Redazione
Libera. In Puglia 2629 beni immobili confiscati dal 1982
In Puglia 2629 beni immobili confiscati dal 1982, il 58% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, il 42% rimangono ancora da destinare, 221 le aziende confiscate di queste il 50% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all'affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; La provincia di Bari con il maggior numero di beni destinati 495, La provincia di Lecce sono ancora 265 i beni da destinare. Libera presenta il dossier Fattiperbene la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni dall'approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996. Censimento di Libera delle esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati: sono 867 soggetti diversi (come associazioni e cooperative sociali) impegnati nella gestione beni immobili confiscati alla criminalità organizzata. Sono 89 le realtà censite in Puglia.
Sono 2629 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi in Puglia, il 58% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, il 42% rimangono ancora da destinare. La provincia di Bari risulta quella con il maggior numero di beni confiscati destinati per finalità istituzionali e sociali con 495 beni mentre sono 211 quelli ancora da destinare; segue la provincia di Brindisi con 452 beni destinati e 95 ancora da destinare. La provincia di Lecce risulta quella con il maggior numero di beni confiscati da destinare(265). Sono invece 221 le aziende confiscate di queste il 50% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all'affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse. Anche qui la provincia di Bari risulta quella con maggior numero di aziende già destinate alla vendita o alla liquidazione, all'affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse( 34) mentre sono 35 quelle ancora in gestione presso l'Anbsc.
Libera presenta il dossier Fattiperbene la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni dall'approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996.
A venticinque anni dall’approvazione della Legge 109 del 1996- commenta Libera- è certamente possibile fare un bilancio sul riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia, evidenziando innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze nate grazie alla presenza di beni - immobili, mobili e aziendali - sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all’usura, dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione. Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile per il bene comune. Ma il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post pandemia, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali.
Nel dossier Libera elabora i dati dell'Agenzia Nazionale:sono 36.616 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi. Circa 17.300 sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali mentre sono 19.309 beni immobili in gestione all’Agenzia (dati aggiornati al 2 marzo 2021), di cui più di 11.000 confiscati in via definitiva (dati al 31 dicembre 2019) e che rimangono ancora da destinare perché presentano varie forme di criticità (per quote indivise, irregolarità urbanistiche, occupazioni abusive e per condizioni strutturali precarie) oppure restano accantonati in attesa delle verifiche dei creditori. Secondo una ricognizione avviata nel corso del 2019 dall’Agenzia nazionale su un campione di indagine di circa 6.000 beni immobili destinati alle amministrazioni comunali, dai riscontri pervenuti su 2.600 beni, risulta che soltanto poco più della metà dei beni è stato poi effettivamente riutilizzato. Dalle relazioni annuali dei Commissari straordinari di Governo e dell’Agenzia nazionale è possibile anche tracciare l’andamento storico delle confische e delle destinazioni, a partire dal 1982 fino ad oggi.
In particolare, dal 1982 al 1996 ci sono state 1263 confische e 34 destinazioni: erano i primi anni di applicazione della legge Rognoni - La Torre, durante i quali non era ancora in vigore la legge per il riutilizzo sociale. Nella seconda decade, dal 1996 al 2008 aumentano notevolmente i numeri e nel solo anno 2001 si arriva addirittura a 1023 confische e 315 destinazioni. Negli anni successivi fino al 2019, ultimo anno per cui si dispone della relazione dell’Agenzia, viene riportato solo il dato relativo alle destinazioni, che raggiunge le 1512 nel 2019. L’andamento storico delle destinazione dei beni mobili registrati è tracciabile dal 1982: nella relazione 2017-2018 dell’Agenzia nazionale, infatti, viene riportato che fino al 2018 sono stati destinati 3.829 beni mobili di diversa tipologia, con queste percentuali: Distruzione/Demolizione: 42.07%; Comodato gratuito: 20,55%; Vendita: 18,65%; Assegnazione forze dell’ordine:14,60%; Cessione ai VVFF e soccorso pubblico 4,12%.
