e poi, lungo quella stessa strada, approdato a Roma per studiare negli stessi anni in cui a Mesagne si consumavano delitti efferati per mano di consorterie criminali emergenti e spietate, rilevare che questa città sia diventata una meta ambita ed apprezzata di flussi turistici internazionali è motivo di fiero orgoglio e ha il sapore di una sofferta rivincita. La differenza tra la vergogna di allora e il vanto di oggi mi fa riflettere su ciò che a mio parere sarebbe necessario per consolidare questa nuova attrattività, per prevenire il rischio dell’effimero e il pericolo di perdere appeal in una Puglia cui la ribalta internazionale da tempo riserva attenzioni e interesse. Nel Consiglio comunale dello scorso 8 agosto, da una parte mi è parso di poter cogliere, proprio nelle dichiarazioni programmatiche rese dal Sindaco Matarrelli, alcune importanti intuizioni necessarie a rendere strutturale la qualità dell’offerta territoriale; dall’altra, l’attenzione con cui si è dipanata la consueta dialettica tra maggioranza e opposizione sul focus di una variante puntuale al vecchio PRG, mi farebbe ritenere utile e maturo aprire un dibattito su questi temi. Nelle dichiarazioni del Sindaco vi ho letto la chiara intenzione di procedere verso una completa e olistica integrazione delle politiche di settore. Ritengo fondamentale questo orientamento poiché è la sola strategia che assicura risposte complesse all’interno di sistemi complessi come sono le città. Soprattutto, ritengo che sia il solo modo per dare risposte realmente efficaci alla sfida urgente della sostenibilità. La città e la sua campagna, infatti, e – all’interno dei suoi confini – l’energia, i rifiuti, l’alimentazione, il ciclo dell’acqua, l’inclusione sociale, la parità di genere, l’accessibilità, i diritti, l’accoglienza, la salute e il benessere sono tutte questioni – proprio come, un tempo, la legalità – che devono trovare nel governo locale e in una stretta e sinergica condivisione tra quest’ultimo e la sua civitas, risposte di prossimità e soluzioni che meritano di essere affrontate con un filtro sistematico: questa o quella tale azione amministrativa, questa o quella tale trasformazione del territorio è o no una soluzione sostenibile sul piano ambientale, economico e sociale? Se sì, bene; altrimenti, bisogna metterne in campo una diversa. Una seconda stella polare mi è sembrato di poter rintracciare nella formulazione stessa della vision di mandato, dove si riconosce programmaticamente centralità al protagonismo della comunità mesagnese, alle articolate risorse del suo tessuto socio-culturale-produttivo, ai saperi esperti ed esperienziali che esso custodisce e alimenta. Se dunque la sostenibilità (nelle sue tre declinazioni) è la nuova sfida che ci si vuole aggiudicare per la Mesagne del futuro prossimo, una policy integrata e intersettoriale, condivisa e unitiva, ne è la strategia e gli abitanti, che ne rappresentano l’anima, ne animano il centro e la periferia e ne godono o soffrono meraviglie o contraddizioni sono il soggetto plurale che può affrontare e vincere anche questa prova. Occorre però mettere in campo tempestivamente gli atti conseguenti, perché i turisti passano, gli abitanti restano. In primo luogo, occorrerebbe un’organizzazione innovativa della macchina amministrativa e in secondo luogo, un nuovo quadro pianificatorio, integrato e strategico. La prima deve essere in grado di condividere tra i diversi settori l’indirizzo dei progetti di qualunque ufficio; la necessaria e conseguente azione di coordinamento è un onere impegnativo, ma irrinunciabile. E il secondo si deve fondare su uno strumento, il PUG (Piano Urbanistico Generale), capace di intercettare certamente i fabbisogni materiali della città di pietra, ma anche i sogni e i bisogni immateriali della comunità che la abita, orientandone il futuro. Il nuovo Piano non può più occuparsi solo di gestire la rendita immobiliare, che sarebbe quanto di più settoriale possa esistere, ma deve anzitutto far passare nella comunità mesagnese l’idea che il territorio non sia soltanto il suolo o la società ivi insediata, bensì il patrimonio fisico, sociale e culturale costruito nel lungo periodo. Riconoscere al PUG la possibilità di incidere su tale intreccio di risorse è il presupposto per un’idea di sviluppo del territorio comunale profondamente diverso dai processi di crescita del Novecento, per la cui regolazione si è creduto a lungo che bastasse prescrivere qualche indice urbanistico. Il nuovo Piano, infine, dando attuazione di dettaglio e condividendo la ratio metodologica del PPTR, è lo strumento adatto per definire quale modello di Centro Storico sia il più adatto alla città che abbiamo in mente: museificato in una riserva di storia o abitato al pari delle altre aree della città consolidata e contemporanea; attraversato solo dal turismo di massa o da attività di produzione culturale in cui si possano identificare anzitutto gli stessi abitanti? Un PUG che sappia farsi queste domande e soprattutto, che sappia tentare delle risposte è innanzitutto un evento culturale, esso stesso capace di produrre collettivamente territorio; travalica abbondantemente i confini disciplinari del sapere tecnico ed esperto per dare corpo ad un’elaborazione che va condivisa non solo con le forze imprenditive della città, ma anche con tutti gli altri abitanti che hanno lo stesso diritto di futuro. E tutto ciò non si può ottenere senza strutturare un sistematico e attento percorso permanente di co-progettazione con i portatori di interesse, tale da consentire anche il superamento della tradizionale sequenza elaborazione/approvazione/attuazione. A ciò potrebbe risultare ben funzionale proprio la costituzione della Casa della Città, anch’essa proposta nelle dichiarazioni del Sindaco.
Carlo Patrizio,
Ingegnere edile, Docente a contratto di Progetti Integrati di Rigenerazione Urbana e Territoriale presso la Sapienza - Università di Roma