Grave atto intimidatorio. Distrutti 4 ettari di vigneto

Giugno 30, 2021 1505
I vigneti della masseria Li Veli prima di essere distrutti (Foto sito Li Veli) I vigneti della masseria Li Veli prima di essere distrutti (Foto sito Li Veli)

Un grave atto intimidatorio si è verificato la notte scorsa a Cellino San Marco dove un’estensione di circa 4 ettari di vigneto, della rinomata “Masseria Li Veli”, è stata rasa al suolo con un trattore. La scoperta del danno è stata fatta al mattino dagli operai quando sono andati in azienda e hanno constatato quanto accaduto nella notte. Un fattaccio di criminalità organizzata che ha scosso oltre che i proprietari soprattutto la piccola comunità di Cellino San Marco che si è stretta intorno alla famiglia Falvo, proprietaria dell’azienda agricola, porgendo una sincera e granitica solidarietà.

Sul posto sono giunti i carabinieri della stazione di Cellino e gli investigatori del comando provinciale che hanno rilevato i fatti e avviato le indagini. Nel 1999 la famiglia Falvo, originaria della Toscana e con oltre 40 anni di esperienza nel settore del vino, acquista e rifonda “Masseria Li Veli”, in territorio di Cellino San Marco lungo la provinciale per Campi Salentina, con la volontà di dare vita ad un progetto di grande qualità in Puglia, regione dalle antichissime tradizioni vitivinicole. La masseria sorge su un antico sito messapico dominante la piana fertile e solare del Salento. Il suo antico proprietario, il marchese Antonio de Viti de Marco, economista leccese di fama internazionale, professore universitario e deputato del Regno d'Italia, di Li Veli fece un'azienda vitivinicola presa a modello in tutto il Meridione. Oggi la masseria, impeccabilmente restaurata, è costituita da 330.000 metri quadrati di superficie di cui 3.750 comprendono uffici, zona ricettiva, locali di vinificazione, di invecchiamento e stoccaggio. Alla viticoltura sono destinati 33 ettari della proprietà, in cui prevale come forma di allevamento l’alberello pugliese.

L’azienda produce rinomati vini provenienti da uve di Negramaro, Primitivo, Susumaniello, Malvasia nera, Aleatico, Fiano e Verdeca. Quindi, una famiglia di produttori veraci che hanno mantenuto il volto della viticoltura tradizionale impiantando vigneti sia tipici locali sia internazionali. Purtroppo questo fermento di attività, che dà lustro non solo alla comunità di Cellino, ma all’intera Italia, è stata macchiata da un vile atto intimidatorio. Infatti, la notte scorsa un trattore è entrato in un vigneto di 40 mila etri quadrati e si è messo ad andare su e giù, a girare a destra e a sinistra, in un’orda distruttiva, fino a radere irrimediabilmente l’impianto. Il resto è cronaca già scritta con i carabinieri che rilevano l’atto intimidatorio e avviano le indagini. Fin qui la cronaca dei fatti. Poi c’è il disgusto per un atto concepito da menti criminali avulse a comprendere le difficili annate che l’agricoltura sta attraversando, i bilanci in rosso, il lockdown che ha prodotto danni ingenti, le difficoltà di pagare a fine settimana o mese le maestranze. Le decine e decine di famiglie che vivono grazie a questa presenza produttiva.

La voglia di mollare tutto e andarsene da questo territorio è reale.  Al mandante del fattaccio e ai suoi sodali esecutori tutto ciò non interessa. Resta, nella comunità, lo schiaffo criminale cui, però, bisogna rispondere con la solidarietà verso i proprietari e col rimettere in piedi ciò che è stato distrutto. Alla magistratura e alle forze dell’ordine il compito di dare una corretta lettura dei fatti accaduti con una risposta altrettanto rassicurante per la comunità e per il tessuto economico che, davanti a questi atti di prevaricazione criminale, si sente smarrita. 

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