Sul fronte delle aziende- commenta Libera- la maggior parte delle aziende confiscate giungono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte però sono scatole vuote, società cartiere o paravento per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e continuità produttiva. Su un totale di 4.384 aziende confiscate dal 1982 ad oggi, quelle destinate sono state quasi tutte liquidate. Ne rimangono in gestione all’Agenzia altre 2.919. Di queste però, secondo i dati risalenti a un anno fa, 1.931 aziende erano in confisca definitiva e solo 481 risultavano attive. Come nel caso degli immobili, anche per le aziende confiscate è possibile rintracciare una progressione storica delle destinazioni: è interessante come negli anni dal 2008 al 2019 si sia passati dalle 5 del 2010 alle 441 del 2019.
“In questi 25 anni – commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera- abbiamo assistito a un lavoro straordinario: il lavoro della magistratura e delle forze di polizia per individuare i beni frutto degli affari sporchi delle mafie, e renderne operativa la confisca; il lavoro di associazioni ed enti pubblici per restituire davvero quei beni alla gente, trasformandoli in scuole, commissariati, centri aggregativi per giovani e anziani, realtà produttive che offrono lavoro pulito e rafforzano il tessuto sociale ed economico dei territori. Un enorme lavoro corale, insomma, che dopo 25 anni ci chiede però uno scatto ulteriore di impegno, intelligenza e determinazione. La legge può essere migliorata, potenziata sia nel dispositivo che soprattutto nell’attuazione. C’è una debolezza strutturale dello Stato nei confronti delle mafie che vive di lungaggini burocratiche, disordine normativo, competenze non sempre adeguate. Non possiamo permettere che tutto questo si traduca in un messaggio pericoloso: cioè che la 109 è un bluff, uno specchietto per le allodole, nient’altro che un giocattolino per illudere gli onesti.”
Nel dossier Libera ha mappato le esperienze di riutilizzo dei beni confiscati per finalità sociali per raccontare una nuova Italia, che si è trasformata nel segno evidente di una comunità alternativa a quelle mafiose, che immagina e realizza un nuovo modello di sviluppo territoriale. Libera ha censito 867 soggetti diversi del terzo settore impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli enti locali, in ben 17 regioni su 20. In Puglia sono stati censiti 89 realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie. Mediamente nel campione del censimento di Libera tra il sequestro e l'effettivo riutilizzo sociale trascorrono ben 10 anni.
A venticinque anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale, oggi presa a modello in Europa ed a livello internazionale come Libera evidenziamo alcuni punti rispetto ai quali chiediamo:
Mafie e corruzione stanno approfittando sempre di più dell’emergenza sanitaria e della crisi economica e sociale, per questo chiediamo l’effettiva estensione ai "corrotti" delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alle mafie, con la loro equiparazione e l’attuazione della riforma del codice antimafia nelle sue positive innovazioni.
L'assegnazione di adeguati strumenti e risorse agli uffici giudiziari competenti e all'Agenzia nazionale in tutto il procedimento di amministrazione dei beni, prevedendo il raccordo fra la fase del sequestro e della confisca fino poi alla destinazione finale del bene ed assicurando il necessario supporto agli enti locali.
La piena accessibilità delle informazioni sui beni sequestrati e confiscati e la promozione di percorsi di progettazione partecipata del terzo settore e di monitoraggio civico dei cittadini.
La destinazione di una quota del Fondo Unico Giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, per rendere fruibili i beni mobili ed immobili e sostenere la continuità delle attività aziendali, tutelandone i lavoratori, nonché per dare supporto a progetti di imprenditorialità giovanile, di economia e inclusione sociale e
L'utilizzo delle risorse previste per la valorizzazione sociale dei beni confiscati nella proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Eu, assicurando un percorso di trasparenza e di partecipazione civica nella progettazione e nel monitoraggio.
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La polizia trova 3 mezzi rubati
Sono stati rinvenuti e restituiti ai legittimi proprietari, anche tre veicoli, precisamente un’Alfa Mito, rubata poche ore prima nel parcheggio dell’ospedale Perrino e due trattori agricoli, rubati il giorno 3 u.s. da un’azienda agricola brindisina.
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Rinvenuta una pistola in spiaggia
L’attività dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, nella giornata di ieri, si è concretizzata nel rinvenimento di una pistola semiautomatica, sulla litoranea Nord di Brindisi, immersa nell’acqua, nei pressi della riva. La segnalazione era giunta alla Sala Operativa da parte di un uomo che stava facendo una passeggiata sulla battigia. Sono in corso accertamenti per risalire alla marca, al calibro ed alla matricola della pistola, corrosa dall’azione erosiva del mare.
