La partecipazione vittoriosa dell’Italia nella Prima guerra mondiale, costata duri sacrifici alle popolazioni e tanto sangue ai combattenti, di tutti gli eserciti, mette fine alla dolorosa epopea risorgimentale con l’acquisizione delle ultime terre irredenti di Trento e Trieste.
Come noto, l’irredentismo si afferma in Italia nel 1866 dopo la fine della terza guerra d’Indipendenza, l’ultimo sforzo per riprendere all’Austria i territori italiani rimasti sotto la dominazione straniera, e prosegue sino alla fine della Prima guerra mondiale.
Festeggiamo la ricorrenza del 4 novembre nel ricordo e nella esaltazione del valore morale e storico dell’Unità d’Italia. Un giorno fondamentale per il nostro Paese, nel quale ci ritroveremo per testimoniare il sacrificio dei tanti italiani caduti in guerra, in tutte le guerre, dei tanti coraggiosi che hanno costruito l’Italia e ci hanno offerto finalmente la Democrazia e la Repubblica.
Ci ritroveremo, anche quest’anno, per festeggiare e rendere grazie alle Forze Armate per il loro impegno quotidiano volto alla sicurezza del nostro territorio e a quello delle nostre famiglie.
In questa occasione la dottoressa Maria Errico, originaria di Mesagne ma residente a Crispiano, ha scritto il componimento che segue, il cui titolo latino è tratto dalla celebre espressione riportata da Virgilio nell’Eneide (VI, 883), quando Anchise, il padre di Enea, piange la morte prematura del giovane Marcello, nipote di Augusto.
MANIBUS DATE LILIA PLENIS
(Datemi gigli a piene mani)
Partirono... Partirono per le maledette Guerre del Secolo Breve, incolonnati nei loro Reggimenti con i fieri Vessilliferi che sventolavano il Tricolore. Andarono verso il frastuono di giorni infernali: erano tanti, troppi, giovani, ragazzi, e Padri di famiglia. Conoscevano già i morsi della fame: pane e cipolla al rientro dalla campagna, non erano cresciuti a pane e cioccolato sui bordi delle piscine! Stipati nelle anguste tradotte del CSIR[1] o nelle navi che salparono per il Nord-Africa, erano i nostri gloriosi Soldati: Fanti, Bersaglieri, con le piume nere, Aviatori, Alpini, Marinai...
Appostati nelle Trincee della Prima Guerra Mondiale videro ogni giorno la Morte arrivare lesta volando per l'aria; non erano i serpenti che sibilavano nelle fessure delle Trincee ma le granate che piovevano tutt'intorno. Con le divise inzuppate e infestate dai pidocchi mangiarono rancio e fango e solo il fumo del tabacco rese meno insopportabile il tanfo di putrefazione.
Insidiati da nemici invisibili che diffusero epidemie di tifo e febbre “spagnola” guardarono impotenti le mosche che sciamavano sugli occhi spalancati dei loro poveri compagni morti.
Non si arresero i Soldati. Non si arrese nemmeno CHER AMI[2]. Decorato con la “Croix de Guerre” è impagliato allo “Smithsonian” di Washington.
A Nord del 34° parallelo, l'eroica e invitta Prima Armata marciò senza posa da Ovest a Est per agganciare il Nemico nel torrido Deserto d'Africa della Seconda Guerra Mondiale.
Sferzati dal Ghibli[3], il vento del Deserto, disorientati ed estenuati con la lingua gonfia senza poter parlare e la bava alla bocca per la mancanza d'acqua.
Come un mostro vorace il crudele Inverno Russo rivendicò la sua parte.
Fu tosto accontentato.
Ebbe un Corpo di Spedizione ed un'intera Armata! Poveri Soldati non equipaggiati per il freddo, esposti a temperature che scendevano a -45°gradi distesi immobili sul terreno e, l'insidia, l’insidia mortale, del congelamento.
La terribile battaglia di Natale tristemente impressa nelle menti dei Reduci, le disumane ”Marce del Davaj”[4] dei Prigionieri verso i Campi di Concentramento.
E su tutto l'ORRORE, l'ORRORE CHE DIVENTO' PERFETTO CON L'ANTROPOFAGIA[5]... E, infine, come dimenticare il sacrificio sconosciuto di incolpevoli creature? Migliaia di cavalli dei Reparti di Cavalleria e i muli delle Penne Nere[6], compagni devoti dei poveri Caduti periti insieme sui Campi di Battaglia.
“DATECI GIGLI A PIENE MANI”,
invocano, ora, i Soldati, i Soldati di Tutte le Guerre.
[1] Corpo di spedizione Italiano in Russia.
[2] Il piccione che durante la battaglia delle Argonne (ottobre 1918) riuscì a portare a destinazione il messaggio di una Unità americana, circondata nonostante una ferita al petto e una zampa amputata (P ENGLUND, “La bellezza e l'orrore” ed. Einaudi).
[3] Il Ghibli o simun è un soffocante vento dei Deserti Africani e Arabici che solleva turbini di sabbia e spira da Mezzogiorno.
[4] La parola Davaj, “avanti”, veniva urlata incessantemente dai Russi a poveri Prigionieri feriti e in stato di assideramento mentre percorrevano la steppa gelata.
[5] Episodi di cannibalismo di cui parla la Prof. M. T. Giusti, “I Prigionieri Italiani in Russia”.
[6] Le Penne Nere:gli Alpini.