Mesagne ha gli anticorpi dell'antimafia In evidenza
Da diversi lustri la città di Mesagne ha avviato un rigoroso “percorso di legalità”, istituendo tra le altre cose uno specifico assessorato, per svolgere una serie di iniziative che nel tempo hanno irrobustito il tessuto sociale fornendo gli anticorpi dell’antimafia necessari a respingere qualsiasi forma di criminalità pronta a soffocarla. Le amministrazioni comunali che in questi lustri si sono succedute a Palazzo dei Celestini, sede della municipalità, hanno sempre avuto un’unanime convergenza sui temi della legalità e sulle iniziative a sostegno. In ogni modo se la città è matura ad accogliere ex detenuti rimessi in libertà lo si vedrà presto.
L’impatto, se non opportunamente preparato, potrebbe essere devastante. Intanto, noi abbiamo incontrato don Pietro De Punzio, già vicario mesagnese e responsabile della “Casa di Zaccheo”, che ogni giorno svolge il suo ministero sacerdotale nei confronti degli emarginati, degli ultimi, dei bisognosi, per conoscere come la Chiesa si muove su questo fronte. “Il problema maggiore di un detenuto che ritorna nella società civile – ha esordito don Pietro De Punzio - è sempre lo stesso. Cioè la difficoltà di reinserirsi nella società poiché da essa sarà identificato sempre come un ladro o un assassino. Purtroppo è marchiato a vita per lo sbaglio che ha commesso. In ogni modo ognuno è responsabile delle proprie scelte, delle proprie azioni. Ci sono molte di queste persone che, in situazioni di grave offesa verso la società civile commessa attraverso scelte malavitose, una volta lasciato il carcere hanno rinunciato a delinquere”. Il sacerdote ha tenuto a chiarire che “le persone che hanno sbagliato devono giustamente pagare per i loro errori, ma, contestualmente, devono essere rieducate. Nella nostra “Casa di Zaccheo” svolgiamo questo servizio di rieducazione sociale. Accogliamo anche gli ex detenuti a cui facciamo svolgere esperienze di servizio verso i più deboli. Devo dire che grazie a questo servizio tali persone si sono reintegrati nella società, la stessa che hanno offesa con le loro azioni delinquenziali. Certo per chi esce dal carcere la tendenza di commettere nuovamente reati, la così detta recidiva, è del 75% dei casi”. La Chiesa ha nei confronti di chi ha sbagliato una missione di perdono e integrazione.
“Certamente – ha confermato don Pietro -. La Chiesa non ha nei confronti di chi è caduto nella colpa, nell’errore, un atteggiamento di giudizio o di condanna, ma, come ha detto papa Francesco, “il perdono va sempre dato fraternamente”. La persona che è caduta nella colpa deve essere aiutata a ritornare alla verità e alla piena comunione con gli altri. E la chiesa ha sempre avuto uno sguardo particolare verso coloro che hanno fatto una esperienza carceraria e si sono macchiati di gravi errori. La Chiesa li accoglie fraternamente”. Tuttavia, se è assodato che la Chiesa li accoglie bisogna vedere se la città di Mesagne ha maturato questo atteggiamento di accoglienza, se la società è matura sul fronte dell’antimafia oppure le iniziative di legalità che si svolgono sono solo di facciata. “Mesagne è certamente cambiata – ha asserito il sacerdote - oggi ha tutte le risorse per combattere la malavita organizzata perché è cresciuta la consapevolezza che di fronte al male, di fronte alla delinquenza non ci si può arrendere o essere, come in passato, omertosi. Siamo coscienti di questo e ci sentiamo davvero una città che accoglie, anche verso chi ha sbagliato, ma certamente questi devono dare prova di conversione, di cambiamento del proprio stile di vita”.
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