Quando il tabacco era una risorsa
Il tabacco è stato per il Salento l’«unica coltura capace di dare lavoro, nella fase agricola e in quella industriale, all’enorme quantità di manodopera disponibile», soprattutto femminile; le “tabacchine”, le operaie del tabacco, saranno anche protagoniste di veri movimenti di protesta e di riscatto sociale ed economico, sia durante il fascismo che negli anni Cinquanta e Sessanta.
La prima manifattura di tabacco fu fondata nel 1752 a Lecce con Editto Reale e poi si diffuse nel resto della Puglia.
Le piantagioni di tabacco erano autorizzate da enti governativi che controllavano ogni fase della coltivazione appositamente concessa: tanto terreno e tante piante, nulla di più!
A gennaio-febbraio si procedeva alla coltivazione del tabacco; i semi erano interrati ntra la rodda (porca, semenzaio) preparata appositamente. Ntra la rodda, non più larga di un metro e lunga cinque-sei metri, era cosparso uno strato di letame, erano poi posti i semi mischiati a cenere, ricoperti di terra e, infine, la rodda era riparata dal freddo invernale con apposite stuoie. La rodda era innaffiata ogni giorno e mai lasciata senz’acqua per più di due giorni e, dopo quaranta giorni, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, le piantine, di circa dieci cm e ormai da trapiantare (šcantari), erano raccolte e messe a dimora (a ffilaru) nel campo ad una distanza di almeno venti centimetri una dall’altra.
Le piante di tabacco potevano raggiungere altezze ben superiori al metro; il clima caldo ed umido, la particolarità del terreno, favorirono l’introduzione e la coltivazione della migliore qualità di tabacco (Africa, Alfa, Indigena, Nazionale, Tre Stelle).
A più riprese e sempre a mano, dalla pianta del tabacco erano raccolte le foglie, procedendo in modo ordinato, dal basso verso l’alto, man mano che le foglie ingiallivano, e formando un fascio. La prima ccota (raccolta) avveniva a fine maggio, inizio di giugno; poi si procedeva con la seconda e terza ccota; sotto il sole cocente di luglio, si procedeva alla ccota ti puntarola, le foglie finali rimaste in punta. Le foglie raccolte erano poi infilzate (nfilati) nella punta del picciuolo con un lungo ago di 30-35 cm (acucedda) e, tutte a faccia-dorso, trattenute insieme (fino a 150-200 foglie) con un forte spago di circa un metro e mezzo (curdata, da cui il nome della filza; in altri paesi limitrofi era chiamata crona). Una volta completata, la filza (curdata o crona) era appesa a llu cavallettu (telaio di legno; in altri paesi salentini era detto turalettu o tiralettu); ogni cavallettu, che poteva contenere anche più di venti curdati, era esposto con attenzione al sole per far essiccare il tabacco.
Le foglie una volta secche, dopo non meno di quaranta giorni, li curdati erano raccolte a festoni (chiuppu) di non meno di dieci filze; ogni chiuppu era poi appeso, in casa o in appositi locali ben arieggiati, per la stagionatura che si protraeva fino ad ottobre-novembre, quando il tabacco era trasportato nei centri di raccolta per essere, dopo un’attenta campionatura, selezionato per qualità (le foglie ammuffite, nfarfarati, erano scartate) e pesato. Cento chiuppi di tabacco potevano arrivare a quasi due quintali.
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