Il cartello riconosce ai cittadini la capacità dimostrata di sradicare dal proprio territorio la "capitale del crimine"
L’iniziativa del sindaco di Mesagne, Toni Matarrelli, di togliere dall’ingresso della città il cartello stradale con la scritta “Mesagne”, impallinato nei decenni scorsi dai colpi a pallettoni sparati dalle armi della criminalità organizzata è stata accolta con grande soddisfazione e interesse. E non solo in città giacché l’iniziativa ha avuto un eco nazionale. Adesso, quello che tutti si chiedono, è che fine farà il cartello. Dove, il primo cittadino, intende collocarlo. “Quel cartello, sbrindellato da proiettili, andava rimosso per una semplice ragione di decoro urbano e per una questione, più sottile e simbolica, di immagine”, ha spiegato il sindaco Matarrelli che ha anticipato che “il segnale sarà conservato nel mio studio, a memoria di una stagione che non dimentichiamo e che, ogni giorno, ci impegniamo affinché non ritorni”. Il sindaco, quindi, ha tenuto a sottolineare che “nel corso degli ultimi trant’anni la città ha conosciuto un rinnovamento culturale, insieme ad un’evoluzione sociale e produttiva, che l’hanno resa un modello di riferimento di significativa importanza anche per altri contesti”. Questo grazie al fervido dinamismo che ha contraddistinto la lungimiranza delle istituzioni che, in questo percorso di autentica emancipazione, sono state affiancate dall’azione instancabile delle realtà associative, produttive e religiose. In questo solco, è stato fondamentale il ruolo assunto dal mondo del volontariato, dello sport e delle arti. “La lunga stagione di riscatto che la città ha costruito negli ultimi decenni - ha concluso il primo cittadino - parte da lontano, ma si rinnova ad ogni occasione, potendo contare su un tessuto sociale sano: la nostra comunità, laboriosa e paziente, è il volto autentico di un territorio che oggi vive nello sguardo ammirato dei turisti che si innamorano dei nostri monumenti, in un tessuto urbano che dal centro alle periferie viene attenzionato e migliorato”. Per l’assessore ai Percorsi di legalità, Anna Maria Scalera “la città certamente ha vinto la battaglia più importante, ma è evidente che la guerra è ancora lunga. Gli episodi di microcriminalità, la povertà economica e culturale in cui ancora alcune famiglie vivono, la mancanza di lavoro, soprattutto in questo momento di pandemia, le difficoltà degli imprenditori, sono aspetti da considerare, perché oggi la criminalità si può insinuare in forme più subdole e meno evidenti”. L’’assessore è certa che il collante “tra le forze dell'ordine, le istituzioni, con il presidio di Libera e la cooperativa Libere Terre, associazione antiracket, terzo settore e parrocchie può continuare a portare buoni frutti. Come Amministrazione puntiamo a promuovere la legalità, soprattutto tra i più piccoli”. Anche la società civile vuole che il cartello diventi simbolo della riscossa di una comunità. “Quel cartello stradale crivellato di colpi di arma da fuoco deve diventare un monito per tutti, giovani e meno giovani. Quel cartello deve rappresentare la capacità dimostrata dalla cittadinanza a riscattare il proprio orgoglio civico”, si è auspicato Mario Vinci, presidente dell’Istituto culturale “Storia e territorio”. Era l'8 giugno del 1989 quando, oramai stanchi dei vari episodi delittuosi che quotidianamente si registravano in città, la società civile scese in piazza per sensibilizzare e promuovere una primavera di rinascita. “Suggeriamo al sindaco affinché quel segnale stradale consunto dal tempo e arrugginito, fatto a colabrodo dai colpi sparati fosse conservato in un luogo simbolo della città, in una bacheca del palazzo di città accompagnato da una targa ricordo che ne spiegasse le ragioni, riconoscendo ai propri cittadini la capacità dimostrata di sradicare dal proprio territorio quella "capitale del crimine" che non certamente era confacente con la convivenza civile di questa città. Che ha tutt'altre radici”, ha concluso il presidente Vinci.
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