un Consiglio comunale sereno si è trasformato in una bagarre politica con offese personali e con la chiusura anticipata dello stesso per mancanza del numero legale. E' accaduto a Mesagne giovedì sera quando le assise hanno iniziato a discutere di un’interpellanza presentata dai consiglieri del Partito democratico relativo alle passate primarie del loro partito quando 4 assessori della giunta Molfetta, cioè Marotta, Calò, Catanzaro e Pisanò, si sono recati alle urne per offrire il proprio contributo all'elezione del segretario nazionale del Pd. Una decisione che al momento del voto aveva fatto insorgere i dirigenti pieddini poiché in Consiglio comunale sono all'opposizione dell'Amministrazione Molfetta. Perciò il voto degli assessori è sembrato una provocazione, un'onta che andava lavata in Consiglio. Su tale argomento il sindaco ha aperto i lavori dichiarando che l'interpellanza presentata dal gruppo consiliare del Pd era "irricevibile", una “grammiddata”, una cosa "insopportabile". Ed ha aggiunto “Posso fare l’esame del sangue ai miei assessori per sapere se hanno e come hanno votato alle primarie del Pd? Se hanno addirittura dichiarato il falso. Voi siete pazzi, pazzi scatenati”. Sentendosi dare del pazzo il consigliere pieddino, Fernando Orsini, è scattato in piedi ed ha iniziato a protestare tanto che il sindaco ha ritirato il termine "pazzo" chiedendo scusa. Ma gli animi erano ormai esagitati sia da una parte sia dall'altra. La consigliera del Pd, Rosanna Saracino, per protesta ha abbandonato l'aula, facendo mancare il numero legale. A quel punto Orsini ha chiesto di chiudere la seduta per mancanza di numero legale mentre il sindaco ha invitato i presenti a terminare gli interventi. E' toccato all'assessore alla Cultura, Marco Calò, fornire una giustificazione del suo voto alle primarie Pd. "Il vostro giudizio - ha detto - è intriso di rancore ingiustificato. Avete scritto che adempiamo alle funzioni pubbliche con disonore”. Ed ha ricordato che nell’occasione delle primarie che si svolsero nella sede del Pd lui e i colleghi, che decisero di andare a votare, furono oggetto d’ingiurie e furono definiti "servi ed indegni". A quel punto dai banchi dell'opposizione si è sentita una voce, non meglio identificata, che ha detto "imbroglione". Il consigliere Orsini, che aveva dibattuto poco prima, si è sentito offeso e ha abbandonato l'aula per protesta. Così, è venuto a mancare il numero legale per cui la seduta consiliare è stata chiusa. Nella mattinata di ieri Orsini ha affidato, come sua abitudine, a Facebook la replica. "Ieri sera nel corso di una seduta del Consiglio comunale a Mesagne - ha scritto - c'è stato chi ha affermato che sono "un grande imbroglione". Capite perfettamente che non è più tanto in discussione l'attività politica che uno esercita, per quanto ne è capace, bene o male non importa e che, per quanto mi riguarda, in qualsiasi momento potrà andare a farsi benedire, quanto piuttosto quel grande bene prezioso che ogni individuo a modo porta sempre con sé e cerca sempre di difendere con tutte le sue forze: l'onorabilità. E voi sapete perfettamente quale posto occupi nella mia scala di valori questo bene e come io possa sentirmi quando sia messo, anche minimamente, in discussione". Ed ha concluso: "Quel signore, naturalmente, non lo è stato ieri sera e non sarà mai in grado di dimostrare come, dove e quando io abbia acquisito la qualifica di "grande imbroglione" e non lo potrà mai fare per un semplice motivo. Perché non conosce la mia storia".
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