E' questa la sentenza con cui nella tarda serata di giovedì il tribunale di Brindisi, sezione Unica penale in composizione monocratica, in persona del giudice, Barbara Nestore, a seguito di una lunga Camera di consiglio tenuta al termine di un complesso processo durato oltre sei anni, ha assolto Cosimo Raho, presidente dell’associazione “Sporting Club Andrea Raho” di Mesagne, difeso dall’avvocato Giovanni Luca Aresta. Il Raho era accusato di delitti contro la persona di un giovane giocatore mesagnese che durante un incontro di calcetto era rimasto gravemente ferito dalla caduta della porta di calcio sulla testa. La Procura della Repubblica di Brindisi e la parte civile avevano sostenuto la colpevolezza dell’uomo. Di seguito i fatti che, non poco, sconvolsero il 9 marzo 2009 gli ambienti sportivi della cittadina mesagnese. Raho Cosimo, che negli anni ha subito un sequestro probatorio dell’intero complesso sportivo di contrada “Vasapulli”, operato nell’immediatezza dai carabinieri e convalidato dal sostituto procuratore della Repubblica, L. Buccheri, era imputato perché "per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia", svolgendo attività di “affitto” di campo sportivo per il gioco del calcetto, con attività abusiva e con opere edilizie non autorizzate, a un gruppo di ragazzi, non manutenendo gli impianti per detto gioco né provvedendo a che le “porte” dell’impianto fossero saldamente fissate al terreno allestite, con sistemi di ancoraggio alla retrostante recinzione, in maniera tale da impedire il movimento, lo spostamento e la caduta, allorquando un giovane, nel gioco in corso, si “aggrappava” con le braccia alla traversa per rimanere sospeso, la porta crollava scaraventando a terra il giovane giocatore che subiva gravissime lesioni cranio-facciali. Al termine dell’istruttoria dibattimentale, che ha visto l’avvicendarsi di diversi sportivi e referenti del mondo calcistico mesagnese, il giudice ha accolto la tesi sostenuta dalla difesa secondo la quale, tra le tante altre, il Raho era tenuto a vigilare sul rispetto delle regole emanate dalla Figc per lo svolgimento delle gare nonché sull’applicazione delle norme di ordinaria prudenza volte a preservare la salute di coloro che usufruiscono del centro sportivo gestito dall’associazione. La difesa ha dimostrato come, avuto riguardo alla natura e violenza di cui era connotata la condotta posta in essere dal giocatore, l’essersi aggrappato alla “porta” con le spalle rivolte al campo di gioco, costituiva azione “avventata, improvvida, esorbitante rispetto alla competizione sportiva in corso".
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