Scienza e Fede: come inserire in un percorso didattico tale cruciale tema. Quello dei non facili rapporti fra scienza e fede è stato uno dei problemi che a partire dal caso Galileo ha caratterizzato la modernità con notevoli ripercussioni nei vari ambiti del pensiero e dellagire umani con alimentare conflitti di varia natura. In questi ultimi tempi, da più parti si sente lesigenza di affrontare su nuove basi questo problema; ma in genere, nelle Facoltà Teologiche e negli Istituti di Scienze Religiose che preparano i futuri docenti di Religione, manca nei curricula un insegnamento imperniato su tali rapporti. In tal senso si distinguono solo il Master biennale in Scienza e Fede presso le Facoltà Teologiche Regina Apostolorum’ e della Santa Croce a Roma dove da diverso tempo opera il DISF (Centro di Ricerca Interdisciplinare di Documentazione su Scienza e Fede) con lo scopo di far comprendere limportanza di tale tema, individuato nella sua pregnanza e crucialità da Giovanni Paolo II per la vita della Chiesa e non solo. Questo aspetto del pontefice polacco non è adeguatamente noto e merita di essere tenuto presente per una serie di indicazioni date; e tra le prime iniziative messe in essere fu quella di ridare vigore allAccademia Pontificia delle Scienze, dove vennero invitati a partecipare alle sedute plenarie scienziati di tutto il mondo, credenti e non credenti, con lo scopo di favorire un dialogo costruttivo fra il mondo della scienza e lesperienza della fede. Pertanto, sin dallinizio del suo pontificato, linteresse per la scienza sino alla Fides et Ratio è stato costante e ha fatto parte integrante del suo progetto pastorale, teso a superare i secolari conflitti fra la Chiesa e una parte importante del mondo moderno e contemporaneo. In questo percorso, insieme pastorale e teoretico, si inquadra linvito rivolto a teologi, storici, giuristi e filosofi a riprendere il caso Galileo per riesaminarlo criticamente, per capire le ragioni storiche e concettuali della nascita della conflittualità fra scienza e fede, ritenuta deleteria per la vita stessa della Chiesa e tragica per gli stessi scienziati credenti a partire dallo stesso Galileo.
Certamente, il contatto costante con scienziati di tutto il mondo gli ha permesso di costruirsi una certa immagine della scienza, tesa, come afferma spesso, alla conquista del vero, sulla scia delle indicazioni già presenti in Galileo; tale percorso va però indagato in profondità attraverso la riflessione epistemologica ritenuta strategicamente importante per affrontare più adeguatamente i rapporti fra i contenuti veritativi delle scienze e quelli dellesperienza della fede ed evitare conflittualità, dovute a false interpretazioni. Non a caso Giovanni Paolo II ha spesso affermato che Galileo è stato un dono di Dio per essere stato il primo ad aver elaborato una precisa strategia teorica in grado di comprendere appieno il significato più profondo sia della scienza e sia del valore salvifico del testo sacro; questo gli ha permesso di comprendere la loro autonomia e nello stesso tempo il loro reciproco arricchimento in quanto vie che conducono al vero e il pontefice polacco, sempre sulla scia di questo contributo fondamentale dato dallo scienziato pisano, elabora quella famosa metafora delluccello, dove per volare cè bisogno di due ali, insistendo sulla necessità della loro relazione e complementarità.
Giovanni Paolo II nellimportante lettera del 1988 a Padre Coyne ha ribadito con forza tale punto di vista con attribuire a Galileo il merito di averci liberato dalla tirannia del letteralismo biblico, aprendo la strada all’ermeneutica biblica; questo gli è stato possibile per essere stato il primo scienziato moderno che, dopo una attenta e sistematica riflessione sul valore intrinseco della sua attività di scienziato, ha utilizzato le verità della scienza per guardare in maniera diversa e nuova alle verità della fede, spazzando via interpretazioni riduttive e fuorvianti che sono state e continuano ad essere ancora oggi in certi ambienti la causa prima dei secolari conflitti fra scienza e fede. Per questo motivo, il pontefice polacco ha ritenuto necessario far tesoro della riflessione epistemologica dellintero Novecento che è stata in grado di liberare le singole scienze da visioni assolutistiche e dogmatiche; e ha preso nettamente posizione contro certe visioni unilaterali che negano loro lautentico valore conoscitivo per risaltarne laspetto pragmatico ed utilitaristico, per considerarle dei percorsi di verità che, pur nella loro storicità, permettono alluomo di raggiungere la profondità del reale nelle sue varie articolazioni.
Il pontefice polacco si è fatto assertore di un preciso punto di vista epistemologico sulla scienza nel suo complesso in quanto foriera di continue verità e aperta ad ulteriori approfondimenti; come ribadirà più volte sino alla Fides et Ratio, il pensiero scientifico è ritenuto un pensiero forte perché permette alluomo di raggiungere determinate verità sia pure storiche e soggette a revisioni costanti, ma pur sempre verità con le quali bisogna criticamente confrontarsi; il confronto sia da parte dei laici e sia da parte dei credenti con esse viene ritenuto sempre più necessario per combattere le derive nichilistiche che trovano in filosofie che negano proprio alluomo la capacità di raggiungere dei contenuti di verità la loro ragion dessere. Attraverso il recupero della dimensione veritativa propria delle scienze attraverso la centralità assegnata allimpegno epistemologico, Giovanni Paolo II, pertanto, ha trovato prima in Galileo e poi in altri scienziati moderni e contemporanei questa passione per la verità che gli permette di ribadire con forza che due verità non possono mai contraddirsi o entrare in conflitto: entrano in conflitto solo false interpretazioni di queste verità, dovute a visioni riduttive e non adeguate alla loro profondità.
