famiglie.

COLUCCI Enrico è ritenuto, invece, responsabile  del delitto di estorsione tentata perché, manifestando la sua appartenenza a locali gruppi mafiosi, mediante minacce attuate nei confronti di imprenditori, realizzava intenti criminosi  finalizzati alle richieste estorsive così come specificatamente concertate all’interno dell’organizzazione criminale della S.C.U.

Gli elementi di prova raccolti nei confronti di MONTEFORTE Giuseppe e MONTEFORTE Lucia dimostrano che gli stessi hanno assunto nella vicenda un ruolo di concorrente "esterno" che seppure non ''fa parte" dell’associazione, fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla stessa. Gli stessi risultano indiziati  del delitto di cui all'art. 416 bis, c.p. e 71 D.L.vo n. 159/2011 per avere fatto parte o continuato a far parte dell'associazione di tipo mafioso denominata "Sacra Corona Unita", territorialmente strutturata in diverse articolazioni, ciascuna con un proprio referente, ed avente influenza nelle province di Brindisi e Lecce, connotata da forte carica d'intimidazione e dalla fama criminale acquisita nel tempo con la lunga e stabile presenza sul territorio.  I predetti MONTEFORTE, in concorso con altri, sono ritenuti responsabili di una serie indeterminata di reati con particolare riferimento ad una diffusa attività estorsiva in danno degli esercenti attività commerciali e degli imprenditori agricoli per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e per altri; per assumere il controllo o esigere il rendiconto di qualsiasi attività illecita da chiunque svolta, comportante significati profitti; per mantenere il controllo del territorio ed acquisire disponibilità finanziaria, anche per assicurare il supporto economico agli affiliati detenuti ed alle loro famiglie.

PAGLIARA Angelo risulta responsabile del delitto di estorsione perché, avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall'appartenenza all'associazione di tipo mafioso denominata "Sacra Corona Unita" ed in particolare del gruppo avente come diretto referente DONATIELLO Giovanni, contattando in più occasioni imprenditori brindisini, in atti identificati, facendo forza su un intervento "impositorio", quale chiara ed evidente dimostrazione ed attestazione di controllo del territorio da parte del proprio gruppo mafioso e tale da creare uno stato di sottomissione e paura, costringeva gli stessi a consegnare una somma di denaro necessaria per il sostentamento economico proprio e degli altri affiliati liberi e detenuti, nonché delle rispettive famiglie; con le aggravanti di aver agito quale appartenente all'associazione mafiosa.

Si accertava, inoltre, che PAGLIARA Angelo sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. per la durata di anni tre con l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza contravveniva ripetutamente alle prescrizioni imposte.

SPERTI Marco e SPERTI Simone ritenuti responsabili dei delitti di percosse e lesioni, aggravate dall’avere agito con metodo mafioso (416 bis c.p.), in particolare della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, ponendo in essere le condotte in pieno giorno ed in centro abitato, contando sul fatto che nessuna circostanza relativa all’aggressione sarebbe stata riferita alle Forze dell’Ordine  da chi l’aveva subita.

DONATIELLO Giovanni, in concorso con gli altri indagati, è ritenuto responsabile del delitto di cui all'art. 416 bis, c.p. per avere fatto parte o continuato a far parte dell'associazione di tipo mafioso denominata "Sacra Corona Unita", territorialmente strutturata in diverse articolazioni, ciascuna con un proprio referente, ed avente influenza nelle province di Brindisi e Lecce. La stessa risulta connotata da forte carica d'intimidazione e dalla fama criminale acquisita nel tempo con la lunga e stabile presenza sul territorio, anche durante il periodo di detenzione dei suoi referenti, e più in particolare della frangia storica facente capo a Francesco CAMPANA ed attiva sul territorio di Brindisi, finalizzata a commettere, avvalendosi della forza intimidatoria derivante dal vincolo associativo e dalle conseguenti diffuse condizioni di assoggettamento ed omertà che ne derivano, palesando altresì disponibilità di anni e materiale esplodente, una serie indeterminata di reati con particolare riferimento ad una diffusa attività estorsiva in danno degli esercenti attività commerciali e degli imprenditori agricoli per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e per altri. Quanto premesso per assumere il controllo o esigere il rendiconto di qualsiasi attività illecita, da chiunque svolta, comportante significanti profitti per mantenere il controllo del territorio ed acquisire disponibilità finanziaria, anche per assicurare il supporto economico agli affiliati detenuti ed alle loro famiglie.

CAMPANA Francesco (attualmente detenuto) e DONATIELLO Giovanni, entrambi già condannati per associazione di tipo mafioso, continuano a far parte della frangia storica, operativa sul territorio di Brindisi,  con un ruolo direttivo dall'interno del carcere il CAMPANA e con più ampi margini di operatività, per ragioni di libertà, il DONATIELLO, mantengono il capillare controllo del territorio e delle attività illecite, grazie all'apporto dei rispettivi affiliati. Il DONATIELLO, a partire dal giorno della scarcerazione assumeva nuovamente il ruolo di "leader" all'interno del sodalizio mafioso, anche perché, di fatto, unico personaggio di spicco in libertà, ed al lui risultano affiliati numerosi soggetti da sempre inseriti nel circuito associativo e legittimati dallo stesso ad operare sul proprio territorio di competenza.

L’attività di polizia giudiziaria ha impegnato oltre 100 uomini della Squadra Mobile brindisina, dei Reparti Prevenzione Crimine di Lecce e di Bari, un equipaggio del Reparto volo di Bari e personale della Polizia Scientifica della Questura di Brindisi.

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Ultima modifica il Venerdì, 25 Settembre 2020 15:41