Mesagne: artigiani e commercianti in profondo rosso In evidenza
C’è tanto pessimismo e non poca sfiducia negli operatori commerciali a causa di una pandemia che, in un anno di ristrettezze, ha messo in ginocchio diversi settori produttivi. Alla luce dei fatti gli operatori hanno perso la fiducia in una ripresa produttiva. Tra i settori, profondamente in crisi, c’è anche quello artigianale del confezionamento degli abiti da cerimonia. Dagli abiti da sposa a quelli per la prima comunione. Un comparto che in primavera ingranava la marcia poiché in agenda vi erano tantissime cerimonie da preparare. Oggi, invece, sono in pit-stop, solo per usare un lessico automobilistico. Ossia completamente fermi. Infatti, sia i matrimoni sia le prime comunioni sono stati azzerati dalle disposizioni legislative per prevenire i contagi da Covid-19. Nella disperazione qualche artigiano ha dato fuoco, a solo scopo dimostrativo, a un abito da sposa, oppure c’è chi ha abbassato le saracinesche e non le ha più rialzate. I ristori economici, ricevuti da parte del governo, sono stati inesistenti oppure talmente esigui da non poter pagare nemmeno i costi vivi di gestione, come gli affitti o le utenze.
Criticità che conosce bene la stilista mesagnese Irene Micelli, che in 31 anni di attività ha vestito spose e bambine, tra damigelle e prima comunione, che alla luce delle ultime disposizioni ha abbassato le saracinesche del suo atelier e non sa quando potrà rialzarle. Nel frattempo, ha contratti da tempo sottoscritti con i clienti che non sa bene come fare per onorare. Lo scorso anno ha avuto una perdita di fatturato dell’80 per cento. Quest’anno la situazione non è differente. “È dura per cercare di restare in attività – ci ha confidato la signora Micelli – basti pensare che lo scorso anno ho ricevuto solo due mesi di ristori, complessivamente pari a 1.200 euro e niente più. Intanto, ci sono da pagare gli affitti, le utenze, i fornitori. Come artigiana faccio parte del comparto tessile, che ha beneficiato di aiuti, ma con codice Ateco differente tale da non poter usufruire di nessun ristoro. Siamo andati avanti facendo delle piccole riparazioni, mascherine, cappellini che ci hanno permesso a mala pena di pagare una parte dei costi di gestione”. Tuttavia, la primavera è arrivata e con essa tra poche settimane inizieranno le cerimonie. “Il grosso problema – ha spiegato la stilista – è che abbiamo dei contratti, fatti già da molto tempo poiché di nuovi non ne stiamo più sottoscrivendo, che dovranno essere rispettati. Come facciamo a far venire i clienti in azienda, soprattutto da fuori città, per fare la prova dei vestiti? Eppure siamo ligi alle regole: distanziamento, mascherine, gel, distanziamento”.
A poche decine di metri dall’atelier “Micelli” c’è l’attività di vendita di abbigliamento intimo di Patrizia Parisi, anch’esso in grosse difficoltà. “Lo scorso anno, nel primo lockdown, siamo stati chiusi e abbiamo avuto una considerevole perdita di fatturato”, ha spiegato la signora Patrizia -. Successivamente la gente è rimasta disorientata dalle varie disposizioni tanto da non venire più ad acquistare nulla pensando che siamo chiusi. Poi c’è la vendita online, delle grandi catene commerciali, che è aumentata in maniera esponenziale a nostro danno”.
Per completare continua lo sciopero della fame dell’artigiano-gelataio, Angelo Pignatelli, giunto al 23esimo giorno di digiuno in cui ha perso 8 chili. “La politica – ha spiegato – non ha compreso bene la drammaticità che stiamo vivendo noi titolari delle partite iva”.
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