Come far fronte alle nuove forme di ipnosi collettive: il contributo di Franco Fabbro
E’ un dato di fatto ormai, nella più sana letteratura filosofico-scientifica degli ultimi decenni, spaziare in campi diversi grazie alla sempre più presa di coscienza della necessità di cogliere possibilmente in una visione d’insieme quelle che Leonardo Da Vinci chiamava le ‘infinite ragioni’ implicite in ogni singolo reale; del resto questo risulta evidente nella concreta prassi conoscitiva, dove gli sviluppi più significativi avvengono proprio au carrefour tra scienze grazie al fatto che ogni singola scienza si avvale dei risultati conseguiti dalle altre col prendere contestualmente atto delle proprie limitazioni. E se questo reale è la stessa natura umana nelle diverse articolazioni fisiche, biologiche, psichiche e sociali, il compito si rivela ancora più arduo per capire tale ‘ìpercomplessità’ nel senso di Edgar Morin; occorre in primis partire dal fatto che ogni tipo di riflessione filosofico-scientifica che si mette in atto dipende dalla capacità degli uomini di rendere se stessi oggetto di studio, gli unici esseri viventi in grado di farlo come aveva già ben individuato Linneo nel ‘700. E come “organismi dotati di linguaggio” con vari livelli di astrazione arrivano a costruire diverse impalcature concettuali, come quella moderna basata sull’asse fisico-matematico, che vanno modificate man mano che si prende coscienza dei “paradigmi più realistici e complessi che caratterizzano la vita biologica e la dimensione psichica degli esseri viventi” attraverso una organica “ricerca dei fondamenti filosofici (ontologici ed epistemologici)”, come ha affermato Franco Fabbro, neurofisiologo e attualmente impegnato presso l’Istituto di Intelligenza Meccanica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in I fondamenti biologici della filosofia. La natura simbolica del DNA, della psiche e del linguaggio (Milano-Udine, Mimesis 2021).
Questo volume va tenuto presente per capire l’impianto del suo più recente lavoro dal significativo titolo Ipnosi e cervello sociale. Neuroscienze e filosofia politica (Milano-Udine, Mimesis 2023) con prefazione di Alessandro Zennaro che ne illustra le diverse direzioni e soprattutto ‘la lente’, quella della teoria dell’evoluzione, ritenuta più in grado di ‘approfondire i fenomeni psichici, e psicopatologici’ col ricollocare l’uomo non al centro dell’universo, ‘approccio conoscitivo, fecondo, sostenibile’. E così dello stesso fenomeno dell’ipnosi se ne offre una inedita visione che va al di là dell’ambito medico e psicologico inserendolo da parte di Fabbro all’interno della più vasta problematica sulla “natura sociale della mente umana”, scelta epistemica per cercare di capire perché come esseri umani ne siamo spesso “suscettibili”; a tal fine vengono scandagliati i processi neuropsicologici, gli aspetti cognitivi che si mettono in atto e gli stati dinamici di organizzazione interni al cervello, gli stati coscienziali in forme particolari come nei sogni e nel sonnambulismo, nella trance e nell’estasi.
Come i grandi problemi umani a partire dalla vita e cosa essa sia, anche la natura dell’ipnosi, nonostante sia un fenomeno già studiato da tempo, rimane “enigmatica” per Fabbro che la ritiene di “una importanza fondamentale per comprendere la natura sociale degli esseri umani” tale da essere stata per diverso tempo oggetto di suoi precedenti studi sperimentali con arrivare ad inserirla “nel contesto generale delle neuroscienze sociali”; sulla scia dei fondamentali lavori di Gustave Le Bon, Freud, Wilhelm Reich e Georges Bataille, il volume ci inoltra nell’analisi del “cervello sociale degli ominidi”, “dell’origine e natura della coscienza”, della “coscienza nel sogno”, degli “stati non ordinari di coscienza” come la trance e l’estasi indotta da sostanze psicoattive”, degli stati dissociativi; vengono passate in rassegna le terapie ipnotiche messe in atto in ambito medico già nel ‘700 da Franz Mesmer, quelle successive sino a Jean-Martin Charcot e Pierre Janet, quelle del ‘900 di Milton Erickson che considerava l’ipnosi “come uno stile particolare di comunicazione e di interazione interpersonale” e di Ernest Hilgard.
Vengono inoltre analizzati alcuni risultati più recenti ottenuti nell’ambito delle neuroscienze, tramite le tecniche di visualizzazione cerebrale, che portano a vedere l’ipnosi come uno “stato di coscienza diametralmente opposto alla meditazione di consapevolezza (sati)” con una riduzione dell’attività nella corteccia prefrontale mediale, struttura cerebrale che “svolge un ruolo critico nella rappresentazione del sé”; grazie poi alle acquisizioni della neurobiologia concernenti la plasticità del cervello e relative alle sue capacità di “incarnare funzioni cognitive che dipendono dai contesti socio-culturali nei quali un individuo cresce e vive”, Fabbro arriva ad affrontare i “rapporti che intercorrono tra ipnosi e politica”, “l’uso politico dell’ipnosi” e le modalità con le quali in alcuni momenti della storia essa si presenta come “ipnosi collettiva” con tragiche implicazioni; e anche se le neuroscienze ci offrono gli strumenti per cogliere “le basi neuropsicologiche del pensiero critico” grazie al ruolo del sistema del lobo frontale, ci sono “situazioni di particolare difficoltà fisica o psicologica” che portano alla sua disattivazione come nello stato ipnotico, dovuta alla “mancata educazione al pensiero critico” e “alla pigrizia mentale” col diventare “le modalità più diffuse di diseducazione all’esercizio del pensiero critico”.
