La nostra (im)morale sullo sterminio di Gaza
L’ultima, ripugnante strage nella tendopoli di Rafah ci offre lo spunto per alcune considerazioni sulla nostra doppia morale quando confrontiamo l’occupazione della Palestina con altri teatri di guerra.
Appena venerdì, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja aveva ordinato perentoriamente a Tel Aviv di fermare l’offensiva contro la cittadina al confine con l’Egitto, dove ha trovato riparo un’imponente popolazione di profughi che nei sette mesi passati si è vista distruggere tutto e si è trascinata infinite volte da una parte all’altra della Striscia, in cerca di un accampamento di fortuna.
Senza grosse sorprese, l’ordine della Corte è stato ignorato e in una cinquantina tra anziani, donne e bambini hanno terminato la loro misera esistenza sbrandellati dal sacro tritolo di Israele. “Abbiamo eliminato due comandanti di Hamas”, è stata la replica dell’IDF, che tra un’operazione “mirata” e l’altra ha fatto fuori 45.000 palestinesi.
Nel quadro generale del diritto, quest’ultimo episodio conferma due propensioni in capo ai Paesi occidentali che manifestano in Israele la loro massima espressione:
1) i Trattati internazionali sta sempre agli altri rispettarli: per noi che li scriviamo sono carta straccia;
2) in casa nostra non rischieremmo la vita di un solo civile per colpire due ricercati, in casa altrui per colpire due ricercati va bene ammazzare 50 civili.
Ma lo sterminio di Gaza, trasmesso in chiaro tutti i giorni dal 7 ottobre, ci insegna e racconta molte altre cose.
Ci insegna che per noi, alcune comunità di umani sono nate per soffrire. Ed è giusto che sia così.
Ci insegna che se ti ribelli a un’occupazione che va avanti da 57 anni, sei un “terrorista”.
Se ti comporti per 57 anni da terrorista per mantenere un’occupazione… “sei l’unica democrazia del Medioriente”.
Che dal 1948, Israele ha il “diritto di esistere” sulla terra di Palestina. Dopo 76 anni, uno Stato di Palestina è ancora troppo presto per riconoscerlo.
Che il colonialismo in Africa e America latina è stato un crimine contro l’umanità.
Quello sionista in Palestina, un’ideale romantico.
Ci insegna che se la Russia occupa parte dell’Ucraina, è criminale.
Se Israele occupa tutta la Palestina, è la volontà di Dio!
Che se la Russia occupa parte dell’Ucraina, si becca 14 pacchetti di sanzioni in due anni.
Se Israele occupa tutta la Palestina, in 57 anni riceve armi e ogni genere di assistenza.
Ci insegna che se una potenza coloniale rade al suolo le scuole e le università del territorio che occupa, quelli “violenti” sono i collettivi studenteschi che chiedono l’interruzione degli accordi con gli istituti universitari di quella potenza coloniale.
Che giovani e studenti sono da esempio solo se combattono battaglie politicamente corrette (clima, uguaglianza di genere). Quando protestano contro uno sterminio che avviene sotto i loro occhi, diventano “cattivi e antisemiti”.
Ci insegna che nei paesi “canaglia”, mettere a ferro e fuoco le città è “lotta per la democrazia”.
Da noi, contestare due punte avanzate della propaganda sionista, come Maurizio Molinari e David Parenzo, è un pericoloso segnale d’intolleranza!
Che chiedere libertà e giustizia, nelle piazze o nelle università, è da estremisti.
Meglio ripetere a cantilena “pace”, senza mai prendere posizione, senza mai chiamare vittime e carnefici coi loro nomi.
Lo sterminio in corso a Gaza ci insegna che 1.200 israeliani uccisi fanno orrore, barbarie, crimine, disumanità, antisemitismo.
1.000 palestinesi uccisi… preoccupazione! 10.000 palestinesi uccisi…molta preoccupazione! 20.000, 30.000, 35.000 palestinesi uccisi, inclusi 15.000 bambini, più altri 10.000 cadaveri da recuperare… grande preoccupazione. Proprio non ci riusciamo a spingerci oltre.
Ci insegna che se 100 civili in Europa finiscono sotto le macerie dopo un terremoto, parte una campagna di soccorso internazionale.
Se 10.000 civili restano sepolti sotto le bombe in Medioriente… pace all’anima loro!
Che se le fosse comuni le allestisce la Nato (Kosovo 1999)1 o le inventano le agenzie di stampa (Romania 1989)2, valgono l’accusa di genocidio.
Se sono corroborate da video di bulldozer (Caterpillar D9, edizione speciale per l’esercito israeliano) che, davanti a un ospedale, spalano e maciullano cadaveri come fossero rifiuti… eh, la guerra è una brutta cosa!
Lo sterminio di Gaza ci insegna che infamare un miliardo e mezzo di musulmani con la scusa del fondamentalismo islamico, lo sentiamo quasi un diritto. Mentre, chiedere a una parlamentare “scusi, lei è ebrea?” durante un’intervista radiofonica, è “sintomo di una degenerazione sociale e culturale”.3
Ci insegna che se anche la vera ortodossia giudaica è contraria al nazionalismo religioso, alla conquista di una terra e alla cacciata della sua popolazione nativa, quelli da condannare sono i giovani che solidarizzano con i palestinesi, non i governi e le comunità ebraiche che appoggiano un progetto coloniale messianico.
Ci insegna che in questo “nostro” mondo, quello che conta non è la realtà dei fatti ma il principio…e per principio, le azioni di un capo di stato democraticamente eletto non potranno mai essere equiparate a quelle di un “cattivo” per definizione, anche se causano infinitamente più morti, infinitamente più distruzione.
In estrema sintesi, riprendendo la celebre massima del Marchese del Grillo, lo sterminio di Gaza ci racconta ancora e sempre, oggi come un secolo fa, che “noi siamo noi e voi non siete un cazzo!”
- Fabio Mini, Le false coincidenze per fare le guerre – Il Fatto Quotidiano, 28 marzo 2022
- Misinformation from the archives: Timisoara's “mass graves” – France24, 20 dicembre 2019
- “Senatrice, lei è ebrea?” L’inquietante domanda di Zanchini ad Ester Mieli – Shalom. Comunità ebraica di Roma, 24 aprile 2024
Luca Debenedettis
Comitato di solidarietà col popolo Palestinese
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