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Dante Alighieri: i riflessi nella storia e nella cultura del Salento
Nell’ambito del ciclo Storie della nostra Storia, giovedì 30 settembre si terrà il LXIV Colloquio di Studi e Ricerca Storica su: “Dante Alighieri: i riflessi nella storia e nella cultura del Salento”. L’incontro, che inizierà alle 17.30 presso la History Digital Library, l’innovativa biblioteca di comunità che ha sede nella Casa del Turista, sul lungomare di Brindisi, in viale Regina Margherita 44, è organizzato dalla sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia in collaborazione con il Comitato di Brindisi della Società Dante Alighieri, la Fondazione Tonino Di Giulio e In-Chiostri.
Ennio Bonea, riprendendo un giudizio di Trilussa (Carlo Alberto Salustri), rilevò: "Ho potuto notare che la poesia dialettale di Terra d'Otranto eccelle indubbiamente fra i dialetti di Puglia, per dolcezza di linguaggio e profondità di pensiero. Posso dire quindi, a mia modesta veduto, ch'essa occupa un buon posto nella nostra letteratura folkloristica dopo la poesia napoletana e la romanesca. Assai vicino al siciliano ed avendo subìto l'influsso del napoletano, il dialetto leccese non è tanto difficile a leggersi ed a pronunciarsi, una volta conosciute le poche, ma non sempre concordi, regole grammaticali che lo informano.
Ho letto così le poesie del Bozzi e del Capitano Black, del D'Amelio - primo poeta leccese - e di qualche altro. Per ultimo ho avuta l'occasione di leggere una ottima raccolta di versi di Francesco Morelli ..." (Trilussa, Prefazione a Francesco Morelli, Fugghiàzze sciàline, Lecce, Ed. "Prospettive Regionali", s.d., 3.).
Ho letto così le poesie del Bozzi e del Capitano Black, del D'Amelio - primo poeta leccese - e di qualche altro. Per ultimo ho avuta l'occasione di leggere una ottima raccolta di versi di Francesco Morelli ..." (Trilussa, Prefazione a Francesco Morelli, Fugghiàzze sciàline, Lecce, Ed. "Prospettive Regionali", s.d., 3.).
Per il Salento è da ricordare almeno l’intrapresa di Giuseppe De Dominicis (11 settembre 1869-15 maggio 1905),, che propose una valida memoria di Dante in dialetto salentino; Emilio Flieri rilevò: “Da giovane poeta, Giuseppe De Dominicis di Cavallino di Lecce (1869-1905) si distinse nei versi dialettali e fu incoraggiato da illustri concittadini. Nacque e morì nel piccolo centro salentino e nei suoi trentasei anni di vita, dopo la raccolta Scrasce e gesurmini («Rovi e gelsomini») del 1892 e Lu nfiernu («L’inferno», 1893), pubblicò Canti de l’autra vita («Canti dell’oltretomba») nel 1900. I Canti de l’autra vita furono composti in cinque parti: il citato Nfiernu, poi Purgatoriu («Purgatorio»), Paraisu («Paradiso»), Uerra a mparaisu, Tiempu doppu («Tempo dopo»). A prima vista i Canti riecheggiano Dante, in narrazione di apocalittiche palingenesi, ma per altri aspetti sembrano una difesa dal pianto e dalla miseria attraverso il sarcasmo e la causticità, sullo sfondo di una vita ‘alternativa’. Ma i Canti si muovono nella direzione di un socialismo umanitario in grado di superare angustie e strettoie dei club d’opinione, Destra e Sinistra storica, dinanzi alla crisi dello stato liberale. Nella sua potente creazione, i suoi Canti suonano come avvertimento per la borghesia ingrassata sui torti e sulle violenze perpetrate ai danni degli umili e degli ultimi. Del resto l’ideologia non prevale mai sul soffio poetico e sulla fantasia creativa e l’anelito libertario respira in consonanza, fra intimo convincimento e aspirazione universale”.