Diversi storici ci hanno illustrato la modalità di conversione delle masse alle idee totalitarie nel primo Novecento e Franco Fabbro, sulla scia di Thomas Mann, di Bataille e di Daniel Guérin, ne spiega i meccanismi di quella che chiama “seconda modalità di conversione”, quella ottenuta “attraverso la suggestione ipnotica”; essa ha reso innocue le facoltà critiche degli individui da credere ad ogni cosa che veniva sbandierata ed ha agito su menti già depotenziate e abbaiate dall’uso delle nuove tecnologie tra ‘800 e ‘900 abilmente manovrate (radio, cinema, ecc.) nel portare a delegare le decisioni fidando nelle capacità dell’uomo della provvidenza di turno. Ci invita poi a non sottovalutare forme inedite ma “striscianti di totalitarismo” sulla scia del recente lavoro di Mattias Desmet Psicologia del totalitarismo; sono ritenute “presenti anche nel mondo contemporaneo”, dove si mettono in atto processi come “il consumismo” e “strategie di frammentazione sociali in modo da atomizzare gli individui” con alimentare “paure e “solitudine”. Questi processi attivano “l’asse dello stress” e favoriscono “l’abbassamento dei livelli di autocoscienza” col ridurre sino a paralizzarlo “il senso critico” e far fuggire dalla realtà sino a cadere “in una sorta di ‘sonnambulismo ipnotico’” più subdolo in quanto non facilmente percepibile come tale.
In Ipnosi e cervello sociale il discorso viene allargato all’analisi dell’”eccessiva permanenza nei ‘mondi digitali’ che modifica la struttura del cervello e della mente”, col generare “l’ansia sociale” e altri disturbi neuropsicologici derivati da una parte da “un aumento del multitasking, ovvero dell’abitudine a svolgere due o più attività contemporaneamente” e dall’altra “dal sovraccarico cognitivo e informazionale”. Poi, oltre agli effetti psicologici, per Fabbro non vanno sottovalutati quelli “politici della rivoluzione digitale”, le cui piattaforme in mano ad organizzazioni economiche private influenzano “in maniera sempre più rilevante e a livello globale la cultura e la politica” con “azioni di propaganda”; nascono così diversi problemi cruciali come individuare “il responsabile del controllo e dell’orientamento dei contenuti delle piattaforme”, compito che viene attuato utilizzando “l’intelligenza artificiale” con poca trasparenza nella verifica delle informazioni col delegare così agli algoritmi automatizzati scelte tipicamente umane come la loro falsità o meno.
Franco Fabbro ci offre degli strumenti per evitare ulteriori ipnosi collettive sempre in agguato e con questa sua fatica ci sprona a mettere in atto in ogni contesto in cui agiamo strategie di autoconsapevolezza per “restare più vigili e cercare di migliorare” noi stessi; e a tal fine il suo è un percorso teoretico-esistenziale teso programmaticamente all’invito a conoscere la nostra particolare natura con più responsabilità, invito su cui spesso sorvoliamo in quanto come esseri umani a volte ci rifiutiamo di fare i dovuti con noi stessi. Non a caso siamo invitati nelle conclusioni a prendere in seria considerazione gli stessi inviti di Carl Gustav Jung ad ‘aumentare le nostre conoscenze psicologiche’, a ‘comprendere la natura umana di cui sappiamo troppo poco’ in quanto ‘l’unico vero pericolo esistente è l’uomo stesso”, spesso demens come ci ha insegnato Edgar Morin; e tutto questo viene proposto sulla scia di Philip Zimbardo che, in L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa?, ci ha dato tra l’altro degli strumenti per ‘resistere alle influenze sociali e politiche indesiderate’ e creare le condizioni di base per ‘allontanarsi fisicamente dal sistema ingiusto e ribellarsi alle autorità ingiuste’.
E per questo Ipnosi e cervello sociale si presenta sin dall’inizio come un particolare percorso di ‘filosofia politica’ come lezione ricavata dal prendere in esame l’esperienza di vita del fisico Werner Heisenberg, caratterizzata dall’aver attraversato un periodo, quello nazista, quando è venuto meno ‘il legame con la religione’ e alcuni ‘demoni’ hanno preso ‘il potere degli dèi’ alleandosi ‘con quello sfavillante fantasma che in ogni epoca ha traviato gli uomini, il potere politico’; sta a noi fare debitamente i conti con situazioni del genere che continuano a verificarsi individuandole con l’aiuto indispensabile del più sano pensiero filosofico-scientifico che per sua natura non può mentire sul reale, come già ci avevano indicato alcune figure femminili come Etty Hillesum, Hélène Metzger e Simone Weil, ‘cuori pensanti’ del primo tragico Novecento.
Prof. Mario Castellana
già Docente di Filosofia della scienza, Univ. del Salento
Direttore Collana Intern. 'Pensée des sciences', Pensa Multimedia, Lecce
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