Siccità, Amati: “La natura sino a un certo punto"

Agosto 10, 2024 631

Siccità, Amati: “La natura sino a un certo punto. Il potere, il non fare, l’ipocrisia e le prediche inutili, impediscono la gestione unitaria della risorsa. E anche questa volta non succederà niente”

Nota del consigliere regionale Fabiano Amati, presidente della Commissione consiliare bilancio e programmazione.

“Sino a quando non dovesse succedere un cataclisma, saremo condannati a vivere - a fasi alternate - nella siccità o nella dispersione dell’acqua. Tra le cause della siccità c’è la natura e quindi le mancate piogge, ma fino a un certo punto e comunque non per giustificare la situazione attuale. 
La causa della situazione attuale è la mancata gestione unitaria della risorsa idrica per i diversi usi (potabile, agricolo e produttivo) e il riparto assurdo delle competenze sulle attività di costruzione e manutenzione delle diverse opere idrauliche. Nel distretto dell’Appenino meridionale (Calabria, Campania, Molise, Puglia, un pezzo del Lazio e un pezzo dell’Abruzzo) si vive un’assurdità: un’idrogeomorfologia profondamente diversa tra le diverse regioni (la Puglia priva totalmente di acqua), che sfocia nell’idea secondo cui ogni regione è padrona dell’acqua che sgorga nel suo territorio e ogni settore (potabile, agricolo, produttivo), anche con gestioni suddivise all’interno delle stesse regioni (vari gestori del servizio idrico integrato e vari Consorzi di bonifica), ha il diritto di organizzarsi e determinarsi autonomamente. Una democrazia inconcludente per favorire la dittatura della siccità. 
Perché non si risolve, visto che se lo chiedeva sin dagli inizi degli anni 80 del secolo scorso Nino Andreatta con la proposta di legge sulla Società meridionale dell’acqua, mai ovviamente approvata? È semplice. Nessuno rinuncia al suo grande o piccolo potere, fatto di un’organizzazione che produce posti vari di gestione, pienamente ancorati, peraltro, nella peggiore modalità d’esercizio della burocrazia. E burocrazia significa anche e soprattutto il non fare. Non si fanno opere idrauliche (basti pensare alla seconda canna del Sinni, nonostante quella attuale prima o poi salterà e non avremo alternative) e non si manutengono quelle esistenti (dighe, traverse ecc.). 
Basti pensare che per la mancata manutenzione delle dighe negli anni scorsi abbiamo buttato al mare miliardi di metri cubi di acqua, a causa della ridotta autorizzazione all’invaso delle dighe esistenti.  
Non tenere in debito conto questi aspetti, parlando di cambiamenti climatici o di rimedi giusti ma irrilevanti per portata (acque reflue) o per immediatezza (cultura del risparmio), significa ipocrisia e stolidità. 
Ma questa è una predica inutile. Non succederà niente, perché nulla si risolve se ai problemi si risponde sempre con le stesse soluzioni, senza decisioni radicali che scontentino un po’ tutti, riorganizzando il mondo della gestione idrica. Ma non succederà niente. E non succederà niente se solo si ricorda il fatto che non siamo mai riusciti a fare una micro riforma, ossia la gestione unica di AQP di tutte le opere idrauliche (comprese quelle gestite dai Consorzi di bonifica), figuriamoci se si sarà mai in grado di avere la gestione unitaria della risorsa idrica nell’intero distretto meridionale”.

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Ultima modifica il Sabato, 10 Agosto 2024 12:09