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Arrestato 25enne per rapina a una ragazza
Arrestato M.C. di anni 25, poiché responsabile di rapina ai danni di una ragazza. La donna, dopo aver parcheggiato l’auto, mentre era in procinto di raggiungere la propria abitazione in Brindisi, veniva raggiunta alle spalle da un soggetto che le tirava i capelli e cercava di strapparle la borsa. L’uomo, impossessatosi della borsa, contenente effetti personali e la somma di € 300,00, si dirigeva versa la sua autovettura che aveva lasciato con il motore acceso e lo sportello lato guida aperto. La malcapitata lo inseguiva nel tentativo di riprendersi quanto rubato, ma il reo inseriva la marcia e riusciva a dileguarsi, urtano con la carrozzeria le gambe della donna.
Immediatamente un equipaggio della Sezione Volanti si recava sul posto della rapina dove riceveva le descrizioni del reo e del veicolo usato per la fuga. Le notizie apprese venivano subito trasmesse agli altri equipaggi presenti sul territorio che, pochi minuti dopo, notavano una persona sospetta in Piazza Vittorio Emanuele II, alla guida di un’autovettura simile a quella descritta dalla rapinata. Quindi procedevano al controllo ed immediatamente rinvenivano la borsa rubata, all’interno dell’abitacolo, occultata sotto il sedile lato guida. Pertanto l’uomo, condotto negli uffici della Sezione Volanti per le formalità di rito, veniva arrestato e condotto presso la locale Casa Circondariale. La borsa, con l’intero contenuto, veniva restituita alla proprietaria.
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L'8 marzo, la donna e la Cgil
Da Filomena Schiena, Segretaria CGIL Brindisi.
Covid - 19. Oggi 1418 casi positivi in Puglia, 64 in provincia di Brindisi con 1 decesso
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi venerdì 5 marzo 2021 in Puglia, sono stati registrati 10.530 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e sono stati registrati 1.418 casi positivi: 610 in provincia di Bari, 64 in provincia di Brindisi, 93 nella provincia BAT, 169 in provincia di Foggia, 198 in provincia di Lecce, 273 in provincia di Taranto, 3 casi di residenti fuori regione. 8 casi di provincia di residenza non nota.
Sono stati registrati 19 decessi: 9 in provincia di Bari, 1 in provincia di Brindisi, 2 in provincia BAT, 1 in provincia di Foggia, 2 in provincia di Lecce, 3 in provincia di Taranto, 1 residente fuori regione.
Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 1.603.289 test.
114.497 sono i pazienti guariti.
34.250 sono i casi attualmente positivi.
Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 152.819, così suddivisi:
58.899 nella Provincia di Bari;
16.049 nella Provincia di Bat;
11.258 nella Provincia di Brindisi;
30.178 nella Provincia di Foggia;
13.039 nella Provincia di Lecce;
22.604 nella Provincia di Taranto;
605 attribuiti a residenti fuori regione;
187 provincia di residenza non nota.
I Dipartimenti di prevenzione delle Asl hanno attivato tutte le procedure per l'acquisizione delle notizie anamnestiche ed epidemiologiche, finalizzate a rintracciare i contatti stretti.
Aresta (M5S): nell'esodo Albanese il territorio pugliese supplì alle carenze dello Stato
30° ESODO ALBANESE IN PUGLIA – ARESTA (M5S) : “ FU UN ABBRACCIO COLLETTIVO, IL TERRITORIO SUPPLI’ A RITARDI STATO”.
“Il 30° anniversario dell’esodo albanese sulle coste pugliesi è una straordinaria occasione per ricordare la solidarietà e la fratellanza con cui i cittadini accolsero 27 mila uomini e donne in fuga da un regime morente. Lo Stato si fece trovare due volte impreparato: per non aver capito cosa stava accadendo ad appena 60 miglia dalle nostre coste e per i ritardi negli aiuti. Toccò alle città di Brindisi e della sua provincia farsi carico di queste persone e lo fece con una generosità unica aprendo le proprie case, le scuole, ogni luogo dove potevano essere accolti.” Lo afferma, in una dichiarazione, Giovanni Luca Aresta, parlamentare del M5S e a quel tempo scout dell’Agesci e volontario della Caritas di Brindisi.
“Ho ricordi vivissimi di quelle giornate – prosegue Aresta - passai con gli altri volontari molte ore nel porto di Brindisi e nelle scuole che finalmente vennero aperte e messe a disposizione di questa folla disperata. In quei volti vedevamo una umanità che cercava una speranza e un futuro migliore. Fu un abbraccio collettivo.”