Per questo motivo Giovanni Paolo II assegna allanalisi epistemologica un altro compito non meno importante, quello di individuare i contenuti veritativi presenti nelle varie teorie per distinguerli dalle interpretazioni ideologiche sempre in agguato; e questo è ritenuto ancora più strategico nei confronti della teoria dellevoluzione, considerata a tutti gli effetti una teoria scientifica vera e propria, difficile da studiare sul terreno metodologico in quanto è una teoria aperta, in fieri che per questo si presta a interpretazioni riduttive e ideologiche in quanto viene a toccare luomo stesso. Ma appunto per questo, la teoria dellevoluzione, come insegnava Pierre Teilhard de Chardin, ha bisogno di una costante e attenta analisi epistemologica che permette di confrontarsi con le sue verità per evitare estrapolazioni che nulla hanno a che fare con la sua struttura concettuale, complessa e ricca di articolazioni che stanno sempre di più arricchendo la conoscenza della vita.
Ma, ancora, il pontefice polacco arricchisce la sua strategia pastorale-filosofica di altre considerazioni sul terreno metodologico sempre per evitare i conflitti fra scienze e fede, caratterizzati storicamente, dopo il caso Galileo, da quelle che definisce vere e proprie insidie epistemologiche: il concordismo e la contrapposizione netta. Il concordismo, posizione sostenuta soprattutto da parte dei credenti, pur legittimo sul piano individuale, tende a trovare nelle teorie scientifiche degli appigli che possono confermare le verità di fede, mentre la posizione della contrapposizione netta tenta di trovare in esse prove per dimostrare linconsistenza delle verità di fede; sono entrambe posizioni riduttive, ideologicamente orientate per Giovanni Paolo II, che inevitabilmente portano sul terreno della conflittualità, in quanto lacerano le menti e producono tragiche incomprensioni come storicamente è accaduto.
Giovanni Paolo II, dopo aver ribadito linadeguatezza della Chiesa nei confronti delloperazione avviata nel 600 da Galileo, ci avverte di abbandonare queste posizioni, di lavorare ad una visione globale delluomo dove kantianamente devono convivere le tre dimensioni, quella della conoscenza, quella della responsabilità e quella escatologica, senza sovrapporsi, senza essere alternative, pena il ripetersi di dolorose e fallimentari conflittualità. Il suo messaggio è rivolto in primis ai credenti, invitati a confrontarsi con i valori più autentici insiti nella conoscenza scientifica senza cadere nella sua negazione o nella esaltazione acritica dei suoi risultati; li invita ad essere maturi, ad essere protagonisti di una fede pensante forte delle verità che luomo con la sua ragione è in grado produrre in quanto lo potenziano sul terreno concettuale. Poi anche i non credenti sono invitati a non utilizzare le verità della scienza per fini non scientifici, a prendere atto che nessuna teoria scientifica può dimostrare linconsistenza delle verità di fede o la loro insensatezza per luomo.
Giovanni Paolo II si fa quasi assertore di un nuovo umanesimo scientifico, dove tutti sono invitati a dare un piccolo contributo al potenziamento assiologico e cognitivo delluomo attraverso il confronto costante con le verità della scienza, le quali, come diceva Hélène Metzger, storica della scienza morta ad Auschwitz, sono ‘lossatura dello spirito umano’; esse inoltre, come ha affermato in vari scritti unaltra figura femminile francese Simone Weil, costringono luomo ‘a non mentire sul reale’, a dargli un senso. Per questo motivo, Giovanni Paolo II, analogicamente alla Weil, ha insistito a più riprese sulla necessità di ritrovare nuove radici, di renderle salde nellancoraggio a valori che aiutino a superare concretamente quelli che Benedetto XVI ha chiamato i rispettivi restringimenti ideologici della filosofia, della scienza e anche della fede, grazie alla capacità di autocritica tipica del pensiero europeo che si è nutrito non a caso del più sano pensiero scientifico.
Pertanto, quello di Giovanni Paolo II è un invito che supera le divisioni, è un messaggio in cui tutti possono ritrovarsi al di là delle appartenenze politiche e culturali; ma tutto questo è stato ottenuto perché ha fatto anche sistematicamente tesoro dei risultati acquisiti dalle scienze durante il loro percorso storico e della ricca letteratura epistemologica del 900, riletta alla luce del suo impegno pastorale. Un analogo percorso è presente nel progetto di Papa Francesco, come si evince dalle due encicliche Laudato sì e Fratelli tutti e di altri documenti, col fare tesoro dei risultati del pensiero scientifico più avanzato nellaffrontare la questione ecologica e la sua portata sociale. Per tali ragioni, risulta incomprensibile, oltre che anacronistico, il fatto che ancora nelle Facoltà Teologiche e negli Istituti di Scienze Religiose non ci si impegni a mettere in atto un percorso didattico che dia il dovuto spazio ai rapporti tra scienze e fede; in tal modo si possono fornire ai futuri docenti di Religione e agli stessi sacerdoti gli strumenti storico-concettuali per affrontare domande e problematiche che spesso giovani e meno giovani sentono come vitali e non trovano una risposta adeguata.