Le opere di Dante, in particolare la Divina Commedia, non di rado ebbero versioni nei parlari locali; Francesco Granatiero rilevò “A differenza delle traduzioni dialettali della Gerusalemme liberata e dell’Orlando Furioso, che furono assai precoci, quelle della Commedia di Dante Alighieri, nell’Italia settentrionale come in quella meridionale, con l’eccezione secentesca di Paolo Principato, cominciarono solo nell’Ottocento” allorché “con il Foscolo, il De Sanctis e il Carducci, si porrà “l’opera dantesca nella giusta luce per una sua piena rivalutazione. Nel Novecento la Commedia,…avrà sempre maggior fortuna… di cui è un fedele sismografo anche il numero stupefacente di traduzioni nei diversi dialetti della Penisola…Nel secondo Novecento, più che nel primo, la traduzione dei classici in dialetto – come la poesia neodialettale – non riguarda più soltanto l’orgoglio municipale delle grandi città, ma investe in maniera crescente anche le remote e conservative periferie linguistiche dei piccoli centri. Alla base dell’operazione c’è però sempre il bisogno di legittimazione letteraria del proprio dialetto, per il quale la traduzione rimane «una prova di forza, una dimostrazione delle sue chances». Nel dialetto di San Severo (Fg) viene trasposto l’Inferno da Nicola Testi, poeta dialettale autore anche di una produzione propria di un certo rilievo, capace di spigliatezza e raffinato humour, e abbastanza disinvolto nell’uso di registri diversi…Ai primi anni Settanta risale la Commedia in terza rima del poeta dialettale Gaetano Savelli (Bari 1896- 1977), che è la prima versione integrale” in dialetto della Puglia centro settentrionale”; mmane impresa, quella di Savelli, di tradurre in dialetto barese, la “Commedia” a cui dedicò quasi tutta la vita, la cui prima edizione venne pubblicata tra il 1971 ed il 1973.
Come annotò Salvatore Feruta “dietro al brigadiere dei carabinieri che nell' Uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore (1995) recita di nascosto la "Divina Commedia" che egli stesso ha tradotto in siciliano, c'è un vero esercito di volgarizzatori, che nel secolo scorso si sono cimentati nel travestimento in dialetto del classico per antonomasia, ossia il capolavoro di Dante Alighieri. Un' impresa tanto faticosa quanto quasi sempre velleitaria, una sorta di masochistica fatica di Sisifo…Ora, di fronte a cotanto dispiegamento di forze, sorgono alcuni interrogativi: perché tradurre la "Divina Commedia" in dialetto? Per quale motivo mettersi a rischio in una simile quanto disperata impresa? Una domanda del genere se l'era già posta don Giuseppe Blasi, autore della traduzione in dialetto calabrese; e questa era la sua risposta: «Riuscirà certamente utile una traduzione vernacola del Divin Poema agli umili popolani che conoscono bene solo il proprio dialetto e, pur avendo ingegno e gusto per l'Arte, non assimilerebbero mai altrimenti quel gran tesoro di dottrina morale che è nella Divina Commedia»…Ora, viene fatto di pensare che chi traduce un classico non già in un' altra lingua, bensì in un dialetto, deve avere la consapevolezza di essere in possesso di uno strumento…in grado di reggere la prova. Ha scritto in tal senso Franco Brevini che la traduzione per il dialetto è «una prova di forza, una dimostrazione delle sue chances». Se si cerca di traghettare il volgare di Dante sulle sponde limacciose del dialetto, si deve di certo essere dell' avviso che la parlata locale d' arrivo non sia inferiore rispetto alla lingua di partenza.
Programma della I sessione
Indirizzi di saluto
Riccardo Rossi
Sindaco di Brindisi
Raffaella Argentieri
Presidente della Fondazione Di Giulio
Terese Nacci
Presidente della sezione di Brindisi
Società Dante Alighieri
Coordina e introduce i lavori
Ettore Catalano
Professore onorario di letteratura italiana - Università del Salento
Interventi
Antonio Mario Caputo
Società di Storia Patria per la Puglia
Una versione brindisina della Divina Commedia. La Mundana cummedia di Alfredo Galasso
Tommaso Urgese
Brigata Amatori Storia e Arte
Traduzioni e imitazioni in dialetto salentino della Divina Commedia dal 1800 ad oggi.
Lettura di canti della Divina Commedia nelle versioni dialettali di Claudio Santoro e Antonio Baldari.
Organizzazione
Comune di Brindisi
Società di Storia Patria per la Puglia, sezione di Brindisi
Fondazione “Tonino Di Giulio”, Brindisi
Società “Dante Alighieri”, Brindisi
History Digital Library, Brindisi
Adesioni
In_Chiostri, Brindisi
Adriatic Music Culture, Brindisi
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