“Con il popolo albanese, anche grazie a quell’abbraccio, abbiamo costruito un rapporto straordinario – prosegue il parlamentare – e tutti noi abbiamo ancora negli occhi il contingente di medici ed infermieri albanesi inviati in Lombardia, epicentro della prima ondata del Covid-19, per aiutare il nostro sistema sanitario a fronteggiare la pandemia. La solidarietà chiama altra solidarietà, il legame che si crea tra i popoli è più forte di tante polemiche propagandistiche sui porti chiusi o sui respingimenti in mare.”
“Benvenuto nella nostra terra al primo ministro della Repubblica di Albania Edi Rama che domani sarà a Brindisi - conclude Aresta – segno visibile del sentimento di riconoscenza nei confronti della popolazione dei comuni del territorio e dei valori di fratellanza, accoglienza e solidarietà.”
Nel corso della notte, circa 80 uomini della Polizia di Stato, coordinati dalla Procura della Repubblica di Brindisi, hanno proceduto all’arresto di nr. 9 persone, destinatarie di un provvedimento di misura cautelare, di cui nr. 4 in regime di custodia in carcere e nr. 5 in regime di custodia domiciliare.
Mesagne. Trovati una tomba terragna di Alto Medio Evo e un tracciato di strada. E' la via Appia?
Interessante scoperta quella che è stata fatta ieri mattina a Mesagne durante i lavori di scavo per la posa di una condotta fognante. Durante lo scasso la benda di un mezzo meccanico ha fatto riaffiorare una tomba terragna e lo scheletro del defunto lì sepolto. Ma la scoperta ancora più interessante è che durante l’allargamento di questo scavo è stato intercettato il selciato di una strada antica. Fin qui nulla di così stravolgente se non fosse che lo scavo, e i relativi rinvenimenti, si trovano a circa dieci metri dall’attuale via Appia. Logico, quindi, pensare, e sperare, che il selciato possa far parte dell’antica strada romana e se non è proprio l’antica via Appia possa essere una sua pertinenza come, ad esempio, qualche strada di servizio. L’area è stata delimitata e sul posto sono giunti gli archeologici che sovrintendono i lavori che hanno trasmesso la notizia alla Soprintendenza archeologica, alle Belle arti e Paesaggio di Brindisi e Lecce.
Dunque, giornata interessante sotto il punto di vista storico quella di ieri poiché a seguito di alcuni lavori di scavo è stata intercettata una tomba a pochi metri dal tempietto paleocristiano di San Lorenzo fuori le mura la cui costruzione dovrebbe risalire al V o VI secolo d. C.. Dello stesso periodo, Alto Medio Evo, potrebbe essere la tomba trovata al cui interno non sono state rinvenute suppellettili funerarie. Mesagne si conferma, quindi, quello scrigno di tesori antichi che continuano e riaffiorare dalla terra. Particolarmente entusiasta del ritrovamento è il sindaco, Toni Matarrelli. “I ritrovamenti archeologici nei pressi del tempietto di San Lorenzo – ha detto - sono interessanti: nei prossimi giorni, d'intesa con la Soprintendenza Archeologica, diffonderemo un comunicato per illustrare la tipologia di reperti rinvenuti in occasione dei lavori di scavo che Aqp sta effettuando per il rifacimento del tronco idrico-fognario. Dalle prime valutazioni, si tratterrebbe di un'importante traccia del passato, utile a restituire le testimonianze di cui la nostra città è ricca”.
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Responsabili di una ditta edile violano le norme in materia di sicurezza sul lavoro, due denunciati
Erchie. Responsabili di una ditta edile violano le norme in materia di sicurezza sul lavoro, due denunciati. In Erchie, i Carabinieri della locale Stazione congiuntamente ai colleghi del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Brindisi, hanno denunciato un 24enne e un 52enne del luogo, il primo titolare di una ditta edile e l’altro ingegnere della medesima, per aver violato la normativa in materia di sicurezza sugli ambienti di lavoro. In particolare, dal controllo eseguito dagli operanti è emerso che il cantiere allestito dall’impresa su un immobile di quella Città, era privo degli idonei parapetti prescritti nel piano di sicurezza e coordinamento, essenziali per scongiurare il pericolo di caduta dall’alto dei lavoratori.
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