Tutto ciò è consentito dalle norme comunitarie che permettono di importare e trasformare prodotto proveniente da qualsiasi Paese estero, ma senza doverlo indicare in etichetta, ostacolando la programmazione della produzione nazionale e impedendo di comunicare ai consumatori il vero contenuto dei prodotti che acquistano. A differenza di quanto sta accadendo con le persone, per le merci il principio della libera circolazione è diventato per l’Europa un dogma da applicare senza limiti, incurante del dumping economico e sociale e dei rischi per la sicurezza alimentare. La vera e unica indicizzazione di cui il comparto zootecnico ha bisogno è quella di legare il prezzo del latte alla stalla italiana a quello del latte e dei formaggi che i consumatori acquistano nei negozi o nei supermercati.”. Così il vicepresidente di Coldiretti Puglia, Alfonso Cavallo, ha aperto i lavori del ‘gruppo latte’ allargato, a cui hanno partecipato allevatori delle province di Bari e Taranto.
Il mercato lattiero-caseario conta su una produzione nazionale di 110.000.000 quintali, con un import pari a 86.000.000 quintali. In Puglia la produzione è di 3.476.000 quintali di latte e l’import è pari a 1.563.339 quintali. L’import è costituito, oltre che dal latte trattato a lunga conservazione, prevalentemente da prodotti semi-lavorati: cagliate, polvere di latte, caseine, caseinati e altri. La dimensione del fenomeno è in costante crescita e minaccia allevatori e cittadini-consumatori.
“La definizione di un parametro condiviso – incalza il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - per l’indicizzazione del prezzo del latte è un passo avanti importante per ‘costruire’ un prezzo che sia sostenibile per gli allevatori e tenga conto di costi di produzione e prezzo al consumo. Non intendiamo aspettare inermi la scomparsa dei nostri allevamenti, dei nostri lavoratori e del vero ‘made in Italy’, e il conseguente abbandono dei nostri territori. Non possiamo aspettare nuove pandemie come la Bse e l’aviaria per ottenere maggiore trasparenza e garanzia sui prodotti acquistati dai consumatori. Sono necessarie regole di mercato trasparenti sulle produzioni lattiero-casearie, al fine di consentire agli anelli finora più penalizzati – gli allevatori e i consumatori, di avere un’equa remunerazione, un giusto prezzo e la garanzia di quello che mangiano”.
Rispetto al marchio “Prodotti di Qualità Puglia” – sottolinea Coldiretti - nel regolamento d’uso quando si parla degli accordi di filiera, si fa un generico riferimento alla sottoscrizione di “relazioni ed impegni reciproci” tra le imprese di trasformazione e produttori. Non vi è alcun riferimento al prezzo ed al valore del prodotto di base. Si chiede, viceversa, che venga rafforzato il ruolo dell’impresa agricola in questo rapporto di filiera e sia previsto un prezzo del prodotto ancorato al costo di produzione e che non possa scendere sotto questa soglia, mentre possa seguire l’eventuale aumento di valore aggiunto che il prodotto finito al consumatore può ricevere dall’acquisizione del Marchio.
Per questo Coldiretti Puglia chiede, preannunciando nuove iniziative pubbliche, alle istituzioni e alla politica:
- l’obbligo di etichettatura con indicazione dell’origine su tutti i prodotti importati dall’estero: cagliate, polvere di latte, caseine, caseinati e altri. Se per legge ciò non fosse possibile, chiede allora l’obbligo di etichettatura con indicazione dell’origine su tutti i prodotti lattiero-caseari italiani formaggi, latte, mozzarella e altri;
- Lo sviluppo di procedure per acquisire i dati di monitoraggio dei consistenti flussi di entrata di latte e di prodotti caseari;
- L’intensificazione dei controlli sanitari e sulla qualità dei flussi di latte e dei prodotti caseari che arrivano dall’estero;
- L’applicazione immediata dei contenuti della Legge regionale 19 dicembre 2008 n. 38 “Norme per il sostegno al consumo dei prodotti agricoli regionali”.